venerdi 29 marzo 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Corriere della Sera Rassegna Stampa
21.06.2018 Berlino: ritratto di una città
di Olivier Guez

Testata: Corriere della Sera
Data: 21 giugno 2018
Pagina: 40
Autore: Olivier Guez
Titolo: «Dentro il cuore di Berlino»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 21/06/2018, a pag.40, con il titolo "Dentro il cuore di Berlino" il ritratto della capitale tedesca di Olivier Guez, del quale ricordiamo l'ultimo libro "La scomparsa di Josef Mengele"(Neri Pozza ed.)

Immagine correlataImmagine correlata
Olivier Guez                                  Berlin Potsdamer Platz Memorial

Ho vissuto a lungo a Berlino e ci torno regolarmente. Essendo nato a Strasburgo sono un uomo di frontiera, uno scrittore di doppia cultura — almeno. Da bambino, solo un grande fiume (e una certa apprensione) mi separava dalla Germania e quando andavo a nuotare a Kehl non c'era già più una frontiera, solo bandiere che schioccavano al vento, chiatte maestose e il ponte sul Reno, luogo di passaggio e di transizione, da una lingua all'altra, il francese e il tedesco. I fiumi, le lingue sono piaceri e sfizi da europei. Ed è da europeo che mi rivolgo a voi, cari, carissimi amici italiani, voi che siete stati pionieri dell'avventura europea e che ormai le voltate le spalle. I tempi sono difficili ma non abbandonateci, noi abbiamo bisogno di voi, voi avete bisogno di noi. Vi invito a una passeggiata berlinese. Intorno alla Porta di Brandeburgo e ai suoi luoghi della memoria tedeschi ed europei. Nel cuore di Berlino, dove da oltre due secoli si intrecciano gioie e dolori della storia tedesca La Porta di Brandeburgo, quel tempio neoclassico di marmoreo candore, sormontato dalla sua quadriga e dalla sua dea alata, fu per tanto tempo il simbolo dell'alleanza fra la monarchia prussiana e l'identità nazionale tedesca. Dopo la vittoria a Iena Napoleone si fece consegnare le chiavi di Berlino davanti alla Porta di Brandeburgo, dalla quale tolse la quadriga, che fu trasferita a Parigi. Con la caduta dell'imperatore i prussiani recuperarono il loro carro e il loro orgoglio, e alla Porta di Brandeburgo vennero celebrate le vittorie sulla Danimarca, sull'Austria, e poi sulla Francia: era nata la Germania. Rulli di tamburi, marce militari, elmi d'acciaio, croci di ferro, a lungo la soldataglia prussiana sfilò sotto la porta. I nazisti vi organizzarono regolarmente cortei con le fiaccole. Alla fine della guerra era ancora in piedi, miracolosamente, in mezzo a una distesa di macerie: Berlino, di fatto l'intera Germania. Il tempio dell'esaltazione collettiva tedesca divenne una frontiera, fra il settore britannico e quello sovietico, e poi il simbolo della divisione del mondo, dell'epoca della Guerra fredda. Il Muro di Berlino bloccava la Porta di Brandeburgo, e fu alla Porta di Brandeburgo che si raccolsero spontaneamente i berlinesi dell'Est e dell'Ovest II Memoriale della Shoah Man mano che si avanza, il suolo si abbassa. Si ha la sensazione di essere sommersi da un soffocante oceano di pietre la sera del 9 novembre 1989, quando crollò la Ddr che sequestrava i suoi cittadini. Quella notte la gente stappò champagne, si baciò, ballò, una bizzarra e anarchica farandola per la libertà ritrovata. Dirigiamoci ora verso sud e verso la Sprea, incontro al Reichstag-Bundestag e alla sua cupola traslucida progettata da sir Norman Foster. La sua costruzione fu finanziata dalle riparazioni di guerra che la Francia versò alla Prussia dopo la disfatta del 1871. Il Reichstag fu un vero e proprio Parlamento solo per 14 anni, la breve vita della Repubblica di Weimar, prima dell'incendio del 1933 che suonò la campana a morto della democrazia tedesca. Piccole stele sono state scolpite alla memoria dei 96 deputati assassinati o deportati dal nazisti. Anche lì, nero, rosso e oro: i colori della Germania repubblicana, quelli della fallita rivoluzione liberale del 1848, ondeggiano davanti al Parlamento ripristinato. Torniamo indietro. Attraversiamo alcuni ettari del Tiergarten e ci troviamo di fronte all'imponente monumento al caduti sovietici della Seconda guerra mondiale. I «liberatori» sovietici si affrettarono a erigere il loro memoriale già nell'estate 1945. Sulle facciate del modesto edificio adiacente, fotografie della fine degli anni Quaranta del secolo scorso in cui l'immenso soldato dell'Armata rossa si erge sprezzante sopra cumuli di macerie e rovine calcinate, Berlino anno zero, eredità della follia hitleriana. Per ironia della storia il gigante sovietico si trovava a Berlino Ovest, dall'altra parte dell'anaconda di calcestruzzo e di torrette che stringeva la città frammentata, come per soffocarla. A lungo mi sono chiesto che cosa pensassero i berlinesi dell'Ovest passando davanti alla statua del combattente, ambasciatore dell'altro demone totalitario, l'Urss di Stalin. Ma Berlino è duttile, capace di deformarsi senza rompersi, di resistere alle trazioni e agli urti, anche i più terribili. Riprendiamo il cammino verso nord. Incrociamo il monumento in memoria degli omosessuali perseguitati dal nazisti e arriviamo davanti a un fortilizio, l'ambasciata degli Stati Uniti. Una via separa l'ambasciata da un cimitero di calcestruzzo, una foresta di tombe, un vasto campo di stele. Il Memoriale della Shoah dispiega il suo macabro labirinto di sepolture anonime, allegorie del più grande crimine della storia, perpetrato dall'industria tedesca della morte. La Shoah è sfregio indelebile della storia tedesca. Nel cuore del cuore di Berlino non si può sfuggire al memoriale della Shoah. Mantiene vivi la memoria del massacro, il lutto irreversibile, l'Apocalisse immaginata da Hieronymus Bosch e da Dante, i cerchi infernali che abitano la nostra storia europea. Bisogna addentrarsi nei corridoi di calcestruzzo grigio. Man mano che si avanza, il suolo si abbassa e, arrivato al centro, il visitatore ha la sensazione di essere sommerso da un soffocante oceano di pietre. A destra, a sinistra, in tutte le direzioni vede solo tombe, in lunghe prospettive, sempre più alte, come se gli fosse impossibile cogliere il sito nella sua totalità e la dimensione insensata dello sterminio degli ebrei d'Europa. Ci vorrebbero 6 anni, 7 mesi e 27 giorni per recitare i nomi e una breve biografia delle vittime, informa il museo della Shoah che ha sede sotto il Memoriale. Bisogna venirci in una notte fresca e piovosa, quando Berlino dorme osi diverte. L'ombra dei sepolcri è agghiacciante, il silenzio terribile, e l'acqua scorre sulla pietra liscia e fredda, come se da quelle masse senza volto scendessero lacrime. Aria. Respiriamo a pieni polmoni, ci godiamo i neon e il frastuono della città, torniamo alla vita. Da Hannah-Arendt Strasse, che costeggia il Memoriale della Shoah a Potsdamer Platz non c'è che un passo. Andiamoci. Potsdamer Platz è risorta dalla terra dopo la caduta del Muro, come una fenice di calcestruzzo e acciaio, a immagine di questa città polimorfa che cambia pelle senza sosta Incarna la Repubblica di Berlino all'inizio del nostro secolo, la sua modernità, anche i suoi difetti, una città poco elegante e poco calorosa ma straordinariamente viva. Alla vigilia della Prima guerra mondiale le prostitute, gli uomini in bombetta della piccola borghesia guglielmina al tramonto e le quinte multicolori di Potsdamer Platz ispirarono una serie di tele al pittore espressionista Ernst Ludwig Kirchner: di questa città immensa (grande sette volte Londra) che si estende languidamente da est a ovest dopo aver inglobato laghi, canneti e foreste, Potsdamer Platz fu il centro nevralgico fino alla fine della Seconda guerra mondiale. La divisione di Berlino e poi la costruzione del Muro che attraversava la piazza la trasformarono in una gigantesca no man's land fino al miracolo del 1989. La piazza, come tutto il quartiere, offre una sintesi delle contraddizioni e delle ferite della Germania, la Germania, patria di Goethe e di Mengele. Berlino è una città che coniuga il suo presente al passato (e viceversa) per abbracciare meglio il futuro.
(traduzione di Margherita Botto)

Per inviare al Corriere della Sera la propria opinione, telefonare: 02/62821, oppur cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@corriere.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT