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Gentile Massimo Bray, lei che guida il Salone del libro di Torino e che ha invitato l’Iran come ospite d’onore per l’edizione del 2020, certamente avrà a cuore il rispetto di alcuni valori non negoziabili come il rispetto dei diritti umani, la libertà di espressione e di dissenso, l’uguaglianza tra donne e uomini. Perciò siamo sicuri che a Torino sarà invitata Azar Nafisi, la scrittrice iraniana perseguitata dal regime degli ayatollah ospite del 2020, e che ha scritto un libro bellissimo e commovente come Leggere Lolita a Teheran (Adelphi) in cui viene descritto il clima di asfissia culturale che gli oscurantisti iraniani hanno imposto nel Paese a cui lei renderà omaggio.
E, visto che si parla di un Salone dedicato ai libri, siamo certi che ai suoi ospiti lei chiederà se ancora Lolita è un libro proibito e se c’è qualcosa di logico in un Salone del libro che dedica un’attenzione speciale a un Paese che i libri li mette al rogo, e non solo simbolicamente. Sono sicuro che lei chiederà conto anche del destino di Jafar Panahi, il regista iraniano che non può lasciare il suo Paese ed è costantemente sottoposto a restrizioni censorie: la censura sistematica è una cosa brutta in un Salone del libro libero, vero? Una richiesta di chiarimenti sulla sorte del poeta Mehdi Mousavi, condannato a un numero elevato di frustate in pubblico per aver stretto la mano a una donna, non sarebbe poi così vana, lei ne converrà. E visto che l’occasione è ghiotta, sarebbe necessario chiedere agli emissari degli ayatollah al potere che ne è della condanna a morte di Salman Rushdie, raggiunto da una fatwa scagliata da Khomeini in persona.
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