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Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 09/08/2016, a pag. 9, con il titolo "Collaboratore di Reza Pahlavi fermato a Lecco. Caso con l'Iran", la cronaca di Paolo Marelli, Viviana Mazza. Se l'Italia consegnasse Mehdi Khosravi al sanguinario regime degli ayatollah sarebbe uno scandalo. Si tratta di un dissidente: a Teheran lo aspetta la forca se l'Italia cedesse al regime fondamentalista sciita. Ecco l'articolo:
Quand’è stato fermato Khosravi avrebbe esibito un permesso di soggiorno da rifugiato. Il figlio dello Scià aggiunge che Khosravi è stato negli ultimi tre anni «l’amministratore esecutivo del Consiglio iraniano per le elezioni libere», organismo che tenta di includere, oltre ai monarchici, anche oppositori vicini al «movimento verde» del 2009. Khosravi, che su Facebook usa lo pseudonimo Yashar Parsa, è l’autore del blog Gomnamian («Gente senza nome»): uno degli ultimi post denuncia la corruzione nel suo Paese e sarebbe già stato imprigionato e torturato dopo i moti studenteschi del 1999. «In Iran rischia l’esecuzione», conclude Pahlavi, che ha scritto anche al ministro degli Esteri britannico Boris Johnson. A Lecco la questura attende una risposta da Roma. Ieri gli uomini della squadra mobile, d’accordo con la Procura, si sono limitati a depositare gli atti dell’eseguito mandato di cattura internazionale alla Corte d’appello di Milano. Così come è di fronte a un bivio il gip del tribunale di Lecco che non ha ancora convalidato il fermo. Intanto Khosravi è stato dimesso dall’ospedale, dove era stato ricoverato per un malore dopo l’arresto, ed è stato trasferito in carcere. L’attivista è arrivato sabato sul lago di Como per trascorrere alcuni giorni di vacanza. La reception, come da prassi, ha inoltrato i dati anagrafici alla Questura, in queste settimane in allerta per l’allarme terrorismo. Incrociando quel nome sul database dell’Interpol, è risultato che Khosravi era ricercato. Ma in passato il consorzio di giornalisti investigativi ICIJ ha denunciato che l’Iran abusa dell’Interpol per dare la caccia a oppositori politici: nel 2006 l’attivista Rasoul Mazrae, fuggito attraverso la Siria, fu riconsegnato a Teheran malgrado l’Onu lo riconoscesse come rifugiato; fu torturato e condannato a morte. Mahmood Amiry-Moghaddam di «Iran Human Rights» commenta: «Spero che questo sia solo un incidente che verrà presto risolto». Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, telefonare 02/62821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante lettere@corriere.it |
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