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Corriere della Sera Rassegna Stampa
06.10.2015 Riscatti pagati: la verità viene a galla
Cronaca di Fiorenza Sarzanini

Testata: Corriere della Sera
Data: 06 ottobre 2015
Pagina: 3
Autore: Fiorenza Sarzanini
Titolo: «Per liberare Greta e Vanessa pagati 11 milioni»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 06/10/2015, a pag.3, con il titolo " Per liberare Greta e Vanessa pagati 11 milioni", la cronaca di Fiorenza Sarzanini.

Immagine correlata
Fiorenza Sarzanini                     Greta e Vanessa sequestrate

L'ipocrisia dei vari governi italiani ha sempre cercato di convincerci di non aver mai pagato nessun riscatto per la liberazione dei rapiti, in genere cooperanti o volontari che ideologicamente condividevano spesso le idee dei rapitori. Quindi non in missione su incarico del governo, ma libere scelte.
Pagare i riscatti ha sempre equivalso ad autorizzare nuovi rapimenti, così è stato e così sarà sempre. Ora sappiamo la verità su Greta e Vanessa, ma è come se la sapessimo su tutti gli altri rapiti.

Ecco l'articolo:

ROMA In Parlamento il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni aveva smentito il pagamento di un riscatto definendo le indiscrezioni «prive di reale fondamento, veicolate da gruppi terroristici». Davanti ai magistrati della procura di Roma erano state invece Greta Ramelli e Vanessa Marzullo — le due giovani sequestrate ad Aleppo il 31 luglio del 2014 e segregate per cinque mesi e mezzo — a confermare di aver saputo dagli stessi rapitori che la contropartita per il loro rilascio era il denaro. E adesso sono gli stessi «signori della guerra» siriani a ribadire l’avvenuto pagamento, facendo sapere di aver condannato uno dei negoziatori per aver intascato quasi la metà dei 12 milioni e mezzo di dollari, 11 milioni di euro, pagati per la liberazione. Quanto basta per riaprire la polemica politica, soprattutto per far salire la preoccupazione sulla sorte degli ostaggi ancora nelle mani dei sequestratori, primi fra tutti i quattro dipendenti Eni catturati a luglio in Libia. Ha una strana veicolazione la notizia. La rilancia l’agenzia Ansa che prima parla di «fonti giudiziarie» poi spiega che «il tribunale islamico» del Movimento Nureddin Zenki, una delle milizie già indicata come coinvolta nel sequestro, ha condannato Hussam Atrash, descritto come uno dei signori della guerra locali, capo del gruppo Ansar al Islam. Nessun organo ufficiale, dunque, ma l’esito di una resa dei conti interna ai gruppi fondamentalisti. Tanto che la Farnesina si affida a una nota dell’Unità di crisi per spiegare di non voler «commentare supposte fonti giudiziarie di Aleppo o del sedicente tribunale islamico del movimento Nureddin Zenkin, anche se non risulta nulla di quanto asserito». In realtà non risulta — almeno ufficiosamente — a servizi di intelligence e diplomazia che Hussam Atrash fosse uno dei mediatori. Nè quel nome è mai comparso agli atti dei carabinieri del Ros delegati alle indagini seguendo il sospetto che il rapimento potesse essere stato addirittura pianificato in Italia e le due giovani — da mesi impegnate a sostenere la causa dei rebelli siriani — fossero state agganciate su Internet e convinte ad andare ad Aleppo da chi le aveva già «vendute». Sin da subito si era però parlato di un riscatto di 12 milioni di dollari con un messaggio dall’account Twitter “@ekhateb88”, utente considerato vicino ai ribelli anti-Assad, e poi rilanciato dalla tv araba Al Aan. Forza Italia, Lega e Movimento 5 Stelle chiedono al governo di riferire in Parlamento e sollecitano le dimissioni del ministro degli Esteri. Mentre il Copasir, comitato di controllo sull’attività dei servizi segreti, decide di avviare una verifica, a tutti risponde Rosa Calipari, componente per il Pd. E dice: «Le opposizioni stanno montando una polemica sulla base delle notizie diffuse dal “tribunale islamico” del Movimento Nureddin Zenki. Tutti i governi hanno sempre sostenuto la salvaguardia della vita degli ostaggi. Alcuni sequestri sono ancora in corso: Lega, Forza Italia e M5S si assumano la responsabilità di dire chiaramente di non voler trattare mai e in nessun caso».

Per inviare al Corriere della Sera la propria opinione, telefonare: 02/62821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante 


lettere@corriere.it

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