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Corriere della Sera Rassegna Stampa
22.06.2016 Sergio Romano, se non c'è di mezzo Israele riesce persino a raccontarla giusta...
... ma non ci riesce del tutto

Testata: Corriere della Sera
Data: 22 giugno 2016
Pagina: 47
Autore: Sergio Romano
Titolo: «I palestinesi in fuga dal Giordano a Beirut»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 22/06/2016, a pag.47. con il titolo " I palestinesi in fuga dal Giordano a Beirut", la risposta di Sergio Romano a un lettore.

Ecco un Sergio Romano prima maniera, quando raccontava la storia mediorientale come era avvenuta. Dalla pubblicazione del suo libro " Lettera a un amico ebreo" assistemmo alla trasformazione in Romano/2, che però continua tuttora, fa capolino anche nelle ultime righe di questa risposta, dove omette come la fine del Libano - chiamato la Svizzera del Medio Oriente- ebbe inizio proprio dall'invasione delle milizie di Yasser Arafat. Romano sorvola, come ormai fa da decenni, per evitare di scrivere la verità quando va appllicata a Israele.

La lettera:

Alla lettera di Claudio Franza e alla sua risposta sulla presenza in Libano di profughi palestinesi, aggiungo che provenivano dalla Giordania, dalla quale scapparono all’epoca di Settembre nero. Credo che anche questa realtà, sempre taciuta, servirebbe ad avere una migliore comprensione della realtà in Medio Oriente.

Emanuel Segre Amar

La risposta: 

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Sergio Romano

 «Settembre nero» fu una delle più agguerrite organizzazioni palestinesi, responsabile di numerosi attacchi terroristici contro Israele e, tra l’altro, dell’attentato in cui perdettero la vita 11 atleti israeliani durante i Giochi olimpici di Monaco di Baviera nel 1972. Ricordare quelle vicende può servire infatti a meglio capire la storia del regno di Giordania e il suo ruolo nella questione palestinese. Alle origini, dopo la grande spartizione dell’Impero Ottomano tra Francia e Gran Bretagna alla fine Prima guerra mondiale, esisteva un Emirato di Transgiordania, Era un protettorato britannico che gli inglesi avevano offerto a Abdulla Ibn Hussein, discendente di una grande famiglia del deserto con cui Lawrence d’Arabia aveva stretto rapporti di amicizia e di alleanza. L’Emirato divenne regno alla fine del mandato britannico, nel 1946, e cambiò il suo nome in Giordania quando approfittò della prima guerra arabo-israeliana per impadronirsi dei territori palestinesi, al di là del fiume, noti oggi come Cisgiordania. Da quel momento il Regno modificò il suo profilo etnico. La popolazione non era più prevalentemente beduina. Era anche, in buon parte, palestinese; e ancora più palestinese divenne durante le guerre del 1956 e del 1967, quando parecchie decine di migliaia di profughi lasciarono le loro terre per trovare riparo al di là del fiume. I giordani credettero allora di potere conquistare in Palestina un ruolo simile a quello che la Gran Bretagna aveva esercitato come potenza mandataria sino al 1947. Insieme ai profughi, tuttavia, arrivarono nel regno anche i quadri militanti di Al Fatah (la parola araba per «conquista»), gruppo combattente che sarebbe divenuto, sotto la guida di Yasser Arafat, il maggiore braccio armato della Organizzazione per la liberazione della Palestina. Al Fatah cominciò agire su due fronti. Da un lato usava il territorio giordano per le sue incursioni contro Israele; dall’altro cercava di estendere la sua autorità all’intero regno. Re Hussein, giunto al trono nel 1952, dovette rovesciare la sua strategia. Rinunciò al ruolo di protettore della Palestina e decise di trattare i nuclei combattenti dell’Olp come il peggiore dei suoi nemici. Fra il 17 e il 25 settembre 1970, grazie alla lealtà e alla grinta guerresca dei reggimenti beduini, riconquistò almeno in parte il controllo del suo Paese e represse duramente le formazioni combattenti dell’Olp. Ancora una volta in fuga, i palestinesi approdarono in Libano; e la Giordania fu da allora uno dei Paesi maggiormente interessati a una soluzione pacifica del dramma palestinese. Ma il trasferimento dell’Olp in Libano ebbe l’effetto di destabilizzare ulteriormente un Paese già diviso da rivalità etniche e religiose.

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lettere@corriere.it

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