|
| ||
|
||
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 24/01/2018, a pag. 19, con il titolo "Le vie dedicate ai razzisti spettano ai professori eroi che dissero no al fascismo", il commento di Pierluigi Battista.
Pietre d'inciampo a Roma Un riconoscimento tardivo perché quei dodici nomi sono la prova che si poteva dire di No. E invece i più non dissero No nemmeno di fronte alle discriminazioni antiebraiche. Ha ricordato Roberto Finzi che quando ai docenti ebrei vennero sottratte le cariche Ernesto Rossi, allora oppositore del regime in carcere, disse che quelle leggi avrebbero rappresentato «una manna per tutti i candidati che si affolleranno ora ai concorsi». E le cose andarono proprio così. Per occupare le cattedre lasciate vacanti dai docenti ebrei perseguitati si fecero avanti molti nomi illustri che dopo il ritorno alla democrazia diventeranno padri della Patria antifascista. Dalle copertine dei libri scritti da autori ebrei sparirono i nomi dei discriminati e comparvero nomi razzialmente puri. E nessuno pagò per questo, va ricordato nel Giorno della Memoria. Anzi, come ha scritto nel 2002 Alberto Cavaglion, «dopo la fine della guerra la cattedra di Letteratura italiana sottratta ad Attilio Momigliano sarà sdoppiata perché fosse restituita a chi era stato illegittimamente cacciato, ma anche per non scomodare chi al suo posto era tranquillamente subentrato». Negli ultimi anni della sua vita Vittorio Foa ha detto: «Non uno di quegli illustri antifascisti aveva detto una sola parola contro la cacciata degli ebrei dalle scuole, dall’università, dal lavoro, contro quella che è stata un’immonda violenza. Forse non sto cercando una condanna morale ma il riconoscimento di un fatto». Si racconta che quando Vittorio Emanuele Orlando, che al tempo del giuramento si era avvalso del suo diritto alla pensione, incontrò nel dopoguerra Edoardo Ruffini, figlio di Francesco, gli si rivolse con un «noi che abbiamo rifiutato il giuramento», l’interlocutore lo abbia raggelato: «Credo che tra la sua richiesta di pensionamento e il rifiuto del giuramento di mio padre vi sia una differenza». Appunto, quello che Foa ha definito il rifiuto del «riconoscimento di un fatto». Per non riconoscere il «fatto» della sottomissione, dell’accomodamento della gran parte della cultura ai diktat del fascismo e dell’antisemitismo si è scelto di condannare all’oblio i dodici eroi che dissero di No. Perché la loro semplice testimonianza avrebbe dimostrato che l’umiliazione poteva essere evitata. Ecco perché intestare vie e piazze ai dodici eroi misconosciuti avrebbe un grande valore. Fuori dalle ipocrisie e dalle biografie abbellite. Per inviare al Corriere della Sera la propria opinione, telefonare: 02/62821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante lettere@corriere.it |
Condividi sui social network: |
|
Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui |