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Corriere della Sera Rassegna Stampa
04.09.2017 Corea del Nord, Ian Bremmer come Robert Kaplan: la paura dell'Occidente di agire
Lo intervista Massimo Gaggi

Testata: Corriere della Sera
Data: 04 settembre 2017
Pagina: 3
Autore: Massimo Gaggi
Titolo: «'L’America non attaccherà: il Pentagono vuole negoziare'»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 04/09/2017, a pag. 3, con il titolo "L’America non attaccherà: il Pentagono vuole negoziare", l'intervista di Massimo Gaggi a Ian Bremmer.

Ecco il giudizio di Ian Bremmer su Kim Jong.un: " ... Ma non si può certo liquidare Kim cone un cialtrone: non solo in un anno ha fatto fare al suo programma nucleare più progressi di quelli registrati durante i decenni di dittatura di suo padre, ma ha anche ottenuto enormi progressi nello sviluppo dell’agricoltura e delle infrastrutture, riuscendo ad aggirare le sanzioni."

Le parole di Ian Bremmer richiamano l'analisi di  Robert Kaplan che abbiamo pubblicato e commentato ieri su IC (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=6&sez=120&id=67492). Per questo riproponiamo il nostro intervento di ieri:

Leggere con attenzione l'analisi di Robert Kaplan- membro del Center for New American Security - per capire la deriva a cui può giungere l'Occidente. E' un nuovo Kaplan che abbiamo di fronte, lo ricordavamo acuto interprete della politica americana e internazionale.
Ecco tutto ciò che non condividiamo:
1) Il paragone tra Stati Uniti con Russia e Cina. Trump potrà non essergli simpatico, ma l'America è una democrazia vera, Russia e Cina due sistemi dittatoriali, poco importa se le loro economie, divenute globali, non sono più quelle del periodo comunista. Kaplan chiama "autoritarismo illuminato"
il regime di Pechino!
2) "
Se un numero esiguo di voti si fosse distribuito diversamente in tre Stati, oggi Donald Trump non sarebbe presidente", scrive Kaplan, ma guarda che scoperta! e lo scrive non un ignorante saccente, ma un membro di un famoso think thank.
3)" ....
l’Unione Europea, che oggi nonostante tutti i suoi difetti resta l’unico sistema in grado di integrare e stabilizzare l’Europa centrale e orientale, soprattutto i Balcani ancora irrequieti." Da quanto scrive, Kaplan non è più informato sui problemi che la UE non è ancora riuscita a risolvere, e lui la paragona a un impero! Qualcuno dovrebbe informarlo sullo stato di salute della UE, e non ci riferiamo solo ai migranti.
4) Poi scrive "
La guerriglia è implicita nella condizione umana. La guerra postmoderna, con l’uso di armi convenzionali, informatiche e perfino nucleari a contaminazione ridotta, sarebbe impossibile da limitare." Se ne deduce che per Kaplan è inutile cercare di impedire alla Corea del Nord di usare oggi l'arma nucleare e, domani, all'Iran. Se è questa l'idea di sicurezza che propone il suo 'Centro americano per la Sicurezza'- ma ci siamo dentro anche noi europei- allora siamo veramente mal messi.

Ecco l'articolo:

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Massimo Gaggi

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Ian Bremmer

«Donald Trump paga il fallimento delle politiche verso la Corea del Nord dei suoi predecessori: Clinton, Bush e Obama. E, obiettivamente, non ha molte opzioni a disposizione per affrontare questa difficilissima crisi. Ma quello che sta facendo è profondamente sbagliato e pericoloso, al di là della gravità della minaccia rappresentata da Kim Jong-un: attaccando Seul per i suoi sforzi diplomatici e puntando nel momento più sbagliato alla cancellazione del trattato commerciale con la Corea del Sud, il presidente rischia di spingere questo alleato tra le braccia della Cina e di rendere ancor più instabili le alleanze con i partner degli Usa in Estremo Oriente». Dopo il nuovo test nucleare nordcoreano a preoccupare Ian Bremmer, fondatore e capo di Eurasia, più ancora della possibilità di una nuova guerra, è il rischio che con le sue mosse avventate Trump metta in pericolo lo stesso ruolo svolto dall’America negli ultimi 70 anni nell’Asia affacciata sul Pacifico.

Non teme il ricorso a un’opzione militare che Trump non esclude? «Prima di lasciare la Casa Bianca, Steve Bannon disse che un’opzione militare in Corea non esiste. In realtà c’è, ma è utilizzabile solo in casi davvero estremi perché le conseguenze sarebbero gravissime. Non credo che Trump farà questo passo e non credo che, se lo facesse, James Mattis, il capo del Pentagono, eseguirebbe l’ordine. Si dimetterebbe piuttosto che attaccare scatenando una reazione disastrosa: rischierebbero di perdere la vita non solo centinaia di migliaia di sudcoreani ma anche decine di migliaia di americani dei contingenti militari dislocati nel Paese alleato. Anche a Seul, a pochi chilometri dalla frontiera. E Rex Tillerson, il capo del dipartimento di Stato, lo seguirebbe a ruota. Trump dovrebbe dare di persona gli ordini».

Kim Jong-un è un pazzo con cui non si può negoziare? «Difficile giudicare psicologia e stabilità mentale di un dittatore feroce, con poteri assoluti, che impone un’inaudita violenza di Stato. Ma non si può certo liquidare Kim cone un cialtrone: non solo in un anno ha fatto fare al suo programma nucleare più progressi di quelli registrati durante i decenni di dittatura di suo padre, ma ha anche ottenuto enormi progressi nello sviluppo dell’agricoltura e delle infrastrutture, riuscendo ad aggirare le sanzioni. Ha fatto cose che altri dittatori, da Saddam Hussein a Gheddafi ad altri come quello del Turkmenistan non sono mai riusciti a fare. E vuole un forte deterrente nucleare per non essere spazzato via come i leader di Iraq e Libia che avevano commesso crimini umanitari meno gravi dei suoi».

Esiste ancora un sia pur stretto sentiero diplomatico? La Cina si sta impegnando? «Trump coi suoi “tweet” sbrigativi lo esclude. E anche qui è in contrasto con Mattis e Tillerson che, invece, puntano sul negoziato. Come i sudcoreani, aspramente redarguiti dal presidente. L’America su un doppio binario: è molto pericoloso. La Cina dà una mano ma non si espone più di tanto. Mi aspetto che Trump accentui le pressioni su Pechino usando l’arma commerciale».

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