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Corriere della Sera Rassegna Stampa
20.04.2018 Hans Asperger: il medico che scoprì la sindrome collaborò ai programmi eugenetici di Hitler
Analisi di Paolo Salom

Testata: Corriere della Sera
Data: 20 aprile 2018
Pagina: 17
Autore: Paolo Salom
Titolo: «'Aiutò i nazisti': Bufera su Asperger il medico che scoprì la sindrome»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 20/04/2018, a pag. 17 con il titolo " 'Aiutò i nazisti': Bufera su Asperger il medico che scoprì la sindrome", l'analisi di Paolo Salom.

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Paolo Salom

Fosse stato per lui, Rain Man non sarebbe mai arrivato all’età adulta e noi non avremmo mai imparato a capire, per quanto possibile almeno, cosa significhi avere a che fare con un individuo affetto da autismo. Il film di Barry Levinson, protagonista Dustin Hoffman, è del 1988: esattamente otto anni dopo la morte del professor Hans Asperger, il pediatra austriaco che aveva contribuito con i suoi studi a identificare e descrivere i disturbi del comportamento che poi prenderanno il suo nome: la Sindrome di Asperger, appunto. Paradossi dell’esistenza, ironia (crudele) del destino. Possiamo chiamare in causa tutti i possibili incroci tra Storia e vicende personali. Resta il fatto che il percorso umano di Hans Asperger, nato in una fattoria alle porte di Vienna nel 1906, ha dell’incredibile anche se era da un po’ che i sospetti aleggiavano sulla sua figura. È grazie alle accurate ricerche di Herwig Czech, storico all’Università medica di Vienna, che è emerso infatti come «Asperger riuscì ad adattarsi al regime nazista e fu ricompensato per le sue affermazioni di lealtà con opportunità di carriera».

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Hans Asperger

«Lealtà» ai nazisti: cosa vuol dire questa affermazione? Secondo Czech, che ha avuto accesso per la prima volta a documenti originali dell’epoca, il pediatra viennese — pioniere nello studio dei disturbi cognitivi nello sviluppo — pur senza mai entrare nel partito di Hitler, collaborò con i progetti di eutanasia che avrebbero dovuto fare del«Reich millenario» una terra di «superuomini». Il professore, dunque, «avvalorò pubblicamente le politiche di “igiene razziale”, comprese le sterilizzazioni forzate e cooperò attivamente, in diverse occasioni, al programma nazista di soppressione di bambini». Insomma: il pediatra inviò diversi dei suoi piccoli pazienti, in particolare una bambina di 5 e una di 2 anni — giudicati «non adatti alla società» — al centro «Am Spiegelgrund» all’interno della clinica psichiatrica di Steinhof dove trovarono la morte quasi 800 minori, ritenuti privi di purezza razziale; molti furono uccisi avvelenati o in altro modo, perché non conformi ai criteri per «meritare di vivere». Asperger fece anche parte della commissione incaricata di decidere il destino di circa 200 pazienti in un altro reparto pediatrico, 35 dei quali furono giudicati «impossibili da educare» e successivamente uccisi. Pura «eugenetica», insomma. Il paradosso, in questa vicenda che riporta alla luce la follia, la bassezza morale e l’inumanità del nazismo è che Asperger stesso soffriva di disturbi della personalità simili a quelli da lui poi descritti in uno studio, pubblicato in tedesco nel 1944 («Gli psicotici artistici in età infantile»), rimasto pressoché sconosciuto per decenni fino a che, riscoperto, non diede fama postuma allo «scienziato» viennese. Tanto che una psichiatra britannica, Lorna Wing, nel 1981 battezzò con il suo nome la sindrome. Considerato una forma di autismo, l’affezione descritta così bene dal suo scopritore è associata a grandi capacità di concentrazione su singoli percorsi tematici, tanto che artisti come Van Gogh, scienziati come Charles Darwin o Albert Einstein — personaggi tutti vittime di gravi deficit relazionali — potrebbero aver sofferto della sindrome di Asperger. Ma forse dovremmo smettere di chiamarla così.

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