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Corriere della Sera Rassegna Stampa
05.01.2017 Dossier Tzahal: una cronaca tra equilibrio e condanna
Cronaca di Davide Frattini - Avvenire, Messaggero, Unità

Testata: Corriere della Sera
Data: 05 gennaio 2017
Pagina: 15
Autore: Davide Frattini
Titolo: «Le divisioni di Israele sul soldato che uccise un palestinese a freddo»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 05/01/2017, a pag. 15, con il titolo "Le divisioni di Israele sul soldato che uccise un palestinese a freddo", la cronaca di Davide Frattini. L'unica che riportiamo interamente. Per le altre testate, soltanto i nostri commenti. 

La cronaca di Frattini è puntuale nella ricostruzione dei fatti, ma la scelta delle parole in più di un'occasione è fuorviante: per esempio la descrizione dei manifestanti per l'assoluzione di Azaria come "di estrema destra" e del terrorista colpito semplicemente come "un palestinese" e non come pericoloso terrorista in grado di colpire ancora. Per questo la cronaca di Frattini è intermedia - quanto a fedeltà ai fatti - tra i pezzi più puntuali e quelli del tutto disinformanti, pubblicati in altra pagina di IC.

Avvenire, a pag. 13, pubblica sulla vicenda il pezzo a firma B.U. Come nella cronaca di Frattini, i fatti vengono ricostruiti in modo completo ma l'esordio è fazioso: "Un soldato israeliano (...) aveva ucciso un giovane palestinese che poco prima aveva assalito un suo commilitone". Anche in questo caso, non compare la parola corretta per definire il "palestinese", ovvero "terrorista" e l'assalto era consistito in un accoltellamento.

Il Messaggero, a pag. 13, pubblica una cronaca/commento di Simona Verrazzo più equilibrata rispetto ai pezzi su Corriere e Avvenire, ma anche in questo caso non compare la parola fondamentale, "terrorista", per definire l'attentatore palestinese.

Anche sull' Unità, a pag. 7, compare una cronaca non firmata ma dettagliata. Non è un pezzo di disinformazione contro Israele o in cui esiste una sola versione dei fatti, ma anche in questo caso il terrorista non viene definito come tale.

In tutti i pezzi citati il terrorista palestinese assume il ruolo della vittima e non quello di chi aveva cercato di uccidere.

Ecco l'articolo di Davide Frattini:

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Davide Frattini

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El'or Azaria

Per sei mesi Nadav Weissman ha lasciato il completo due pezzi grigio e la cravatta nell’armadio. Ha indossato la divisa con le mostrine da tenente colonnello, richiamato in servizio come ufficiale riservista dallo Stato Maggiore che non voleva e non poteva perdere questa battaglia. Weissman, uno degli avvocati più temuti e pagati d’Israele, ha costruito testimonianza dopo testimonianza l’accusa contro il sergente Elor Azaria e i tre giudici della corte militare ieri gli hanno dato ragione su tutti i punti. Maya Heller ha letto per tre ore il verdetto che ha smontato i tentativi della difesa, mentre fuori dal tribunale a Tel Aviv i manifestanti di estrema destra si scontravano con la polizia: il processo ha diviso la società israeliana, ha creato una spaccatura anche tra il governo e l’esercito. Gli oltranzisti e gli ideologi delle colonie hanno sventolato come un simbolo quegli undici minuti di una mattina di fine marzo a Hebron, quando il palestinese Adb Fatah-Al Sharif è stato freddato da Azaria mentre giaceva ferito a terra dopo aver tentato di accoltellare un soldato di guardia a un posto di blocco.

Autodifesa e giusta rappresaglia — «i terroristi vanno eliminati» — hanno gridato gli ultrà della politica. Omicidio colposo hanno decretato i giudici che non hanno accettato il racconto di Azaria e gli hanno addebitato la volontarietà: il soldato ha sostenuto di sentirsi minacciato dall’assalitore arabo, ancora si muoveva, la fucilata — ha ripetuto la difesa — avrebbe salvato il sergente e i commilitoni. Una versione smentita dal suo comandante e da un video girato da un’attivista di B’Tselem, l’organizzazione pacifista che denuncia gli abusi contro i palestinesi commessi dai soldati israeliani in Cisgiordania. La procura militare aveva incriminato il soldato, oggi ventenne, perché il 24 marzo del 2016 «aveva violato le regole d’ingaggio senza giustificazione operativa, il terrorista non rappresentava una minaccia immediata per l’accusato o le altre persone presenti». Il premier Benjamin Netanyahu invoca il perdono immediato. Naftali Bennett, ministro dell’Educazione e capo del partito dei coloni, esalta l’atto di Azaria: «Ha ucciso un terrorista che meritava di morire, che stava cercando di colpire un altro militare. Non può essere ammanettato e condannato come un criminale».

Avigdor Liberman, il ministro della Difesa, invita il «popolo israeliano a essere vicino alla famiglia» ma chiede di non criticare l’esercito e lo Stato Maggiore. Perfino Shelly Yacimovich, tra i leader laburisti all’opposizione, propone di valutare la possibilità della clemenza per evitare le fratture nel Paese «sull’orlo di esplodere». La grazia dovrebbe essere concessa dal presidente Reuven Rivlin, che per ora risponde: «È troppo presto». La sentenza con gli anni di condanna è attesa per il 15 gennaio. Netanyahu aveva chiamato il padre di Azaria prima dell’inizio del processo e aveva espresso il suo sostegno. Gli attacchi durissimi di altri ministri contro i comandanti avevano spinto Moshe Yaalon a lasciare il posto di ministro della Difesa. Da capo di Stato Maggiore, ha guidato le truppe negli anni della Seconda Intifada, delle operazioni in Cisgiordania e dei kamikaze palestinesi che si facevano saltare nelle città israeliane. Ha ritenuto inaccettabile che i politici accusassero i generali di vigliaccheria. Come ieri ha continuato a fare Miri Regev, la ministra della Cultura molto vicina a Netanyahu: «Questo processo non avrebbe mai dovuto cominciare, se Azaria ha violato le procedure, era necessaria solo una punizione disciplinare decisa dai comandanti. Il messaggio che mandiamo ai nostri soldati è: siete soli sul campo di battaglia, combattete per noi ma noi non vi proteggiamo».

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