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Corriere della Sera Rassegna Stampa
30.03.2018 Cannabis terapeutica, la nuova frontiera di Israele
Commento di Davide Frattini

Testata: Corriere della Sera
Data: 30 marzo 2018
Pagina: 30
Autore: Davide Frattini
Titolo: «Dai genetisti di Tel Aviv la cannabis Ogm»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA - INSERTO di oggi, 30/03/2018, a pag.30 con il titolo "Dai genetisti di Tel Aviv la cannabis Ogm" il commento di Davide Frattini.

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Davide Frattini

 

La temperatura è mantenuta costante a 15 gradi, l'umidità non supera il 15 per cento. In questo sotterraneo a pochi chilometri da Tel Aviv gli scienziati hanno ricreato l'habitat perché i semi raccolti e catalogati possano vivere per decenni. Sono protetti dal clima ideale e dalle sbarre che si aprono solo con la combinazione dopo aver superato un'altra porta blindata. Per chi passa da fuori, lungo le tangenziali che uniscono le città israeliane sulla costa, le serre dell'istituto Volcani restano nascoste dietro le siepi, gli alberi di jacaranda e una recinzione vestita di tessuto verde. Cosi ha imposto la polizia, che ha anche richiesto un sofisticato sistema di allarme. Perché qui biologi, agronomi e genetisti coltivano almeno cento tipi diversi di cannabis, una delle più variegate collezioni al mondo.

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L'obiettivo — sponsorizzato dal governo con 8 milioni di shekel, quasi 2 milioni di euro — è riuscire a mappare il genoma della marijuana: solo la certezza sul Dna può garantire la proprietà intellettuale sui prodotti e quindi i proventi legati alla industria farmaceutica. In sostanza mettere le mani su quello che il chimico Raphael Mechoulam (il papà israeliano dell'erba terapeutica) chiama «un tesoro medicinale ancora da scoprire». I ricercatori del Volcani — racconta la dottoressa Hinanit Koltai — vogliono produrre tipi di cannabis che non contengano tetraidrocannabinolo (Thc), il principio psicoattivo dell'erba, e quantità precise al milligrammo di cannabidiolo (Cbd), altro elemento fondamentale, però senza effetti stupefacenti, che sembra funzionare tra l'altro nel ridurre le crisi di epilessia nei bambini. «Abbiamo collezionato fiori di marijuana da tutto il Paese — spiega Koltai — e ne abbiamo importati anche dall'estero, cercando di recuperare semi antichi per coprire tutto il patrimonio genetico». Come in Oregon, tra i primi Stati americani a legalizzare l'uso terapeutico e adesso pure quello che gli americani chiamano ricreativo, dove Mowgli Holmes ha già messo insieme duemila campioni diversi. Gli studiosi della sua Phylos Bioscience girano le aste di anticaglie e sono riusciti a intercettare centinaia di fiale con tintura a base di erba, tutte etichettate e datate prima del 1937 quando la marijuana fu proibita come droga dal governo americano. Holmes punta a organizzare un database contenente tutte le varietà possibili di piante: organizzate su una mappa digitale che ricorda una costellazione, i «pianeti» verdi più vicini sono quelli con più geni in comune. A Tel Aviv la marijuana è ovunque, nelle aspirazioni degli imprenditori da start up e in che la aspira seduto ai tavolini di un caffé. In teoria il consumo resta illegale, anche se decriminalizzato, pochi qui se ne preoccupano, salvo ammonirsi a vicenda «ze lò Amsterdam», «questa non è Amsterdam» in ebraico. Israele non è l'Olanda appunto, ma è il secondo Paese al mondo nella distribuzione dell'erba terapeutica, quasi 5oo chili al mese per 30 mila pazienti: basta la ricetta scritta da un medico autorizzato, basta lamentarsi del mal di schiena che non lascia dormire o dell'ansia perla Sindrome da disordine postraumatico, molto diffusa in una nazione da sempre in guerra. Secondo l'Autorità israeliana antidroga il 27 per cento della popolazione tra i 18 e i 65 anni avrebbe fumato cannabis almeno una volta l'anno scorso. Un paio di giorni fa gli innovatori, inventori, investitori di un mercato ormai globale da 150 miliardi di dollari si sono ritrovati a Tel Aviv perla fiera Cannatech. Hanno discusso dei nuovi metodi per estrarre gli oli essenziali dalle piante o dei vaporizzatori che permettono ai malati di cancro (è efficace contro la nausea e il dolore) di assumere la marijuana terapeutica senza gli effetti nocivi del fumarla. Nel 2016 il gigante americano del tabacco Philip Morris ha investito 20 milioni di dollari nella azienda israeliana Syqe che produce un inalatore per controllare il dosaggio fino ai milligrammi. «Il nostro Paese è dieci anni avanti rispetto agli altri», commenta Saul Key alla rivista digitale Israel 21C. Il suo fondo iCan investe nelle aziende e nelle idee che provano a mantenere questo primato: «È lo stesso mix di ricerca scientifica, fantasia, attitudine che ha portato allo sviluppo della tecno-industria israeliana: non si può incasellare la cannabis in una sola categoria. È biotecnologia, agricoltura, laboratori farmaceutici, ma anche stile di vita». Tra passato e futuro le serre di marijuana hanno già contribuito a rivitalizzare le comunità socialiste dei kibbutz in crisi economica e ideologica, su quegli stessi campi la nazione è stata fondata settant'anni fa. Di come coltivare, impacchettare, rivendere la cannabis chiacchierano al bancone del bar i cercatori seriali della prossima-cosa-grande che fino a qualche mese fa avrebbero elencato i punti forti del loro «business plan per lanciare l'ennesima start up». Sognano ancora la California (o l'Oregon) anche se questa volta il trasloco creativo non è verso la Silicon Valley, ma verso una nuova terra della corsa all'oro (verde) che potremmo chiamare Ganja Valley.

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