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Corriere della Sera Rassegna Stampa
02.09.2015 Petraeus, meglio se si gode la pensione
Commento di Guido Olimpio

Testata: Corriere della Sera
Data: 02 settembre 2015
Pagina: 16
Autore: Guido Olimpio
Titolo: «Il super generale Usa eroe in Iraq 'L'Isis si batte arruolando qaedisti'»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 02/09/2015, a pag.16, con il titolo " Il super generale Usa eroe in Iraq 'L'Isis si batte arruolando qaedisti' ", il commento di Guido Olimpio.

Visti i risultati in Iraq, ci auguriamo che il generale Petraeus si goda la pensione invece di continuare a dare consigli strampalati, come con efficacia ricorda Guido Olimpio.

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Petraeus                           Guido Olimpio

L'idea fa discutere. Per molti funzionari è impraticabile, quasi un insulto. Un osservatore, esperto della regione, l'ha definita un segno di disperazione che prova il fallimento della strategia anti Isis. Ad agitare l'arena è David Petraeus, ex direttore della Cia e per molto tempo comandante delle forze Usa nello scacchiere Iraq-Afghanistan. L'alto ufficiale ha fatto trapelare sul sito Daily Beast una proposta controversa: per fermare l'Isis in Siria dobbiamo servirci dei qaedisti. Con una successiva precisazione alla Cnn, forse dopo essersi accorto di essere andato oltre, ha chiarito che lui si riferiva «a individui, elementi moderati» e non all'intero movimento che «per nessuna circostanza deve essere cooptato nell'azione anti-Isis». Il piano del generale, oggi in pensione ma sempre molto ascoltato, considera di stringere un patto con la componente meno «radicale» di al Nusra, la fazione che è legata ad Al Qaeda. Petraeus cercherebbe di ripetere, in uno scenario diverso, la famosa campagna lanciata in Iraq nel 2007, quando riuscì a organizzare un fronte sunnita anti-qaedista tirando dentro — in cambio di denaro — clan tribali e alcune milizie. Operazione che senza dubbio ha portato dei risultati. Temporanei. Il movimento creato da Al Zarqawi è poi risorto e si è tramutato nello Stato Islamico, un nemico ancora più forte. I parametri siriani sono però complicati. Primo. Al Nusra è stato inserito da Washington nella lista nera del terrorismo. Secondo. Gli Usa hanno condotto raid contro una «sezione» della formazione, il fantomatico gruppo Khorasan: un modo per evitare di dire che stavano attaccando proprio Al Nusra. Terzo. La fazione ha «neutralizzato» un buon numero di ribelli addestrati dagli Stati Uniti non appena hanno cercato di crearsi uno spazio. Come è possibile collaborare in queste condizioni? Storia accompagnata da ricostruzioni piene di intrighi. Una sostiene che al Nusra sarebbe stata informata dai servizi turchi, pochi contenti della presenza di guerriglieri sponsorizzati dal Pentagono o dalla Cia. Difficile dire se sia andata così, però è chiaro che sono aumentati i dubbi sui margini d'azione di brigate protette dagli Usa. I pragmatici, invece, pensano il contrario e ricordano come il progetto di Petraeus trovi qualche corrispondenza nelle iniziative sostenute dal Qatar per imbarcare nello schieramento «moderato» — termine poco appropriato — anche al Nusra. Il problema è che non bastano dichiarazioni e promesse di non attaccare (per ora) l'Occidente. Quello che conta sono i comportamenti. E alla Casa Bianca hanno fatto capire che non si fidano dei protagonisti. A ragione temono, come accadde con parte dei mujaheddin afghani, che gli insorti possano essere degli alleati temporanei. Oggi ti aiutano a tenere testa al Califfo, ma domani perseguono la loro agenda. Sarebbe strano il contrario. Nella ricerca di soluzioni c'è spazio anche per Mosca. Fonti israeliane hanno rivelato che piloti russi starebbero per arrivare in Siria, in vista di future missioni aeree contro l'Isis e insorti. Movimenti che fanno eco ad un recente intervento del presidente Bashar Assad: «Il Cremlino non abbandona mai i suoi alleati»

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