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Corriere della Sera Rassegna Stampa
18.12.2017 Elena Aga Rossi: 'Vittorio Emanuele III complice dei crimini fascisti, nessun riscatto è possibile'
A cura di Antonio Carioti

Testata: Corriere della Sera
Data: 18 dicembre 2017
Pagina: 10
Autore: Antonio Carioti
Titolo: «La storica Aga Rossi: 'Nessun riscatto per un monarca inerte complice del regime'»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 18/12/2017, a pag. 10, con il titolo "La storica Aga Rossi: 'Nessun riscatto per un monarca inerte complice del regime' ", il commento di Antonio Carioti.

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Antonio Carioti

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Elena Aga Rossi

«Dal delitto Matteotti in poi, cioè dal 1924, Vittorio Emanuele III non dimostrò alcuna capacità d’iniziativa autonoma rispetto a Mussolini: va considerato corresponsabile di tutte le scelte politiche compiute dal regime fascista», dichiara al Corriere la storica Elena Aga Rossi, autrice del saggio Una nazione allo sbando (il Mulino) sull’armistizio del 1943. «Solo quando fu chiaro che la guerra era perduta — prosegue la studiosa — il re si dissociò tardivamente da Mussolini, ma il suo comportamento irresponsabile portò al disastro dell’8 settembre. A 70 anni dalla morte di Vittorio Emanuele III, non credo si debbano sollevare obiezioni sul ritorno della salma in Italia, ma trovo inaccettabile l’ipotesi che gli si rendano pubblici onori attraverso la sepoltura in un luogo significativo per la storia nazionale come il Pantheon. Ritengo quindi giustificata l’inquietudine delle comunità ebraiche». Partiamo dalle premesse della catastrofe: «Sotto il regime si creò una sorta di diarchia, che però vedeva il duce prevalere sul re, che sottoscrisse persino le leggi razziali del 1938 e avallò l’intervento nella Seconda guerra mondiale. Ma neanche le sconfitte terribili subite dalle forze italiane tra la fine del 1942 e l’inizio del 1943, in Africa e in Russia, bastarono a scuotere l’inerzia del sovrano, nonostante le pressioni degli oppositori del regime e anche di alcuni esponenti del fascismo, come Dino Grandi».

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Fu proprio in seguito a un’iniziativa di Grandi, ricorda Aga Rossi, che Mussolini venne esautorato, arrestato e sostituito con Pietro Badoglio, nel luglio 1943: «Ma il governo e il re, che pure era il comandante supremo delle forze armate, non fecero nulla per prepararsi a fronteggiare le conseguenze dell’armistizio che stavano trattando. Era evidente che la Germania avrebbe reagito con la forza, ma non si cercò di coordinarsi con gli Alleati, che erano pronti a mandare truppe aviotrasportate per aiutarci a difendere Roma dai nazisti. Ancora la mattina dell’8 settembre, il giorno in cui nel pomeriggio la resa italiana venne annunciata dagli angloamericani, i nostri aerei decollarono in missione contro gli Alleati». Poi la fuga del 9 settembre: «Il re si precipitò con Badoglio a Pescara e poi a Brindisi, lasciando senza ordini le forze armate, in Italia e all’estero. C’erano sei divisioni intorno a Roma che restarono inerti. E l’esercito finì per dissolversi quasi ovunque di fronte ai tedeschi. Gli episodi di resistenza furono il prodotto di iniziative locali. La resa agli Alleati era inevitabile, ma il modo in cui venne gestita portò al collasso dello Stato, mandò allo sbaraglio un’intera nazione. Perciò nella memoria storica la figura di Vittorio Emanuele III non può essere in alcun modo riscattata».

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