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Corriere della Sera Rassegna Stampa
21.12.2017 Barenboim, il MoniOvadia musicale, dirige lo spartito palestinista
Leggerlo per conoscerne le menzogne

Testata: Corriere della Sera
Data: 21 dicembre 2017
Pagina: 34
Autore: Daniel Barenboim
Titolo: «»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi 21/12/2017, a pag.34 con il titolo "Israele e Palestina due stati con pari diritti" l'articolo di Daniel Barenboim.

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Daniel Barenboim                               

Questo pezzo di Barenboim reca al fondo il nome della traduttrice, dal che si deduce che è uscito prima in altra lingua su altro strumento di informazione; se ne deduca altresì che il Corriere l'ha ritenuto interessante, anche se ripete la solita tiritera contro Israele, interpretando e falsificando la storia ad uso palestinista. Basterebbero queste tre affermazioni:
1. La risoluzione del 1947 di dividere la Palestina ha incontrato il netto rifiuto da parte della totalità del mondo arabo. Forse questa decisione o la reazione conseguente sono state un errore, comunque dal punto di vista palestinese è stata una catastrofe. Quel "forse" è un capolavoro di doppiezza! 
2.  I Palestinesi hanno da tempo rinunciato al loro diritto all'intero territorio della Palestina, "Intero territorio"? ma quando mai, visto che non sono mai stati nè un popolo nè uno stato?
3. ...l'ostilità palestinese nei confronti di Israele, non si può considerarla una continuazione dell'antisemitismo europeo. No? ma se è arcinoto che il progetto palestinista non è i 2 Stati, ma la sostituzione di Israele con uno palestinese! Hamas ce l'ha nello statuto la distruzione di Israele!

Lasciamo altre considerazioni ai nostri lettori, con l'invito di scrivere a Luciano Fontana, direttore del Corriere, se si sente a proprio agio nel diffondere in un solo articolo tanta disinformazione.

La decisione del governo americano di trasferire l'ambasciata Usa a Gerusalemme, riconoscendola di fatto come capitale di Israele, è l'ultimo di una serie di gravi interventi geopolitici nel conflitto israelo-palestinese. La decisione evidenzia come ogni iniziativa esterna tenda a favorire una delle due parti in conflitto e a demoralizzare l'altra, generando euforia da un lato e violenza dall'altro. Senza una contrapposizione risoluta e compatta a questa recente decisione, la soluzione del conflitto si allontanerà ulteriormente. La nuova esplosione di violenza seguita alla mossa statunitense e le reazioni internazionali ribadiscono la necessità di esaminare alcuni aspetti del conflitto. Ormai da vari decenni il mondo parla della possibilità di una soluzione a due Stati. Occorre però chiedersi: dov'è il secondo Stato? Questo aspetto è particolarmente importante in quanto il conflitto israelo-palestinese è diverso dalle centinaia di conflitti della storia dell'umanità. Le ostilità si scatenano in genere tra due nazioni o tra due gruppi etnici che si contendono risorse come l'acqua o il petrolio. Invece il conflitto israelo-palestinese non riguarda due nazioni o Stati, ma due popoli profondamente convinti di aver diritto allo stesso piccolo pezzo di terra, sul quale vogliono vivere, preferibilmente senza l'altro. Ecco perché questo scontro non si può risolvere né sul piano militare né su quello meramente politico: occorre trovare una soluzione umana. I fatti sono noti, non è necessario riportarne il dettaglio. La risoluzione del 1947 di dividere la Palestina ha incontrato il netto rifiuto da parte della totalità del mondo arabo. Forse questa decisione o la reazione conseguente sono state un errore, comunque dal punto di vista palestinese è stata una catastrofe. Ma la decisione era presa e tutti hanno dovuto imparare a fare i conti con i suoi effetti. I Palestinesi hanno da tempo rinunciato al loro diritto all'intero territorio della Palestina, dichiarandosi a favore di una divisione del Paese mentre Israele continua la pratica illegale degli insediamenti nei territori, mostrando scarsa disponibilità a imitare i Palestinesi. Alcuni aspetti del conflitto sono in una certa misura simmetrici. Altri sono invece asimmetrici. Israele è già uno Stato, uno Stato molto forte e deve quindi assumersi una parte maggiore di responsabilità. Nessuno oggi mette seriamente in dubbio il diritto di Israele di esistere. Tuttavia, sulla questione israeliana il mondo è diviso. Da un lato esistono nazioni che si sentono responsabili per gli orrori inflitti dall'Europa agli ebrei e non si può che essere grati per il perdurare di questo senso di responsabilità. Purtroppo dall'altro lato esistono tuttora persone che negano l'Olocausto, fatto che alimenta alcune posizioni estreme nel mondo arabo e suscita giustamente disperazione tra la popolazione ebraica di Israele. Ciò nondimeno, malgrado tutte le giustificate critiche all'ostilità palestinese nei confronti di Israele, non si può considerarla una continuazione dell'antisemitismo europeo. Di fronte alla decisione unilaterale degli Usa, faccio un appello al resto del mondo: riconoscete lo Stato della Palestina come avete riconosciuto Israele. Non ci si può attendere che due popoli — nemmeno due persone — che non si riconoscono reciprocamente trovino un compromesso. Per una soluzione a due Stati servono appunto due Stati che al momento non ci sono. La Palestina è occupata da 50 anni e non ci si può certo aspettare che i Palestinesi entrino in trattativa da questa posizione. Tutte le nazioni sinceramente interessate a una soluzione a due Stati devono riconoscere la Palestina e pretendere che venga immediatamente avviato un dialogo serio. Una soluzione a due Stati con pari diritti sarebbe la sola strada verso la giustizia per i Palestinesi e la sicurezza per Israele. Per quanto concerne Gerusalemme, la soluzione mi sembra logica: Gerusalemme è una città santa per l'ebraismo come lo è per l'islamismo e per il cristianesimo. Nell'ambito di una soluzione a due Stati alla pari non vedo alcun problema nel considerare Gerusalemme Ovest capitale di Israele e Gerusalemme Est capitale della Palestina. Lancio quindi un appello alle grandi nazioni che non l'hanno ancora fatto affinché riconoscano subito la Palestina, con l'impegno ad avviare immediatamente i negoziati sui confini e sugli altri aspetti essenziali del conflitto. Non sarebbe un passo contro Israele, ma un passo in direzione di una soluzione sostenibile per entrambe le parti. E assolutamente chiaro che la volontà di pace di entrambi i popoli, Israeliani e Palestinesi, deve partire dagli stessi presupposti. Non si può forzare una soluzione dall'esterno. Quindi mi spingo oltre con il mio appello e invito i popoli di Israele e della Palestina a dichiarare in modo netto e chiaro che non ne possono più di questo conflitto decennale e che vogliono finalmente la pace. (traduzione di Maria Franca Elegante)

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