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Corriere della Sera Rassegna Stampa
23.08.2017 Ebrei italiani: due libri
Commento di Paolo Salom

Testata: Corriere della Sera
Data: 23 agosto 2017
Pagina: 41
Autore: Paolo Salom
Titolo: «In trincea con la stella di Davide. Gli ebrei sul Piave e nel XXI secolo»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 23/08/2017, a pag.41, con il titolo " In trincea con la stella di Davide. Gli ebrei sul Piave e nel XXI secolo", il commento di Paolo Salom

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Il 10 del mese di Sivan 5675 è un giorno spartiacque per gli ebrei italiani. La data lunare corrisponde infatti al 23 maggio 1915, ovvero la domenica «fatale»in cui il giovane Regno dichiarò guerra all’Austria-Ungheria. Il processo trentennale che aveva portato gli italiani «di fede israelitica» a condividere diritti e doveri, a diventare — per la prima volta in oltre duemila anni di presenza — pieni cittadini dello Stato, culmina nell’adesione allo storico momento: dei 35 mila ebrei sudditi dei Savoia, oltre 5 mila (ovvero il 15 per cento) vestiranno la divisa e parteciperanno in prima fila agli assalti, alla vita di trincea, alle immani sofferenze che il primo conflitto mondiale avrebbe portato alla nazione. Quattrocentocinquanta tra loro (quasi il 10 per cento) non torneranno alle proprie famiglie, 150 saranno decorati per atti di valore. Gli ebrei e l’Italia, probabilmente, non conobbero più un rapporto così intimo, entusiastico, compartecipe dello spirito risorgimentale e di costruzione dello Stato. Il processo di «italianizzazione», una volta cadute le porte dell’ultimo ghetto, quello della Roma papalina (1870), era stato velocissimo. Gran parte di loro avevano dimenticato ben presto l’uso dell’ebraico (solo il giudeo-romanesco e poche altre parlate ibride rimasero nell’uso quotidiano delle comunità). Emersi al mondo circostante, gli ebrei (con qualche fatica iniziale) avevano fatto dell’italiano la loro lingua franca e affrancatrice. Almeno fino a quando la realtà — con le leggi razziali del 1938 — non tornò a rinchiuderli in uno spazio ancor più angusto dei ghetti: perché le libertà conquistate, l’uguaglianza raggiunta furono estirpate nell’incredulità dei più (e nell’azione dei molti, dai fratelli Rosselli a Leone Ginzburg, che sacrificarono la loro vita per l’ideale democratico). Prove indicibili dovevano ancora venire: la Seconda guerra mondiale (e stavolta gli ebrei ne furono esclusi ope legis ), l’occupazione nazista, la Shoah, lo sterminio di 9 mila anime nelle camere a gas. E poi l’Italia repubblicana, il ritorno alla dignità di cittadini, seppur con cicatrici profonde, ricordi e incubi che avevano come conseguenze contrapposte il desiderio di alcuni di rimarcare la propria identità ebraica, mentre altri cercavano l’oblio di sé in un’assimilazione totale. Dunque, chi sono gli ebrei d’Italia in questo scorcio di XXI secolo? Due corposi libri usciti di recente hanno il pregio di consegnarci il percorso affrontato dagli israeliti con nomi, cognomi e protagonisti in cent’anni di storia patria. Parliamo di Moisè va alla guerra di Paolo Orsucci Granata (Salomone Belforte & C.); e di Ebreo chi? Sociologia degli ebrei italiani oggi , a cura di Ugo G. Pacifici Noja e Giorgio Pacifici (Jaca Book). Entrambi testi fondamentali per capire come gli eventi attraversati dal nostro Paese abbiano impresso in una «minoranza religiosa» i tratti che oggi rendono gli ebrei italiani quello che sono: cittadini a pieno titolo e tuttavia ancora insicuri del ruolo sul suolo nazionale; uomini e donne orgogliosi del proprio retaggio e ancora convinti portatori di un’italianità che è sopravvissuta a qualunque sfregio subito. In Moisè va alla guerra , per esempio, si coglie pienamente lo spirito di una giovane nazione che aveva totalmente rapito gli ebrei italiani, tanto che a decine avevano aderito ai moti risorgimentali. La seconda prova, quella della Grande guerra, li trovò pronti. Se i singoli appartenenti alla diverse comunità storiche entrarono volontariamente (o magari perché di leva) nelle varie armi, l’Esercito regio seppe arruolare anche diversi rabbini (troppo pochi secondo un articolo del «Vessillo israelitico» del 1916) perché portassero conforto ai correligionari nelle trincee, nel contempo componendo nuove preghiere (in ebraico) per la patria in armi. Nel volume è compreso anche un Censimento ragionato degli ebrei italiani al fronte , con le generalità, il grado e le azioni dei combattenti (c’è anche un antenato di chi scrive, Attilio Salom, nato a Padova nel 1880, sottotenente di fan-teria) e la riproduzione dell’ Agenda del soldato dell’anno 1916, compilata con le note a mano di Gastone Orefice: un tuffo nel passato. L’altro volume, Ebreo chi? , oltre alla prefazione di Furio Colombo, raccoglie invece i saggi di diversi autori contemporanei, da Umberto Abenaim a Angelica Calò Livne, Roberto Della Rocca, Sergio Della Pergola, Anna Foa, gli stessi curatori e altri ancora. Qui, in lunghi e dotti contributi che spiegano nei dettagli vicende storiche e giuridiche, scelte personali, «ritorni» all’ebraismo (o fughe), si chiude la parabola iniziata con l’Unità d’Italia, una linea continua che in alcuni casi arriva a lambire la Terra d’Israele, aprendo nuovi orizzonti. Che, possiamo immaginare, saranno trattati più avanti.

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