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Corriere della Sera Rassegna Stampa
26.11.2017 Le moschee in Belgio dove si insegnava il terrorsimo
Cronaca di Paolo Valentino

Testata: Corriere della Sera
Data: 26 novembre 2017
Pagina: 16
Autore: Paolo Valentino
Titolo: «Il Belgio rompe il patto del Re con l'Arabia Saudita»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 26/11/2017, a pag.16, con il titolo "Il Belgio rompe il patto del Re con l'Arabia Saudita" la cronaca di Paolo Valentino.

Finalmente il Belgio si rende conto del terroridmo islamico e delle sue radici. Il titolo non corrisponde al testo, l'Arabia Saudita, se il principe ereditario Mohammed bin Salman realizzerà le riforme promesse, non sarà più la stessa di prima.

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Paolo Valentino                   Bruxelles, la grande moschea

Tutto cominciò con un incendio. Il 22 maggio 1967 le fiamme scatenate da un corto circuito distrussero i Grandi Magazzini de l'Innovation a Bruxelles, causando la morte di 323 persone. Fu una tragedia nazionale, che ebbe vasta eco in tutto il mondo e commosse personalmente anche re Faisal d'Arabia Saudita, in visita ufficiale in Belgio pochi giorni dopo la disgrazia. Il sovrano arrivò nel regno di Baldovino, portando un generoso dono in denaro per le famiglie delle vittime. Per ringraziarlo, il re belga gli offrì, attraverso la mediazione del ministro della Giustizia dell'epoca, il vecchio padiglione orientale, monumentale edificio sopravvissuto all'Esposizione Universale del 1897 nel Parco del Cinquantenario, dove venne deciso di fondare il Centro islamico e culturale del Belgio, con la missione di «rafforzare la vita spirituale dei musulmani residenti in Belgio» e aprire al più presto una o più moschee, nonché una rete di scuole coraniche. Un regalo inestimabile per i sovrani wahabiti, fatto dai belgi anche per assicurarsi forniture di petrolio negli anni della prima crisi energetica: alla futura Grande Moschea di Bruxelles, inaugurata nel 1978 dopo un costoso restauro a spese della casa dei Saud, il Belgio offrì un affitto gratuito per 99 anni e lo status di associazione internazionale senza scopo di lucro. Fu l'atto di nascita dell'influenza del salafismo saudita in Belgio. Cinquant'anni dopo, gli attentati del 2105 a Parigi e del 2016 a Bruxelles alle spalle, la scoperta che dal territorio belga è partito in rapporto alla popolazione il maggior numero di foreign fighters per combattere nelle file dell'Isis, la presenza di un vero e proprio santuario jihadista a Molenbeeck, alle porte della capitale, il Belgio finalmente ci ripensa e vuole cancellare la convenzione con Riad del 1969. Secondo informazioni di Le Monde, una delegazione belga si è recata pochi giorni fa con questo scopo nella capitale saudita. Dopo aver appaltato di fatto la gestione del culto musulmano alla Lega islamica mondiale, braccio ideologico e finanziario del panislamismo saudita, il Belgio vuole riprenderne il controllo. Una commissione parlamentare d'inchiesta, costituita dopo gli attacchi dello scorso anno, ha definito una «minaccia per lo Stato di diritto» la predicazione «salafo-wahabita» che si dipana dalla Grande Moschea e ha concluso che bisogna ridimensionarla. Ad alimentare queste preoccupazioni, hanno contribuito anche le dichiarazioni molto ambigue a proposito del rispetto del principi della Costituzione belga, rilasciate da due dirigenti della Moschea, durante la loro audizione davanti alla commissione. Non ci sono ovviamente prove fumanti di connessioni dirette tra la Grande Moschea e le reti terroristiche di Molenbeek. Ma è un fatto che alcuni anni fa, un direttore del Centro Islamico, Khalid Alabri, venne espulso per il suo ruolo nella diffusione della dottrina estremista salafita. Un altro imam è stato cacciato di recente per le sue prediche incendiarie. Pressati dai parlamentari, governo e diplomazia del Belgio sono all'offensiva. Ci sono stati incontri e riunioni con il segretario generale della Lega islamica mondiale e il ministro saudita per Affari del culto. Mentre il segretario di Stato belga alle migrazioni, Theo Francken, del Partito nazionalista fiammingo, ha detto in un tweet che rifiuterà da questo momento «ogni importazione di imam» e che «l'influenza straniera deve diminuire». Paradossalmente l'azione del Belgio può trovare oggi accoglienza favorevole nel regno saudita, sottoposto alla cura shock di Mohammad bin Salman, il giovane erede al trono  e di fatto reggente, deciso a modernizzare il Paese. Uno dei filoni della sua battaglia riformista, oltre alla lotta alla corruzione, è infatti l'ambizione di affrancare la monarchia dalla tutela soffocante e retrograda del clero religioso wahabita, da sempre alleato imprescindibile della casa dei Saud. In un'intervista al New York Times, che sta suscitando molto rumore in Medio Oriente, Bin Salman ha detto di «voler promuovere un Islam moderato, equilibrato che sia aperto al mondo e a tutte le religioni, tradizioni e Popoli».

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