mercoledi` 24 aprile 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Corriere della Sera Rassegna Stampa
07.01.2018 Pietre d'inciampo: piccole lapidi per chi non ha una tomba
Paola D'Amico intervista Liliana Segre

Testata: Corriere della Sera
Data: 07 gennaio 2018
Pagina: 16
Autore: Paola D'Amico
Titolo: «Segre, memoria di Shoah, i nomi ebrei sulle pietre della città»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 07/01/2018, a pag. 16 con il titolo "Segre, memoria di Shoah, i nomi ebrei sulle pietre della città" l'intervista di Paola D'Amico a Liliana Segre

Immagine correlataImmagine correlata
Paola D'Amico                    Al centro Liliana segre

«Le pietre d'inciampo? Sono piccole lapidi che ricordano chi non ha una tomba». Liliana Segre, classe 193o, sopravvissuta ad Auschwitz, dove morirono l'adorato padre e i nonni, da trent'anni testimone della Shoah, è presidente del Comitato che s'è costituito a Milano per replicare l'iniziativa lanciata dall'artista Gunter Demnig in Germania nel 1995 e che raccoglie, per la prima volta dopo la Liberazione, tutte le associazioni legate alla memoria della Resistenza.
Sampietrini in ottone, oggetti di memoria diffusa che s'innestano nel tessuto urbano, per raggiungere più persone?
«Per ora sono pochissime a Milano e sconosciute. Con la posa in programma il 19 e 20 gennaio a Milano se ne aggiungeranno 26. Ricordano dove sono nati e dove sono morti ebrei e antifascisti, cioè coloro che avevano scelto di stare dalla parte più pericolosa. Ma perché siano pedine della memoria e i ragazzi possano davvero inciamparvi, il ruolo di insegnanti e adulti è davvero fondamentale».
Qual è il suo timore?
«Che siano travolte dall'indifferenza e dall'ignoranza, perché nella vita si sta sempre sul carro dei vincitori, non dei perdenti, degli ultimi».
Ha spesso ripetuto che l'indifferenza uccide più della violenza.
«Bisogna avere il coraggio delle proprie idee, se no si naufraga nell'indifferenza. È trent'anni che parlo di indifferenza, ricordando l'immane tragedia della Shoah. Una parola che troneggia a lettere cubitali anche all'ingresso del Memoriale della Shoah al Binario 21 della Stazione Centrale. E da trent'anni le mie sono soltanto parole di pace. Da quando ho conosciuto l'odio, ed ero poco più che una bambina. Da quando ho conosciuto la solitudine, lo "stupore per il male altrui" come scrisse Primo Levi. Sono sopravvissuta per miracolo e, dopo anni e anni di silenzio, di un tempo infinito per curare le mie ferite (che non si sono mai chiuse, del resto), ho cominciato da donna quasi vecchia a diventare testimone della Shoah. Ho sempre scelto, incontrando gli studenti e le persone che vengono ad ascoltarmi, di non parlare mai di odio e di vendetta, perché sono uscita viva dal lager senza essermi mai vendicata, scegliendo di essere una donna libera».
Cosa pensa del rigurgito di antisemitismo?
«E come un'onda che cresce. Sento che la pace è lontana. A distanza di tanti anni dalle leggi razziali, che mi costarono l'espulsione dalla scuola di via Ruffini — avevo otto anni — mi sembra impossibile di dover rileggere sui giornali o rivedere alla televisione o sentire intorno a me quell'odore bestiale dell'odio verso l'altro. Ed è un odore che a me riporta un odore diverso, quello della carne bruciata nella cenere di Auschwitz».
È pessimista?
«Sono molto pessimista. Quando leggo di quei barconi che si rovesciano nel Mediterraneo e muoiono centinaia di persone di cui non si saprà mai il nome, penso sempre che il mare della dimenticanza coprirà anche quei 6 milioni di morti per la colpa di essere nati. Man mano che noi testimoni ce ne andiamo, perché siamo vecchi, si fa strada sempre più quel negazionismo che fa comodo a tutti. C'è sempre qualche voce che nel giorno della Memoria dice "e basta con questi ebrei"»

Per inviare al Corriere della Sera la propria opinione, telefonare: 02/62821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@corriere.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT