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Corriere della Sera Rassegna Stampa
03.09.2018 Francia: sempre peggio, al Bataclan in programma il rapper islamista che canta 'Jihad'
Commento di Stefano Montefiori

Testata: Corriere della Sera
Data: 03 settembre 2018
Pagina: 10
Autore: Stefano Montefiori
Titolo: «Al Bataclan il rapper che canta 'Jihad' Parigi si divide. 'Non fatelo esibire lì'»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 03/09/2018, a pag.10, con il titolo "Al Bataclan il rapper che canta 'Jihad' Parigi si divide. 'Non fatelo esibire lì' ", la cronaca di Stefano Montefiori.

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Stefano Montefiori

«Non è normale che un artista islamista si esibisca proprio in questa sala, è come se venisse organizzato uno spettacolo nazista a Dachau. Ci sono centinaia di teatri a Parigi e per il suo concerto Médine può usare uno di quelli, ma non il Bataclan. Non lasceremo che i nostri figli vengano uccisi una seconda volta». A scrivere alla ministra della Cultura è Patrick Jardin, padre di Nathalie, 31enne tecnica delle luci del Bataclan che la sera del 13 novembre 2015 fu tra le 90 vittime dei terroristi dell’Isis. In agosto Jardin ha scritto alla ministra François Nyssen, al direttore della sala Olivier Poubelle e al proprietario Arnaud Lagardère, chiedendo loro di annullare i concerti del rapper Médine, previsti per il 19 e 20 ottobre (biglietti andati esauriti in poche ore).

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Il cantante islamista Médine, ma non dovrebbe essere un reato inneggiare al terrorismo?

Nessuna risposta. Le lettere del padre della vittima, con la promessa di manifestare davanti al Bataclan per impedire i concerti, sono il nuovo episodio di una polemica scoppiata prima dell’estate e ripartita adesso che le date degli spettacoli si avvicinano. Nato a Le Havre 35 anni fa, Médine ha pubblicato lo scorso aprile l’album Storyteller con la canzone Bataclan nella quale ripercorre la sua carriera e dice «tutto quel che volevo fare era suonare al Bataclan». Nell’ultima scena del video lo si vede guardare commosso la scritta luminosa che annuncia i suoi concerti. Ma nel 2005 lo stesso Médine pubblicò l’album Jihad, titolo che colpisce più del sottotitolo, la più grande battaglia è quella contro se stessi. Poi c’è la canzone Don’t Laïk, provocazione contro gli «oltranzisti della laicità che la usano come uno strumento di esclusione». Médine nega di essere un islamista radicale, ma secondo Marine Le Pen «nessun francese può accettare che questo personaggio vada a dire le sue sconcezze sul luogo del massacro del Bataclan». Oltre all’estrema destra anche i Républicains sono indignati, mentre la maggioranza di governo sembra in imbarazzo.

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Il premier Édouard Philippe ha evocato la «libertà di espressione» ma il suo ministro dell’Interno Gérard Collomb ha parlato di «disturbo all’ordine pubblico» e la portavoce de La République En Marche all’Assemblea, Aurore Bergé, di «insulto alle vittime». Anche i parenti e gli scampati alla strage sono divisi, l’associazione «Life for Paris» per esempio denuncia la strumentalizzazione della tragedia da parte dei politici. Emmanuel Domenach, sopravvissuto all’attentato e una delle voci più pacate e seguite in questi anni, sottolinea che la polemica su Médine rivela la contraddizione insanabile del Bataclan. Visto che il teatro non è stato chiuso, oggi è «luogo di memoria e allo stesso tempo sala da concerti, diviso tra un passato che richiede raccoglimento e un futuro da sala parigina come ce ne sono tante».

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