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Corriere della Sera Rassegna Stampa
21.01.2019 Filippo Grandi, ex Unrwa, invita all'apertura indiscriminata dei porti
Lo intervista Paolo Valentino

Testata: Corriere della Sera
Data: 21 gennaio 2019
Pagina: 1
Autore: Paolo Valentino
Titolo: «Il commissario dell’Onu: chiudere i porti è un errore da parte di tutti i Paesi»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 21/01/2019, a pag.1-3, con il titolo "Il commissario dell’Onu: chiudere i porti è un errore da parte di tutti i Paesi" l'intervista di Paolo Valentino a Filippo Grandi, ex commissario generale dell'Unrwa.

L'apertura indiscriminata proposta da Filippo Grandi non stupisce, se si va a controllare il suo curriculum. Infatti Grandi è stato commissario generale dell'Unrwa, l'organismo nell'Onu che si occupa esclusivamente dei "profughi" arabi palestinesi (cioè dei loro discendenti, perché ormai i veri profughi del 1948 sono pochissimi) e contribuisce alla demonizzazione di Israele e all'incitamento al terrorismo. Stessa posizione in merito ai trafficanti di vite umane. La sua mentalità burocratica, trasformata in facile umanitarismo, gli impedisce di comprendere l'intero problema.
Ecco l'intervista:

 

 

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Filippo Grandi
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Una scuola dell'Unrwa trasformata in deposito per i missili di Hamas

Cosa vuol dire non pensare solo agli sbarchi? «Se guardiamo la provenienza di queste persone, vengano da aree di conflitto o da situazioni disastrate, è chiaro che gli interventi necessari sono quelli più a lungo termine. Quando sono venuto in Italia a settembre, il presidente del Consiglio e il ministro Moavero mi hanno parlato giustamente della necessità di costruire un po’ più di aiuto strategico sia politico che economico. Ma non vedo in Europa un vero sforzo in questo senso. Sento dichiarazioni velleitarie. L’Europa è concentrata solo su come utilizzare appunto il prossimo sbarco. È la sola verità in questa lunga vigilia elettorale. E intanto siccome le guerre continuano e i Paesi precipitano in situazioni economiche sempre più drammatiche, i movimenti continuano. Li puoi fermare per un certo momento, com’è successo lo scorso anno quando sono arrivate 23 mila persone, erano più di 100 mila nel 2017, ma il problema rimane».
Perché non basta aver rafforzato la guardia costiera libica? «Perché la Libia è nel caos. È inevitabile che le misure prese si erodano, in presenza di una situazione politica caotica. Rafforzare la guardia costiera della Libia non è un errore di per sé, ma non può essere l’unica istituzione a venire rafforzata. Il resto continua a non funzionare, lo Stato non esiste, perché nessuno sa come risolvere la crisi politica e la guerra. Noi ci siamo in Libia e per esperienza diretta sappiamo che le bande continuano a fare quello che vogliono».
Lei ha definito «un tragico errore» considerare la riduzione degli sbarchi l’unico criterio del successo nell’affrontare la questione dei rifugiati e dei migranti. Perché? «Perché l’unico parametro non può essere dire che il governo più bravo è quello che ne fa arrivare di meno, mentre su tutto il resto non c’è azione. Né a monte, guerre, crisi economica, calamità. Né sull’immediato perché rimane irrisolta la questione di avere almeno un meccanismo di sbarchi condiviso. E purtroppo sono convinto che fino alle elezioni europee non se ne parlerà o quasi. Nessuno vuole prendersi il rischio. Lo scandalo è che non sono cose così difficili da gestire con questi numeri. Se non lo facciamo adesso, cosa faremo quando saliranno di nuovo?».
Lei ha lanciato un appello contro la delegittimazione in atto delle Ong. Perché? «Credo sia sbagliato attribuire loro una vera influenza sul numero delle persone che si mettono in mare. È vero invece che quando le Ong possono operare si salvano più vite. Il ritiro di molte di loro ha provocato un aumento dei morti per viaggio: le vittime del 2018 rispetto alle traversate sono più del doppio in percentuale rispetto all’anno prima. E questa è una cosa grave. I salvataggi in mare rimangono una conditio sine qua non».

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