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Corriere della Sera Rassegna Stampa
27.04.2016 Israele tra modernità e sionismo
Pierluigi Battista intervistato da Michele De Feudis

Testata: Corriere della Sera
Data: 27 aprile 2016
Pagina: 11
Autore: Michele De Feudis
Titolo: «Tel Aviv, dove vince il nuovo»

Riprendiamo dal CORRIERE del MEZZOGIORNO - BARI di oggi, 27/04/2016, a pag. 11, con il titolo "Tel Aviv, dove vince il nuovo", l'intervista di Michele De Feudis a Pierluigi Battista.

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Pierluigi Battista

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Tel Aviv

«Finché nel mirino dei martiri islamisti c’era solo Israele e si facevano esplodere nelle discoteche e nei pub di Tel Aviv, ogni reazione israeliana veniva considerata turpe. Ora nel mirino ci siamo noi europei, i terroristi ce l’hanno anche con noi: un italiano o un parigino può ben comprendere come scorre la vita a Tel Aviv»: Pierluigi Battista, editorialista del Corriere della Sera e scrittore, presenta un ritratto articolato di Israele e della sua capitale, le cui dinamiche ci riguardano molto più di quanto si possa immaginare. Battista, autore del libro Lettera ad un amico antisionista, interverrà oggi a Bari per l’ultimo incontro di «Da Sud a Sud».

Battista, per conoscere Israele da dove bisogna partire? «Da Tel Aviv. La città, il cui nome significa “la collina della primavera”, esprime la quintessenza dell’identità israeliana. Riunisce la memoria di antiche radici e una costruzione integralmente nuova. Il rapporto tra Tel Aviv e Gerusalemme è paragonabile a quello tra San Pietroburgo e Mosca: le prime non hanno una sedimentazione storica antecedente. Il poeta Brodskij coniò la definizione di “città costruite dal nulla”. Gerusalemme, invece, vive dentro di sé la sacralità delle tradizioni. A Tel Aviv si respira un’aria diversa, non si sente una eredità che può schiacciare».

Israele vive sul crinale tra guerra e modernità? «L’anomalia è che lì permane il connubio tra guerra e democrazia, pur in presenza di una condizione bellica permanente, circondati da stati che non riconoscono “l’entità sionista”. Di solito, dove ci sono conflitti, questi due elementi non vanno di pari passo».

Quanto la città è immersa nel nostro tempo? «Tel Aviv ha un rapporto differente con la modernità, tra avanguardie tecnologiche e costumi. Offre rifugio agli omosessuali palestinesi, ha una legislazione avanzata sui diritti civili».

Religione e politica nella società israeliana sono separabili? «Esiste una mediazione complicata. Basta ricordare il pianto degli ebrei con Moshe Dayan dopo la guerra dei Sei giorni, davanti al muro del pianto. C’è di sicuro anche un fondamentalismo ebraico e professa che le terre siano state benedette dalla divinità. Ma la libertà non è in discussione. Nelle librerie della città è possibile trovare i saggi dello storico palestinese Edward Said, fortemente critico dello stato d’Israele».

Il premier Benjamin Netanyahu è classificabile secondo le categorie politiche italiane? «No, ogni paragone è impossibile. Al momento è un leader più rassicurante della sinistra, ha un consenso forte. Non ha la grandezza di Ariel Sharon che, nonostante l’eccidio di Sabra e Shatila, nel 2005 sradicò gli insediamenti israeliani a Gaza».

Da Renzi a Salvini tutti si professano in Italia amici di Israele. «In realtà il nostro paese ha una rilevante tradizione anti-israeliana, non solo tra i comunisti, ma anche tra i democristiani, o tra la destra e la sinistra petrolifera. Più del viaggio del leader della Lega, mi sembra rilevante l’attenzione per Israele del premier».

Un consiglio letterario? «Invito a leggere l’opera omnia di Amos Oz».

Il calcio europeo con l’Uefa ha accolto Israele nella propria associazione. Dal calcio agli stati… «L’adesione di Israele all’Ue era un vecchio pallino di Marco Pannella. Mi accontenterei di un’Europa che non aderisse più a boicottaggi verso Tel Aviv».

Per inviare la propria opinione al Corriere del Mezzogiorno, telefonare 02/62821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@corriere.it

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