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Corriere della Sera Rassegna Stampa
24.12.2016 L'Olanda reale e quella immaginaria
Tutti i pregiudizi di Maurizio Ferrera

Testata: Corriere della Sera
Data: 24 dicembre 2016
Pagina: 7
Autore: Maurizio Ferrera
Titolo: «Olanda, il boomerang identitario»

Riprendiamo da LETTURA del CORRIERE della SERA di oggi, 24/12/2016, a pag.7, con il titolo "Olanda, il boomerang identitario" il commento di Maurizio Ferrera.

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Se Maurizio Ferrera avesse iniziato il suo commento con le valutazioni sull'Olanda di oggi, forse avrebbe evitato di scrivere tutte le baggianate che formano la prima metà del suo articolo.  Wilders non è uno xenofobo, è un politico liberale che ha capito ciò che Ferrera si ostina a negare: l'invasione dell'Europa da parte dell'islam, che non è una religione di pace ma di conquista, con i risultati che Ferrera cita pure, e che in Olanda sono sotto gli occhi di tutti. Non è contro l'Europa, ma contro la politica di Bruxelles sull'accoglienza islamica indiscriminata. Perchè Ferrera non rivolge le stesse accuse alla Gran Bretagna dove  ha vinto Brexit ? Tutti xenofobi anche gli inglesi? Strano, nessuno li accusa di xenofobia.
E' vero, l'Olanda è stata quel grande paese che Ferrera descrive e che sarebbe rimasto tale, se... non fosse stato invaso da un islamisco scatenato, che uccide (Ferrera scrive anche i nomi delle vittime più famose).  Elezioni il 15 marzo: auguri Geert Wilders! 

Ecco l'articolo:

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Maurizio Ferrera

Non è fotogenico come Marine Le Pen, ma la sua folta chioma ossigenata lo rende altrettanto riconoscibile. Si tratta di Geert Wilders, la nuova star della politica olandese e presto, forse, europea. Il suo Partito della Libertà è infatti in cima ai sondaggi per le elezioni che si terranno il 15 marzo. L'Olanda può diventare il primo Paese con un leader dichiaratamente euroscettico e xenofobo. Nel programma di Wilders figurano un referendum sulla Nexit (l'uscita dei Paesi Bassi, Netherlands, dall'Ue), l'espulsione dei clandestini, la chiusura di tutte le moschee e i circoli islamici. Sarebbe un vero terremoto politico. Per la verità, Wilders era già entrato nell'area di governo dopo il successo elettorale del 2012. Appoggiò la coalizione fra i liberali e il premier democristiano Mark Rutte. Un anno dopo si rifiutò di firmare un accordo sulle riforme economiche, costringendo il Paese alle elezioni anticipate. Da allora, Wilders ha molto accentuato i tratti xenofobi. Nel 2014 chiese pubblicamente a un gruppo di sostenitori se volessero «meno Europa» e soprattutto «meno marocchini . La folla esultò e Wilders rispose: «Ce ne stiamo già occupando». Per quella frase è stato poi condannato per odio razziale e incitamento alla discriminazione. Non è però escluso che la vicenda finisca per avvantaggiarlo in termini di consenso. Come è potuto succedere tutto questo in una nazione aperta e civile come l'Olanda, culla del liberalismo europeo? Nel Rinascimento, Erasmo da Rotterdam fu tra i primi a predicare la tolleranza religiosa, a esortare al rispetto della dignità umana, a raccomandare la concordia e la pace attraverso l'uso sapiente della ragione. Nella sua polemica con Lutero, difese strenuamente il libero arbitrio. Quando le «Sette Province» olandesi si ribellarono alla corona spagnola, nel 1566, la loro Costituzione fu la prima a ispirarsi all'idea di un contratto fra sudditi e autorità politica, per evitare la tirannia. L'Olanda divenne un faro per tutti i perseguitati, uno spazio di libertà che attrasse anabattisti, sociniani, ugonotti, ebrei, scienziati e studiosi in odore di eresia. Fra i rifugiati di maggior spicco vi fu Baruch Spinoza, che propugnava la libertà di pensiero e sfidò la co-munita ebraica di Amsterdam con un attacco scettico all'autorità delle Scritture e della gerarchia religiosa. Sul piano più strettamente politico, la cultura liberale olandese ha elaborato dottrine straordinarie sulla conciliazione fra pluralismo, libertà e democrazia, su come «accomodare» interessi e visioni diverse del mondo in modo pacifico. Nella seconda metà del secolo scorso, i Paesi Bassi divennero un modello virtuoso di «consociativismo». Ossia un insieme di pratiche e istituzioni basate sul reciproco riconoscimento e sull'autonomia fra i diversi «pilastri» (zullen) della società olandese: cattolici, protestanti (calvinisti e luterani), laici e socialisti. Sulla scia della crescente immigrazione, questo modello si è poi evoluto in un multiculturalismo «politicamente corretto». Dagli anni Ottanta in avanti, il liberalismo olandese ha dato vita a una nuova generazione di diritti civili: aborto, eutanasia, matrimoni omosessuali, liberalizzazione controllata di hashish e marijuana. Poi, al volgere del secolo e quasi improvvisamente, la svolta: intolleranza crescente, xenofobia, nazionalismo identitario. Si sono affermate alcune formazioni di estrema destra, come quella di Pym Fortuyn, assassinato nel 2002. E sono rapidamente cresciute le tensioni etnico-religiose. Da un lato è montata la critica all'islam, dall'altro il risentimento della minoranza musulmana. Nel 2004 uscì un documentario sull'oppressione delle donne nei Paesi islamici. La sceneggiatura era di Ayaan Hirsi Ali, politica e scrittrice somala naturalizzata olandese; la regia era del noto regista Theo van Gogh. Quest'ultimo venne ucciso per strada da un marocchino, nel nome di Allah. Hirsi Ali è stata costretta a fuggire negli Stati Uniti per ragioni di sicurezza. Le tensioni e i conflitti, anche violenti, hanno infettato le periferie di Amsterdam e Rotterdam, pervadendo gradualmente l'intera società olandese. Nel 2007 vi fu un attentato al corteo reale (7 morti) durante il «giorno della regina», festività nazionale di alta valenza simbolica. Poi, nel 2014, l'abbattimento del volo Amsterdam-Kuala Lumpur nei cieli ucraini. Si è trattato di un «u settembre» olandese, con quasi 300 morti. Una serie di eventi tragici, dunque. Ma anche, e soprattutto, il fallimento di un modello politico. Quello che lo storico Mark Lilla ha recentemente definito «liberalismo identitario», ossia l'idea che tutte le diversità vadano difese, protette, persino «celebrate» come forme di arricchimento collettivo. Un nobile principio di tolleranza, incondizionata e irenica. Ma una pessima ricetta per la democrazia del mondo reale, intrisa di passioni e quasi sempre refrattaria alla pedagogia morale da parte degli intellettuali cosmopoliti. L'Olanda non è l'America (dove il liberalismo identitario è andato ben oltre i livelli europei), ha un sistema istituzionale ancora orientato in direzione consensuale piuttosto che maggioritaria. E Wilders non è Trump: non è ricco, viene dalla gavetta burocratico-parlamentare. Tuttavia, se dovesse vincere, l'Olanda cambierebbe profondamente. E invece di limitarsi a far girare i mulini, il suo vento potrebbe scuotere le istituzioni di Bruxelles e provocare danni in tutta l'Unione Europea. Uno scenario preoccupante, una vera e propria aggressione al delicato legame fra principi liberali e pratica della democrazia.

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