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Corriere della Sera Rassegna Stampa
16.03.2016 Sergio Romano: anche su Norimberga un colpo al cerchio e uno alla botte
E si chiede quali crimini abbiano compiuto gli assassini nazisti

Testata: Corriere della Sera
Data: 16 marzo 2016
Pagina: 45
Autore: Sergio Romano
Titolo: «Bisogna fare un processo ai giudizi di Norimberga?»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 16/03/2016, a pag. 45, con il titolo "Bisogna fare un processo ai giudizi di Norimberga?", la lettera di Nerio Fornasier e la risposta di Sergio Romano.

Le domande che pone Romano non tengono conto dei crimini efferati compiuti dagli assassini condannati a Norimberga. Anziché descrivere questi crimini Romano si chiede se sia stato giusto condannare personaggi come Keitel e Hess, vertici del nazismo e della macchina militare tedesca che ha provocato decine di milioni di morti durante la Seconda guerra mondiale.

Ecco lettera e risposta:

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Sergio Romano

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I criminali nazisti processati a Norimberga

Quest’anno cade il 70° del Processo di Norimberga che mise fine al periodo nazista. Fu legittimo quel processo e rese un effettivo servizio alla Storia e alla Democrazia? Se sì, sarebbe opportuno riproporne un altro per giudicare tutti gli altri dittatori che si macchiarono di orrendi delitti in Sudamerica, Africa e Asia? Fu comunque un avvenimento e sarebbe giusto ricordarlo.

Nerio Fornasier
fornasier.nerio@yahoo.fr

Caro Fornasier,
Sui processi di Norimberga esiste ormai una sterminata letteratura storica e giuridica a cui vanno aggiunte le cronache giornalistiche e le personali memorie di coloro che ne furono protagonisti come imputati, giudici, procuratori, avvocati della difesa. Ma i termini della discussione non sono cambiati. Esiste il partito di coloro per cui le dodici condanne a morte furono la giusta risposta dell’umanità agli orrori del regime nazista. Ma esiste anche il partito di coloro per cui Norimberga fu la «giustizia dei vincitori», una macchina giudiziaria per cui erano «reati» molti fatti che non erano tali nel momento in cui erano stati commessi.

Era giusto processare e condannare a morte, per esempio, il maresciallo Wilhelm von Keitel, comandante supremo delle Forze armate tedesche nell’ultima fase della guerra, l’uomo che firmò la resa alla periferia di Mosca l’8 maggio 1945? Era giusto processare e condannare all’ergastolo un uomo, Rudolf Hess, che aveva avuto una parte di primo piano nella creazione del partito nazista, ma era stato prigioniero degli inglesi sin dal giorno (10 maggio 1941) in cui era atterrato in Scozia con un piccolo aereo per negoziare una improbabile pace tra la Germania e il Regno Unito? Era giusto che le sentenze venissero pronunciate dai rappresentanti di Paesi che in altre circostanze sarebbero stati sul banco degli accusati per vicende come il massacro di alcune migliaia di ufficiali polacchi a Katyń nel 1940, i bombardamenti al fosforo di Dresda e Amburgo o quelli atomici di Hiroshima e Nagasaki?

Esiste, caro Fornasier, anche un terzo partito: quello di coloro per cui Norimberga, nonostante i suoi difetti, è comunque un passo decisivo sulla strada della giustizia internazionale. Senza quel precedente non vi sarebbero né lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale, nata il 1 luglio 2002, né i tribunali speciali per i crimini di guerra e contro l’umanità (ex Jugoslavia, Ruanda). Peccato che della grande famiglia di coloro che riconoscono lo Statuto di Roma (123 Stati) non facciano parte né gli Stati Uniti né la Russia. La giustizia internazionale non è eguale per tutti.

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lettere@corriere.it

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