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Corriere della Sera Rassegna Stampa
06.06.2018 La storia dei tre ragazzi israeliani spariti dal 1982 in Libano
Analisi di Davide Frattini

Testata: Corriere della Sera
Data: 06 giugno 2018
Pagina: 16
Autore: Davide Frattini
Titolo: «Quelle buche scavate nel cimitero a Damasco. Contenevano i resti di 3 soldati israeliani?»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 06/06/2018, a pag. 16 con il titolo "Quelle buche scavate nel cimitero a Damasco. Contenevano i resti di 3 soldati israeliani?" il commento di Davide Frattini.

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Davide Frattini

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Zachary Baumel, Yehuda Katz, Zvi Feldman

Per quasi tre anni solo i morti sono potuti entrare in questi due chilometri quadrati di macerie, ai vivi non era concesso uscire. Il cimitero del campo Yarmouk ha continuato ad accogliere i rifugiati palestinesi che avevano chiesto di essere seppelliti nella loro casa in Siria, anche quando i soldati di Bashar Assad non lasciavano passare nient’altro, neppure il cibo per i civili rimasti intrappolati tra il dominio crudele dello Stato Islamico e la fame imposta dall’assedio. Sono chiamate le «tombe dei martiri» perché negli anni Settanta e Ottanta qui venivano interrati i miliziani di gruppi come il Fronte popolare per la liberazione della Palestina caduti negli scontri con gli israeliani. Sono diventate le tombe del mistero da quando l’esercito ha ripreso il controllo di Yarmouk e ha scoperto che le fosse sono state tutte scavate, nuovi buchi per provare a riempire un buco nel passato. Gli ufficiali siriani e i capi del Fronte popolare sono convinti che gli uomini del Califfato e gli islamisti del Fronte Al Nusra abbiano cercato di recuperare i resti di tre soldati israeliani dispersi dal 12 giugno del 1982, dalla battaglia di Sultan Yaqoub. Che Damasco ancora celebra come una vittoria, mentre lo Stato ebraico commemora un giorno di dolore, i militari uccisi sono stati trenta. «Una donna è stata fermata perché cercava di portar via alcuni sacchi pieni di terriccio», dice Anwar Raja, tra i leader del Fronte popolare che godono della protezione e dell’ospitalità di Assad. Ne fa una teoria della cospirazione a uso della propaganda: i fondamentalisti sarebbero al servizio del Mossad — «alleati», forza le ipotesi Raja —, gli agenti segreti israeliani da trentasei anni in cerca di informazioni sui tre carristi Zachary Baumel, Yehuda Katz e Zvi Feldman.

Il loro tank è stato centrato da un colpo di artiglieria, i corpi non sono mai stati ritrovati, ufficialmente per lo Stato Maggiore restano needarim, scomparsi in azione durante quella prima guerra del Libano in cui sono intervenuti anche i siriani. Yona, il padre di Baumel, è stato certo fino alla morte nel 2009 che il figlio fosse tenuto prigioniero. Assieme alla moglie Miriam ogni 17 novembre festeggiava il compleanno di Zachary, oggi avrebbe 57 anni, ne aveva 21 quando è sparito nella valle libanese a pochi chilometri dal confine con la Siria. Yona sosteneva di aver raccolto le prove per dimostrare che fosse sopravvissuto: le lettere di un libro recuperato attraverso un informatore a Damasco sarebbero state segnate per formare il nome Zac Baumel assieme alle frasi «Io ho speranza» e «Aiutatemi». I genitori di Zachary e dei commilitoni hanno accusato il governo e l’esercito di disinteressarsi al caso, di non aver cercato di arrivare a una mediazione per riportare a casa almeno i corpi — se fossero ormai morti —, soprattutto dopo che altri due militari, catturati lo stesso giorno del 1982, erano stati liberati in uno scambio con il Fronte popolare. Il premier Benjamin Netanyahu due anni fa ha ricevuto in dono da Vladimir Putin quello che avrebbe dovuto essere il carrarmato di Baumel, Katz e Feldman, consegnato dai siriani agli allora alleati sovietici: gli esperti hanno negato che fosse lo stesso mezzo perché era intatto e con un codice di fabbrica diverso. I parenti si sono sentiti usati per giochi politici e presi in giro dal primo ministro che aveva annunciato: «Non hanno una tomba dove pregare, adesso potranno visitare questo tank». Qualsiasi israeliano ricorda il nome di Ron Arad, il pilota dell’aviazione scomparso dopo essersi lanciato dal jet sopra al Libano nel 1986, «mentre per questi tre non ci sono mai state campagne pubbliche perché fossero ritrovati», ha commentato Efraim Inbar, docente di Studi strategici, alla rivista digitale Times of Israel. «È come se fossero stati inghiottiti dal terreno».

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