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Corriere della Sera Rassegna Stampa
11.02.2018 Verso una guerra tra Iran e Israele in Siria?
Parole fuorvianti su Avvenire, analisi di Davide Frattini

Testata: Corriere della Sera
Data: 11 febbraio 2018
Pagina: 9
Autore: Davide Frattini
Titolo: «Teheran e Gerusalemme. La guerra che soltanto Putin ha il potere di fermare»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 11/02/2018, a pag. 9, con il titolo "Teheran e Gerusalemme. La guerra che soltanto Putin ha il potere di fermare", il commento di Davide Frattini.

Avvenire, come tutti i quotidiani oggi in edicola, riporta la notizia dell'abbattimento di un jet israeliano da parte di Hezbollah/Siria/Iran con un pezzo, a pag. 5, di Luca Geronico intitolato "Alta tensione" (il richiamo in prima pagina, altrettanto poco chiaro, è intitolato: "La Siria riesplode, le Coree sperano". Avvenire riesce però fin dal sommario che anticipa il pezzo a disinformare rovesciando le responsabilità: "I caccia con la stella di David colpiscono in Siria obiettivi siriani e iraniani, ma al rientro un F-16 è abbattuto dalla contraerea". L'argomento principale, secondo Avvenire, non è l'abbattimento del jet israeliano, ma l'incursione (che più avanti Avvenire definisce "raid") di Israele, che aveva l'unico obiettivo di contrastare l'avanzata iraniana.

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Ecco l'articolo di Davide Frattini:

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Davide Frattini

La risposta alla prima domanda del dossier di 36 pagine sembra scritta a poche ore dalla mattinata di guerra. In realtà gli analisti dell’International Crisis Group hanno lavorato nei mesi passati al rapporto. «Israele, Hezbollah e Iran: prevenire un’altra guerra in Siria» è stato pubblicato giovedì e già riusciva a prevedere quel che poi è successo ieri. Prova anche a indicare delle soluzioni, perché è questo il mandato del centro studi: capire per aiutare a risolvere. Il quesito è semplice: che cosa c’è di nuovo? Il responso premonitore e allarmante: «Questa fase nel conflitto siriano fa presagire un’escalation con Israele. Mentre il regime di Assad sta prendendo il sopravvento, Hezbollah si espande verso il Sud del Paese e l’Iran cerca di aumentare le capacità militari dei suoi alleati, così gli israeliani temono sempre di più che la Siria stia diventando una base iraniana». Gli esperti che hanno compilato il documento sono convinti che la calma relativa seguita ai 34 giorni di guerra nell’estate del 2006 tra gli israeliani e il gruppo sciita libanese sia ormai destinata a fracassarsi. «Le regole del gioco che hanno contenuto gli scontri Israele-Hezbollah per oltre un decennio sono ormai erose. Nuove regole possono essere stabilite in Siria attraverso un’intesa reciproca o un ciclo letale di attacchi e rappresaglie in cui tutti perdono. Da qui a una guerra allargata basta un errore di calcolo». Dopo le prime manifestazioni pacifiche in Siria nel 2011 per chiedere le riforme e la fine degli abusi perpetrati dal clan al potere, il governo di Benjamin Netanyahu aveva deciso di adottare una strategia da spettatore, certo che l’era degli Assad stesse per finire. Nel dicembre di quell’anno Ehud Barak prediceva: «I giorni di Bashar sono contati».

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Le alture del Golan

Da allora è andato in pensione da ministro della Difesa e si è lasciato crescere la barba, mentre il dittatore porta ancora gli stessi baffetti e resta nel palazzo presidenziale. La scelta della neutralità verso gli eventi dall’altra parte del confine — da Tel Aviv a Damasco ci sono poco più di 200 chilometri — si è incrinata dopo l’intervento di Hezbollah a sostegno del regime: gli israeliani hanno a quel punto stabilito delle linee rosse da non oltrepassare, come il trasferimento sul territorio siriano di tecnologie militari dall’Iran all’organizzazione libanese. Ogni volta che i satelliti hanno individuato un convoglio carico di armamenti lo Stato Maggiore ha ordinato raid aerei per distruggerlo, operazioni che Tsahal non si è mai attribuita. Le possibilità di questo ping pong bellico — le «regole del gioco» dell’introduzione al dossier — sembrano esaurite. «Con Assad sempre più saldo al potere — continua l’International Crisis Group — gli israeliani sono costretti a manovrare per contrastare il deterioramento della loro posizione strategica. Gli ostacoli da superare sono però cresciuti: il regime dipende sempre più dall’Iran, altri nemici (Hezbollah e le milizie sciite) sono ormai arroccati in Siria con la benedizione russa, e gli Stati Uniti — nonostante i proclami retorici di Donald Trump — non stanno facendo nulla per contrastare i successi accumulati da Teheran». Allo stesso tempo le visite ripetute di Netanyahu a Mosca o nella residenza di Sochi sul Mar Nero gli hanno permesso di ottenere qualche rassicurazione da Vladimir Putin. Il presidente russo gli ha lasciato spazio di manovra nei cieli «per colpire gli interessi militari legati all’Iran e sembra più interessato a tenere in equilibrio le diverse coalizioni combattenti che a far ricatturare ad Assad ogni pezzo di territorio perduto. Ma se la Russia vuole arrivare a ritirare o a ridurre le sue truppe dalla Siria deve prima imporre delle nuove regole del gioco, altrimenti le ostilità tra Israele e l’Iran rischiano di mettere in pericolo i risultati che ha ottenuto, in particolare la stabilità del regime». Perché gli autori del rapporto sostengono che — almeno nelle prime fasi — la prossima guerra tra Israele, Iran, Hezbollah avrà come campo di scontro la Siria per poi allargarsi al Libano, da dove il gruppo sciita è in grado di colpire le città israeliane con un arsenale di oltre 100 mila missili. «I russi hanno ancora tempo per evitare un conflitto totale proteggendo così l’investimento di questi anni per la sopravvivenza del regime e le vite di siriani, israeliani, libanesi».

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