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Corriere della Sera Rassegna Stampa
11.12.2017 Donatella Di Cesare, da Heidegger a anti-capitale di Israele
Gerusalemme come dovrebbe essere nella visione della ex presidente della Fondazione Heidegger

Testata: Corriere della Sera
Data: 11 dicembre 2017
Pagina: 34
Autore: Donatella Di Cesare
Titolo: «Gerusalemme, città unica,indivisibile e inapproppriabile»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 11/12/2017, a pag.34, con il titolo "Gerusalemme, città unica, indivisibile e inappropriabile " il commento di Donatella Di Cesare

L'inappropriabile del titolo trova la spiegazione in fondo al pezzo della Di Cesare. Esattamente come quando era vice presidente della Fondazione tedesca in onore della memoria del nazista Heidegger, salvo poi dimettersi quando scoppiò la polemica sui diari in cui confermava il suo antisemitismo, anche questa volta, dopo aver tessuto le lodi della capitale di Israele, attacca la dichiarazione di Trump augurando a Gerusalemme un futuro dove "ogni rivendicazione nazionalistica, da ambo le parti, è fuori luogo".
Essendo Israele una delle due parti, se ne deduce che per la signora Di Cesare la qualifica "capitale unita e indivisibile" non deve applicarsi a Gerusalemme. Una opinione come tante altre, ma che in bocca a un personaggio che gode fama di essere una "esperta" di ebraismo, anche in ambienti ebraici, lascia interdetti.

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                      basta! questo simbolo va diviso, firmato Di Cesare

Ecco l'articolo:

 

Unica, indivisibile, inappropriabile, impossibile da capitalizzare, Gerusalemme è la città che si sottrae all'ordine degli Statinazione. Ne eccede la ripartizione, la trascende, la interdice. Contro questo scoglio, o meglio, contro questa rocca, sono naufragati tutti i tentativi che, in un'ottica statocentrica e nazionale, hanno mirato solo a frazionarla e segmentarla. Smacco della diplomazia e, ancor più, fallimento di una politica che procede con il metro e con il calcolo. Gerusalemme non divide; al contrario, unisce. Ed è proprio questa unità la sfida che non è stata raccolta. Perché già da tempo avrebbe dovuto essere immaginata una nuova forma politica di governo capace di rispondere alla sovranità verticale di questa città straordinaria, di rispondere alla sua costitutiva apertura orizzontale. Qui sta il punto della questione, ma nulla di ciò è avvenuto. Piuttosto si è fatta valere l'ipotesi, oramai sempre più lontana, di due Stati separati da confini incerti, precari, minacciosi. Non sarebbe stata, non è, anzi, più saggia, seppure inedita, la via di due comunita confederate? Sono oramai molti a crederlo. Città degli stranieri, culla dei monoteismi, residenza dell'Altro sulla terra, anche per i laici, Gerusalemme è quel luogo dell'ospitalità che resiste a una forzata e artificiosa spartizione. Yerushalaim, capitale di Israele — chi potrebbe non riconoscerlo? — ma anche soglia che Israele è chiamato a oltrepassare. Come ha già fatto — è bene ricordarlo — con la libertà di culto. Ogni rivendicazione nazionalistica, da ambo le parti, è fuori luogo. Qui dove si richiederebbero mitezza, prudenza, perspicacia, l'atto arrogante e fragoroso del trumpismo danneggia sia israeliani sia palestinesi. E tuttavia, proprio perché è lo scoglio teologico contro cui urta la politica, Gerusalemme può divenire modello extrastatale e banco di prova di future lungimiranti relazioni fra i popoli.

Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, telefonare 02/62821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@corriere.it

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