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Corriere della Sera Rassegna Stampa
20.12.2016 Sergio Romano e il mondo islamico
Ma riscrivere la storia non è corretto

Testata: Corriere della Sera
Data: 20 dicembre 2016
Pagina: 51
Autore: Sergio Romano
Titolo: «Difficile modernizzazione del mondo musulmano»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 20/12/2016, a pag.51, con il titolo " Difficile modernizzazione del mondo musulmano" la rubrica di Sergio Romano.

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Sergio Romano

Nel rispondere a un lettore che già provvede a rispondersi da solo, Romano aggiunge di suo una analisi che non tiene conto della realtà. Invece di spiegare l'arretratezza dei paesi musulmani, strettamente legata alla loro ideologia statale/religiosa, il nostro attacca lo Scià di Persia, l'unico capo di stato che aveva seriamente cercato di modernizzare il proprio paese. Se non ci riuscì fu grazie alla Francia, che, ospitando Khomeni e aiutandolo a organizzare la rivoluzione contro la monarchia, impedì la riforma agraria voluta da Reza Pahlevi, il latifondo essendo in gran parte proprietà privata degli ayatollah.  Romano lo chiama 'progetto faraonico' !
In quanto alle recenti rivolte, Romano si guarda bene dal raccontarne la nascita, avrebbe dovuto citare la funzione di Al Jazeera nel progetto di sostituire governi autoritari ma in certa misura laici, con le dittature dei Fratelli Musulmani. Niente di tutto ciò nella ricostruzione di Romano.
Se questa è la storia che il Corriere propina ai propri lettori...

Ecco lettera e risposta:

In relazione alla riforma dell'Islam, argomento di una lettera degli scorsi giorni, vorrei aggiungere una mia considerazione. Per ragioni professionali ho frequentato negli anni 80/90 il Golfo Persico, anni in cui già si avvertiva nel mondo musulmano un'insofferenza crescente nei confronti del dominio culturale dell'Occidente. Questo atteggiamento assomigliava molto, pur in situazioni completamente diverse, a quello degli abitanti del Québec francese, che ho frequentato da ragazzo, verso la dominante cultura anglosassone. Credo che ogni cultura, se avverte il pericolo di essere sommersa da un'altra, reagisca con una sorta di regressione, così come un organismo reagisce all'azione di corpi estranei.

Giuseppe Toscani
beppo.tosco@gmail.com

Caro Toscani, 

Il malessere arabo di quegli anni, non soltanto nei Paesi del Golfo Persico, aveva anche altre cause. Sin dalla fine della Seconda guerra mondiale, l'influenza dell'Occidente aveva persuaso le classi dirigenti della regione ad avviare un processo di modernizzazione e secolarizzazione. In alcuni Stati il modello fu quello capitalista e almeno apparentemente democratico delle democrazie europee. In altri Stati (Algeria, Siria, Iraq) il modello fu quello statalista e socialista delle democrazie popolari. Nelle monarchie del Golfo le riforme furono rare e modeste, ma i redditi petroliferi consentivano ai sovrani di comprare con il denaro l'acquiescenza delle popolazioni. In queste categorie, naturalmente, le varianti furono numerose, ma esisteva pur sempre la convinzione comune che la modernità dovesse venire da modelli esterni, già sperimentati in Occidente. Il consenso popolare cominciò a declinare quando quelle modernizzazioni furono mal gestite, produssero progetti inutilmente faraonici (come quelli dello Scià d'Iran), riempirono le città di un nuovo sottoproletariato (i contadini attratti dalle grandi industrie) e finirono per creare, quasi ovunque, un ceto sociale ricco e corrotto. Fu questa la principale ragione per cui nel diffuso malumore delle società arabe trovarono spazio, per la loro attività di propaganda, i Fratelli musulmani, membri di una organizzazione integralista che la dirigenza laica aveva frequentemente cercato di reprimere. In alcuni Paesi, fra cui quelli del Golfo, i sovrani cercarono di riscattarsi, agli occhi della loro società, finanziando generosamente le moschee, le scuole di formazione del clero e le madrasa (scuole coraniche). Il processo di modernizzazione laica sembrò produrre una seconda ondata durante le rivolte arabe scoppiate fra il 2010 e 11 2011. In buona parte i giovani che scesero in piazza nelle capitali dell'Africa del Nord e del Levante avevano una visione laica e occidentale della società in cui avrebbero voluto vivere. Ma non erano organizzati politicamente e dovettero lasciare il campo alle uniche forze che erano in grado di governare la transizione: l'islamismo fanatico dell'Isis o i militari. E ancora una voltai regimi più stabili, grazie al petrolio, sono quelli del Golfo. E questa una delle ragioni per cui tanti giovani della regione scelgono l'emigrazione e guardano alle sponde settentrionali del Mediterraneo come a una terra promessa.

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