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Corriere della Sera Rassegna Stampa
29.10.2017 Michel Onfray: 'L'Occidente in declino'
Intervistato da Stefano Montefiori

Testata: Corriere della Sera
Data: 29 ottobre 2017
Pagina: 2
Autore: Stefano Montefiori
Titolo: «La decadenza dell'Occidente»

Riprendiamo dal CORRIERE DELLA SERA - LETTURA di oggi, 29/10/2017, a pag. 2, con il titolo "La decadenza dell'Occidente", l'intervista di Stefano Montefiori a Michel Onfray.

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Stefano Montefiori

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Michel Onfray

Una mattina dell'aprile 2016 Michel Onfray si trova a Cartagine, in Tunisia. E uno degli intellettuali più celebri, prolifici e controversi di Francia, capace di grandi slanci e di antipatie senza appello. Per esempio ama Michel Houellebecq, al quale dedicherà un saggio definendolo «specchio del nichilismo», e detesta Emmanuel Macron, «piccolo narciso». La Francia che elegge un presidente progressista e ottimista trova in Onfray un filosofo totalmente all'opposto. Guardando le rovine di Cartagine, si mostra persuaso che «la rovina è veramente la legge di tutto quel che esiste: dal più umile degli uomini alla più maestosa delle civiltà. La civiltà giudaico-cristiana ha provocato rovine prima di sgretolarsi e diventare presto anch'essa una rovina simile a quelle di Stonehenge, di Babilonia, di Palmira, di Atene o di Roma». Anzi, una rovina ce l'abbiamo già: è la Sagrada Familia, a Barcellona, consacrata da Papa Benedetto XVI nel 2010 senza essere mai stata finita. «La Sagrada Familia è in rovina e il Papa che l'ha consacrata ha dato le dimissioni». Simbolo più potente non si poteva trovare. Decadenza, il nuovo saggio di Michel Onfray edito da Ponte alle Grazie, parte da qui.

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Nel libro dice di procedere come un medico che constata freddamente il grado di avanzamento della malattia. Quali sono i sintomi che la fanno parlare di decadenza della civiltà giudaico-cristiana? «Intanto il fatto che leggi chiaramente anticristiane vengano approvate da molti anni senza che la Chiesa possa farci nulla: contraccezione, aborto, divorzio, matrimonio omosessuale, procreazione medicalmente assistita per le coppie gay o con maternità surrogata che è lo stadio successivo, perché è l'uguaglianza che giustifica queste lotte e le coppie di uomini pretenderanno di fare anche loro dei figli. In che modo, se non con la maternità surrogata? Poi: la crisi delle vocazioni religiose e il fatto che i sacerdoti di oggi si preoccupino più di immanenza che di trascendenza. Papa Francesco in effetti preferisce la celebrazione della globalizzazione, l'ecumenismo con l'Islam e l'abolizione delle frontiere piuttosto che le questioni dogmatiche, ambito che invece era la preoccupazione principale di Benedetto XVI il quale, infatti, non ha dato le dimissioni per caso. Dal Concilio Vaticano II in poi, il cattolicesimo è diventato una fabbrica del vivere insieme", come si dice con questa formula che finisce per rincretinire. Infine perché la morale cristiana non è più attraente in un mondo dove si rivendicano la postverità, il postumanesimo, la poststoria come traguardi indiscutibili a cui tendere a tutta velocità».

Questa decadenza della civiltà giudaicocristiana porta con sé quella dell'Occidente? I due termini si equivalgono? «Sì, perché l'Occidente è la forma politica assunta da questa civiltà dopo che Costantino ha convertito l'Impero romano al cristianesimo all'inizio del IV secolo. La conversione si è allargata a macchia d'olio per secoli fino a costituire l'Europa come la conosciamo oggi, che si è costruita quindi sulla spiritualità cristiana. La civiltà sposa la vitalità della spiritualità e viceversa. Fino a quando queste vitalità si esauriscono e la civiltà crolla».

Lei è ateo e autore di un celebre «Trattato di ateologia». Perché non si rallegra della fine di una civiltà fondata sulla religione? «Perché l'ateismo, momento di negatività, non è stato seguito da un momento di positività. Nei miei libri questa positività esiste — La scultura di sé, La politica del ribelle, eccetera — ma nella storia, nella nostra storia, quel che è succeduto all'ateismo non è stata l'invenzione di nuove possibilità di esistenza, ma la generalizzazione del nichilismo e la sua estensione a qualsiasi cosa. La fine del senso prodotto dal cristianesimo ha così generato la fine di qualsiasi senso. E questo nichilismo non è più gioioso di quel che nega».

Qual è la differenza principale delta sua visione rispetto a quella di altri che l'hanno preceduta, per esempio Oswald Spengler e «II tramonto dell'Occidente»? «La mia è una lettura tragica, in altre parole né ottimista né pessimista. Metto all'inizio della mia filosofia della storia lo spegnimento di una stella che ha prodotto tutto ciò che costituisce il nostro universo, compreso il tempo. La mia lettura è quindi materialista e atea al massimo grado. Spengler è molto tedesco: difende la tesi di una morfologia delle civiltà che supporrebbe l'obbedienza di tutte agli stessi schemi, cosa che si inscrive nella grande tradizione dell'idealismo tedesco. Spengler pensa che negli stessi momenti le civiltà vivano le stesse cose. Da parte mia, credo che una civiltà sia un'istanza vivente e che, come qualsiasi altra istanza vivente, obbedisca alle leggi di ciò che vive. Nascita, crescita, potenza, culmine, decrescita, senescenza, deliquescenza e scomparsa. Ma penso anche che queste fasi siano relative alla civiltà in questione. Così come alcune persone muoiono prima del tempo nel ventre materno e altre vivono cent'anni, le civiltà hanno delle esistenze di durata aleatoria. Sotto sembianze falsamente vitaliste, Spengler era in effetti determinista e idealista. Per quanto mi riguarda, io sono francamente vitalista e materialista».

Fa risalire l'inizio della fine al Rinascimento. Perché? E perché questo processo si concluderebbe adesso? «Perché il mondo antico appare come possibile a fianco del mondo cattolico prima di sostituirsi a esso. Un sapere greco-romano si ritrova in tutti i campi: architettura e letteratura, poesia e filosofia, agricoltura e retorica, tragedia e commedia, storia e archeologia. La Bibbia non è più il solo libro che conterrebbe la verità di tutto il mondo. L'epicureismo, l'atomismo, lo stoicismo, il pirronismo, per fermarci alla sola filosofia, sono come polvere incendiaria sparsa nella cattedrale. Un giorno, basta una scintilla per dare fuoco a tutto l'edificio. Montaigne, Cartesio, l'Illuminismo hanno effettuato un lungo lavoro, del quale si raccolgono i frutti nichilisti dopo uno o due secoli».

Di solito non è critico nei confronti dell'arte contemporanea, ma tra le prove a carico della nostra civiltà cita la «Merda d'artista» di Piero Manzoni. Perché? «Difendo l'arte contemporanea, assolutamente. Ma ne faccio un segno dell epoca nella quale si manifesta. La civiltà cristiana non ha potuto esistere che con l'arte che era al suo servizio: l'arte è il veicolo dell'ideologia che rende possibile la civiltà. Quando il cristianesimo crolla, l'arte crolla con lui. O almeno, esprime qualcos'altro: non più la grandezza del cristianesimo, ma le sue scorie. Quindi, quando Manzoni propone la sua Merda d'artista e questa diventa un'opera d'arte emblematica, essa diviene tale perché esprime l'epoca nella sua essenza».

In Francia, terra di laicità, si assiste tuttavia a un rilancio dell'impegno religioso, per esempio con il peso delle famiglie cattoliche tradizionaliste che hanno manifestato contro le nozze omosessuali. Non trova che esistano dei segni di una permanenza del fatto religioso cristiano nella nostra società? «Certo che esiste una permanenza del cristianesimo. Come esiste una permanenza del corpo del moribondo. Ma se questi cristiani manifestano, è proprio perché deplorano quel che accade. Prima della morte, non è ancora la morte, ma è ben presto la morte».

Se la civiltà giudaico-cristiana è destinata a scomparire, sarà rimpiazzata dall'islam? E la ragione per la quale lei cita Bin Laden? «Da Gesù a Bin Laden è una fascetta voluta dal mio editore francese... Ho acconsentito, certamente, perché sono io che ho scritto la frase nell'introduzione. Ma è un argomento scioccante e il rischio è che una frase si sostituisca a un libro di settecento pagine. Non posso fare previsioni, non rientra nelle prerogative del filosofo, anche se dopo Marx i filosofi non si sono astenuti dal comportarsi come le presentatrici del meteo... Vedo che la nostra civiltà crolla mentre l'Islam planetario si dimostra in grande salute perché dispone di un popolo reso unito da una trascendenza. Gli occidentali non condividono più alcuna trascendenza e l'immanenza nella quale vivono in comunità è quella del consumismo egotista e narcisistico. Il popolo islamico saldato dall'avere in comune una trascendenza dispone inoltre di un'avanguardia guerriera e di alcuni Paesi ricchi che hanno i mezzi per finanziare la loro jihad. Che cosa abbiamo noi da opporre al terrorismo, che è il nome che viene dato alla loro guerra che, per adesso, e tanto meglio, è lontana dal fare vittime a migliaia? E ricordo tra l'altro che nel giorno più sanguinoso della Grande guerra, il 22 agosto 1914, si contarono 27 mila morti dal solo lato francese... Con che cosa rispondiamo, noi? Con le candele e i peluche».

«Nessuno è disposto a sacrificare la sua vita per un ¡Phone», scrive in un passaggio a questo proposito. I jihadisti, al contrario, hanno una religione per la quale sono pronti a morire. Quindi lei osserva da un lato un Occidente fatto di adulti regrediti all'adolescenza o all'infanzia, deboli ed egoisti, e dall'altro un islam sicuro di sé e dei suoi valori. Eppure, a ogni attentato islamista, alcune persone rischiano la vita, istintivamente, per salvare un vicino che spesso neppure conoscono. È accaduto al Bataclan, alla stazione di Marsiglia, anche a Turku, in Finlandia. Senza pensarci troppo, c'è chi reagisce e si getta o contro l'aggressore o a fare da scudo a un'altra persona. Questo coraggio non contraddice un po' la sua visione degli occidentali sempre molli e decadenti? «Che l'individuo sia capace di coraggio, questo evidentemente non è da mettere in dubbio. Ci sono stati in effetti atti di eroismo che onorano chi li ha compiuti, in occasione degli attacchi. Ma la questione qui non è che ci siano qua e là degli eroi che agiscono per conto proprio, ma che degli Stati abbiano fallito su questa questione e che diano come unica risposta ai morti per terrorismo un aumento dei bombardamenti contro lo Stato islamico. Lo Stato francese decora questi eroi all'Eliseo, ma è lo stesso Stato che dovrebbe agire bloccando il terrorismo alla fonte, in altre parole conducendo un'altra politica nei confronti dei Paesi musulmani contro i quali, al seguito degli Stati Uniti, siamo in guerra dal mi. Una guerra che, ricordiamolo perché non viene mai detto, ha fatto oltre quattro milioni di morti dal lato dei musulmani».

Lo Stato islamico ha perso la maggior parte dei suoi territori, Raqqa e Mosul sono cadute. Il jihadismo non è morto, certo, ma per il momento non appare in grado di organizzare attentati di grande respiro. L'Europa è colpita da micro-attacchi tragici, certo, ma ai quali le nostre società sembrano rispondere con solidità e sangue freddo. Vede ancora un rischio di guerra civile? «Gli attentati, purtroppo, continueranno, perché hanno poco a che fare con lo Stato islamico... Allo Stato islamico basterebbe un solo metro quadrato di territorio per permettergli di decretarsi tale in modo virtuale e disporre della stessa forza di attrazione ideologica. Crede che Bin Laden disponesse di uno Stato per organizzare l'u settembre? Quanto alla solidità e al sangue freddo, a me sembrano piuttosto sconcerto e impotenza: spegnere la Tour Eiffel a mezzanotte per rispondere al terrorismo con ogni probabilità non sarebbe stata la reazione del generale de Gaulle».

Secondo lei non ci resta che «affondare con eleganza», e darà consigli su come fare nel prossimo volume, «Saggezza» (dopo «Cosmo» e «Decadenza»), della trilogia «Breve enciclopedia del mondo». Può darci qualche anticipazione? «Per affondare con eleganza farò l'elogio di Roma! Più precisamente un elogio della filosofia romana contro la filosofia greca. Roma ha avuto il senso del reale e del concreto; Atene quello delle idee e dei concetti. Ho sempre preferito Roma che, del resto, è stato il mio primo viaggio all'estero quando ero ragazzo... Non avevo neanche vent'anni, volevo vedere il foro romano e morire! O quasi... Saggezza darà una risposta a questa questione: come vivere in un Impero che sta crollando».

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