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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Corriere della Sera Rassegna Stampa
05.03.2018 Guerra in Siria: il significato di un conflitto che ha cambiato il Medio Oriente
Analisi di Bernard-Henri Lévy

Testata: Corriere della Sera
Data: 05 marzo 2018
Pagina: 44
Autore: Bernard-Henri Lévy
Titolo: «Il conflitto siriano, un crimine senza castigo»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 05/03/2018, a pag. 44, con il titolo "Il conflitto siriano, un crimine senza castigo" l'analisi di Bernard-Henri Lévy.

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Bernard-Henri Lévy

Ci saranno altri cessate il fuoco a Ghouta e altre violazioni della tregua. Altre risoluzioni dell’Onu penosamente imposte dalla Francia e allegramente svuotate di qualsiasi valore dalla Russia. Altri bambini si sentiranno soffocare dai gas, altre bombe al cloro saranno lanciate su quartieri dove ancora rimane un po’ di vita. Ci saranno altri aerei e altri carri armati per portare a termine il lavoro sporco, e ancora altri aerei, e ancora spettri insanguinati fra le macerie, e ancora bambini dagli occhi spenti che supplicano il mondo, ma senza crederci, di aiutarli. Allora, fin dove arriverà questo disastro? Questa generale discesa agli inferi? Questa dimissione spettatrice, davanti a città-cimiteri? Questo crimine senza castigo? E fino a quando dovremo ascoltare quei mascalzoni che, ad ogni nuovo massacro, in Europa, hanno la faccia tosta di ripetere, come un disco rotto: «Bisogna parlare con Assad! Bisogna parlare con Assad!». Poiché fra loro la vergogna sembra essere il sentimento meno diffuso, poiché il loro amico Assad non ha, e non avrà mai, altri progetti se non quello di appollaiarsi spudoratamente sui cumuli di cadaveri per poter restare nei suoi palazzi e poiché l’indignazione, davanti a tale incubo, non serve manifestamente a nulla, ci accontenteremo di ricapitolare il bilancio degli ultimi sette anni di resa.

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1) Un Paese in frantumi e devastato.

2) Alcuni gioielli dell’umanità, come Palmira, distrutti dai vandali e in rovina.

3) L’Onu impotente davanti alla carneficina, paralizzata dal veto russo, più screditata che mai.

4) I timidi passi avanti fatti negli ultimi decenni dal diritto internazionale umanitario (responsabilità di proteggere, diritto e dovere di ingerenza, protezione delle popolazioni civili...) spazzati via dal terrificante passo indietro che rappresenta, a Homs, ad Aleppo e adesso a Ghouta, la violazione sistematica e impunita degli usi e convenzioni di guerra (gas sui cittadini, bombardamenti di civili con artiglieria pesante, ospedali presi di mira, ricorso massiccio alla tortura ridiventata un’arma di guerra come un’altra).

5) L’assassino seriale Bashar al-Assad più potente che mai, interlocutore e partner obbligatorio delle grandi e rispettabili nazioni; si torna quasi alla casella di partenza: poco ci manca, e vedremo che di nuovo sarà invitato a pavoneggiarsi, brutale e infantile, il volto cereo appena segnato dalla dura prova della crudeltà, sulla avenue des Champs Elysées o su altra via Trionfale nel mondo.

6) Una mostruosa licenza di uccidere rilasciata a tutti gli aspiranti Bashar del pianeta che stavano in agguato aspettando il risultato del test: tocca a noi, pensano, disporre del diritto di assassinare i nostri popoli.

7) Il più grande spostamento di popolazioni mai visto dopo la fine della Seconda guerra mondiale (sei milioni di uomini, donne, bambini buttati sulle strade del loro stesso Paese, miserevoli ed erranti, privi di diritti, inermi).

8) Un’ondata di rifugiati, anch’essa senza precedenti, che si riversa sulla Turchia, sul Libano, ma certo anche sull’Europa: e di conseguenza la vera origine di quel che ipocritamente chiamiamo il «problema dei migranti».

9) L’Europa, davanti a tale sfida, destabilizzata, tormentata fra necessità e virtù, in mano ai dèmoni del populismo e delle sue cosiddette soluzioni.

10) L’America screditata, priva di autorità, la cui imperialità è andata in fumo fra le rovine delle città bombardate: questo, ahimè, non comincia con Trump, ma con Obama e la sua tragica decisione, nell’estate del 2013, di fissare una linea rossa, di minacciare Assad di ritorsioni se avesse osato oltrepassarla e, quando questo accadde, di non fare nulla, di non reagire e di prostrarsi.

11) L’Iran che ne approfitta e realizza, in Siria, il proprio sogno di un asse sciita che va da Bagdad a Beirut e oltre.

12) Israele minacciato, come non succedeva da molto tempo, da un Hezbollah ormai pronto ad agire, armato di tutto punto, installato sulla sua frontiera, pronto alla sfida.

13) La Turchia, anch’essa imbaldanzita dalla divina sorpresa di un Occidente che, in questa regione così strategica, fa un inspiegabile harakiri: perché, in questo caso, farsi scrupoli? Come non essere tentati, oggi ad Afrin, domani altrove, di accrescere i propri vantaggi?

14) Putin, al quale viene offerto su un piatto d’argento un ruolo da imperatore creatore di re, che edifica la pace e garantisce l’equilibrio regionale: Putin che, sia detto en passant, vede realizzarsi il sogno degli zar di accedere, durevolmente, ai mari caldi.

15) Infine, l’islamismo. Tanti nomi per una stessa barbarie. Ma per tale barbarie una patria principale che, tutto sommato, è la Siria. Si diceva: «Bisogna scegliere: o Bashar o il jihad; occorre appoggiare Bashar perché Bashar è un baluardo». Risultato: poiché il potere di Damasco, fin dal primo giorno, se l’è presa più con l’opposizione democratica che con i folli di Dio fatti uscire dalle carceri, abbiamo avuto sia Bashar sia il jihad, duplice pena e doppia guerra, visto che le due bestie dell’apocalisse si nutrono l’un l’altra e fingono di divorarsi a vicenda per suggellare meglio il loro turpe patto. E’ bene interrogarsi sul costo degli interventi che non hanno mantenuto tutte le loro promesse. Ecco il bilancio di un non-intervento molto più sanguinoso e disastroso.

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