mercoledi` 01 maggio 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Corriere della Sera Rassegna Stampa
28.08.2017 Gli odiatori dell'America che chiudono entrambi gli occhi sulle dittature
Editoriale di Angelo Panebianco

Testata: Corriere della Sera
Data: 28 agosto 2017
Pagina: 1
Autore: Angelo Panebianco
Titolo: «Le minacce (reali) dei regimi»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 28/08/2017, a pag. 1-28, con il titolo "Le minacce (reali) dei regimi", l'editoriale di Angelo Panebianco.

Risultati immagini per Angelo Panebianco
Angelo Panebianco

Immagine correlata

Si sa che lo Stato di Israele, anche se non lo ha mai ammesso ufficialmente, possiede l’arma atomica. Ma neppure i suoi più viscerali nemici pensano che Israele potrebbe lanciare «a freddo» un attacco nucleare contro gli Stati (come l’Iran) che ogni giorno ne invocano la distruzione. Invece, il possesso di missili intercontinentali armati di testate atomiche da parte della Corea del Nord terrorizza tutti: gli americani (Guam è un possibile bersaglio), il Giappone, la Corea del Sud.

Come mai? Ovviamente, questa disparità di atteggiamenti e di aspettative ha una spiegazione semplice, dipende dalla diversa natura dei due regimi politici. L’uno è una democrazia sottoposta a vincoli interni ed esterni: potrebbe ricorrere all’arma nucleare solo in presenza di una minaccia militare devastante, di un concreto rischio di annientamento da parte dei suoi nemici. Invece, le armi nucleari di un regime totalitario nel quale il dittatore è libero di fare quello che gli pare (i cinesi, almeno fino ad oggi, lo hanno permesso), fanno paura a prescindere. Questa spiegazione dovrebbe risultare ovvia, banale. Ma non lo è. Per lo meno, non lo è per tanti europei. Molti sembrano pensare che non esista alcun rapporto fra la natura di un regime politico e il suo modo di stare nella comunità internazionale. Osservano che anche le democrazie sono guidate dal loro interesse e spesso lo perseguono calpestando gli interessi altrui. Ciò è verissimo ma non toglie che le differenze ci siano e siano visibili.

Come mai? Ovviamente, questa disparità di atteggiamenti e di aspettative ha una spiegazione semplice, dipende dalla diversa natura dei due regimi politici. L’uno è una democrazia sottoposta a vincoli interni ed esterni: potrebbe ricorrere all’arma nucleare solo in presenza di una minaccia militare devastante, di un concreto rischio di annientamento da parte dei suoi nemici. Invece, le armi nucleari di un regime totalitario nel quale il dittatore è libero di fare quello che gli pare (i cinesi, almeno fino ad oggi, lo hanno permesso), fanno paura a prescindere. Questa spiegazione dovrebbe risultare ovvia, banale. Ma non lo è. Per lo meno, non lo è per tanti europei. Molti sembrano pensare che non esista alcun rapporto fra la natura di un regime politico e il suo modo di stare nella comunità internazionale. Osservano che anche le democrazie sono guidate dal loro interesse e spesso lo perseguono calpestando gli interessi altrui. Ciò è verissimo ma non toglie che le differenze ci siano e siano visibili.

Immagine correlata
Una parata in Corea del Nord

C’è, ad esempio, molta gente in Europa che, in odio agli americani, preferirebbe sostituire all’alleanza con gli Stati Uniti un’alleanza con la Russia, affidare la propria sicurezza ai russi. Fingono di non sapere (o non sanno) che passare da una alleanza con una democrazia autentica — che resta tale persino nell’epoca di Trump — a una alleanza con un regime autoritario (o, se si preferisce, con una democrazia illiberale) significa accettare che, alla lunga, si verifichino cambiamenti nella qualità della propria vita pubblica, accettare che il nuovo alleato vi inietti veleni autoritari. Come la Russia, in versione zarista, sovietica, o post-comunista, ha sempre fatto per secoli. D’altra parte, non è forse un fatto che la Turchia laica forgiata da Atatürk (il fondatore della Turchia moderna) avesse una politica estera filoccidentale e che quella politica estera sia cambiata drasticamente a seguito della (ri)islamizzazione forzata e degli sviluppi autoritari imposti dal partito di Erdogan al Paese? Naturalmente, non sempre, nella sottovalutazione di queste differenze, gioca solo l’ignoranza. Talvolta, conta la malizia. Ci sono persone per le quali il regime più efferato, anche quello che, a prescindere dalla sua politica estera, fa tanto male ai propri sudditi (uccidendoli, condannandoli alla fame, facendoli vivere nella paura) è comunque meglio di una democrazia occidentale. È l’avversione per la civiltà liberale a guidarne i giudizi. Si pensi alle simpatie di cui gode, in certi ambienti occidentali, Hamas. È vero che non tutti i regimi illiberali sono aggressivi e pericolosi.

Qualche volta la loro aggressività verso l’esterno è solo verbale. Ma ciò non significa che siano degni di rispetto, men che mai che possano essere indicati come un modello da imitare. Non c’era bisogno di aspettare le ultime mosse del presidente Maduro per capire che cosa fosse diventato il Venezuela, che cosa fosse già all’epoca di Chávez. Ma siccome i suddetti caudillos si opponevano al «capitale finanziario internazionale», ossia agli Stati Uniti, per alcuni erano comunque degni di applauso. È sempre stato sia tragico che ironico vedere tanti sedicenti antifascisti applaudire qualunque regime fascistoide purché nemico giurato delle «democrazie plutocratiche e reazionarie» (copyright di Benito Mussolini). Il suddetto applauso è sempre stato giustificato facendo riferimento a un presunto impegno del regime in favore della «giustizia sociale». Infatti, è assai frequente che gli autoritarismi, di destra o di sinistra, si facciano carico — con politiche populiste — dei «poveri», dei descamisados (tanto cari ai peronisti argentini). Se vuoi distruggere impunemente le libertà civili e politiche devi per forza ridistribuire massicciamente risorse a favore del «popolo». Nel medio termine, ciò provocherà l’impoverimento generale (anche il popolo starà peggio di prima) ma nel breve periodo fornirà al regime il consenso di cui ha bisogno.

Questo per quanto riguarda i regimi autoritari che pure non rappresentino una incombente minaccia per i loro vicini. Quando però, anche in politica estera, si passa dalle parole ai fatti (come la Corea del Nord che si è armata nel modo in cui si è visto), il regime in questione mette paura a tutti. Nessuno può sapere se il dittatore tirerà o no il grilletto. Né d’altra parte può essere una soluzione un attacco preventivo, cosiddetto «chirurgico», volto a distruggerne la capacità nucleare. Poiché è sempre possibile, in questi casi, che al dittatore e alla sua cricca resti ancora una possibilità di lanciare un attacco devastante contro la popolazione civile di qualche altro Paese. Per i cinesi la Corea del Nord ha sempre avuto un doppio significato strategico, difensivo e offensivo. È lo Stato-cuscinetto (e satellite) che impedisce alla Corea del Sud, alleata degli americani, di installarsi alla frontiera con la Cina. Ma è anche la spina che, dai tempi della guerra di Corea (1950-1953), essi tengono ben piantata nel fianco degli Stati Uniti. Adesso che la suddetta spina è entrata anche nel loro fianco si spera che trovino il modo per risolvere il problema. A noi, qui, mentre aspettiamo col fiato sospeso gli sviluppi di una crisi che corre il rischio di degenerare, prima o poi, in un confronto nucleare, non resta che meditare sulle differenze che corrono fra le democrazie e gli altri.

Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, telefonare 02/62821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@corriere.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT