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Corriere della Sera Rassegna Stampa
25.11.2018 Raed Fares ucciso, non si chiamava Khashoggi, i media hanno ignorato la sua morte
Tutti, tranne Davide Frattini

Testata: Corriere della Sera
Data: 25 novembre 2018
Pagina: 13
Autore: Davide Frattini
Titolo: «Killer sotto casa di Raed, con la sua radio libera era la voce della Siria»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 25/11/2018, a pag.3 con il titolo "Killer sotto casa di Raed, con la sua radio libera era la voce della Siria" il commento di Davide Frattini.

Povero Raed Fares, non si chiamava Khashoggi, era soltanto un laico oppositore del regime di Assad, per questo la sua uccisione non ha destato interesse nei nostri media. Ieri c'erano alcune righe sul Foglio, nulla su tutti gli altri giornali. Per fortuna, oggi, Davide Frattini scrive un lungo pezzo sul Corriere. Khashoggi apparteneva a un clan saudita nemici dei regnanti bin Salman, oggi alleati con Trump, gli emirati e in buoni rapporti con Israele, scelte coraggiose e per questo mal viste dalla Ue e da tutti i media che ogni giorno sparano fake news contro il presidente Usa. Perchè dovrebbero occuparsi dell'assassinio di Raed Fares?

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a sin. Raed Fares con Hammoud alJuneid, anche lui ucciso

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Davide Frattini

Alla morte di Robin Williams, Raed aveva scelto di ricordarlo con una frase pronunciata dall'attore in Aladdin: «Oh essere liberi. Una cosa del genere sarebbe più grande di tutta la magia». Scritta in stampatello su uno dei cartelli che preparava ogni venerdì: dissenso su sfondo di cartone per denunciare al mondo le atrocità del regime siriano, per criticare la decisione di non decidere da parte di americani ed europei, per accusare i gruppi legati ad Al Qaeda di aver sequestrato la rivoluzione. Nessun Genio della lampada è apparso a realizzare le speranze di Raed Fares e degli altri come lui scesi in strada quasi otto anni fa per chiedere riforme, la fine degli abusi, per provare che cosa significhi smettere di aver paura. Raed è un altro dei morti che le Nazioni Unite hanno smesso di contare (ormai sarebbero oltre mezzo milione). E stato ammazzato mentre tornava a casa dalla moschea, l'ennesimo venerdì di protesta: i killer hanno trivellato l'auto, anche l'amico Hammoud al Juneid è morto. Di certo non poteva bastare la pistola che Raed si portava dietro. A spegnere la sua voce, a impedirgli di amplificarla attraverso il microfono della radio locale che aveva fondato, ci avevano già provato nel 2014, una sventagliata di 46 colpi, solo due l'avevano raggiunto al petto. La sua musica non piaceva ai fondamentalisti, le sue opinioni non piacevano al clan degli Assad. Dava fastidio a tutti. Quando gli americani avevano smesso di finanziare le trasmissioni, Raed si era messo a cercare fondi per nuovi progetti in favore degli studenti e delle donne, iniziative sacrileghe per gli estremisti. Che sembrano essere i responsabili più probabili dell'agguato. A Kafranbel, dov'era nato nel 1972 e dove ha lottato fino alla fine per quella libertà magica, da bambino aveva visto arrivare i profughi di altri massacri, in una tradizione del terrore passata di padre in figlio. Nelle campagne verso la Turchia erano scappati da Hama i sopravvissuti alla strage ordinata dal capostipite Halez. Dalle prime manifestazioni pacifiche nel marzo del 2011, il villaggio e il resto della provincia di Idlib hanno accolto i rifugiati interni — così la burocrazia umanitaria chiama chi perde la casa a casa sua — in cerca di riparo dai raid del regime e dalla ferocia dei fondamentalisti. Adesso che Bashar Assad, sostenuto dai russi e dagli iraniani, ha ripreso il dominio in gran parte del Paese, questa zona resta una delle poche ancora controllate dagli insorti. Eppure — racconta un amico al New York Times — il funerale di Raed è stato solo mesto e malinconico, niente a che vedere con i cortei chiassosi e beffardi che organizzava lui: «Se n'è andato lo spirito della rivolta». In «Rivoluzione siriana», uno dei suoi video più famosi, aveva chiesto agli abitanti di Kafranbel di vestirsi da cavernicoli: un gruppo usciva dalla grotta per protestare e ogni volta veniva trucidato dai soldati del regime. L'ultima didascalia era un appello al mondo: «Assad ha ucciso 150 mila persone, fermatelo». Il filmato è del 2013. Assad è ancora al potere, Raed è morto.

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