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Corriere della Sera Rassegna Stampa
17.07.2015 L'accordo con l'Iran è un accordo con il terrorismo: un pericolo per tutti
Commento di Riccardo Pacifici

Testata: Corriere della Sera
Data: 17 luglio 2015
Pagina: 28
Autore: Riccardo Pacifici
Titolo: «L'accordo con l'Iran: un pericolo anche per noi»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 17/07/2015, a pag. 28, con il titolo "L'accordo con l'Iran: un pericolo anche per noi", il commento di Riccardo Pacifici, ex presidente della Comunità ebraica di Roma.

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Riccardo Pacifici

Caro direttore, mentre si esulta per un «Medio Oriente stabile», Israele si prepara ad una guerra, visto che lo sblocco di 150 miliardi di dollari sarà usato dal regime dispotico iraniano per finanziare i loro più fedeli alleati primi fra tutti Hezbollah, Jihad Islamica e Hamas. Consapevoli che Califfato Islamico e Iran, sebbene diversi, hanno lo stesso obiettivo di dominazione del Medio Oriente. L’accordo firmato a Vienna accetta l’Iran come stato nucleare e la decisione sulle tempistiche per la realizzazione di una bomba atomica. Un riconoscimento che, invece di fermare la proliferazione delle armi nucleari, costringerà le potenze arabe sunnite, Arabia Saudita ed Egitto in primis, a dotarsi dei loro programmi atomici per frenare l’egemonia sciita guidata dall’Iran nella regione.

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Trovate le differenze: Neville Chamberlain torna esultante dopo aver firmato con Hitler gli accordi di Monaco nel 1938 (a sinistra), il ministro e rappresentante iraniano Zarif dopo la conclusione dell'accordo a Vienna tre giorni or sono (a destra)

Proprio mentre l’Egitto deve affrontare la sfida più importante per arginare l’avanzata del Califfato Islamico nel suo Paese, a cominciare dalle infiltrazioni dentro la penisola del Sinai e dopo l’attentato al consolato italiano ad Il Cairo, le potenze del 5+1 sbloccano l’embargo economico, in cambio di promesse che la storia del regime teocratico iraniano ha dimostrato che non rispetterà. Stiamo parlando di un regime che cerca non solo di colpire obiettivi israeliani ed ebraici nel mondo (l’esempio argentino ne è una delle prove), ma di esportare dal 1979 la rivoluzione e portare alla dominazione sciita nell’intero Medio Oriente e in ogni continente. Mentre ci si affretta a giustificare questo accordo scellerato, dichiarando che era l’unica alternativa affinché l’Iran non fosse coinvolto in un conflitto armato, ci si dimentica di raccontare all’opinione pubblica occidentale, che l’Iran è già in guerra in Siria, in Iraq e nello Yemen.

Nessuno vuole qui sostenere che quegli accordi sono un atto ostile ad Israele, ma è lecito chiedersi come mai in quelle 100 pagine dettagliate di accordi, non si è preteso per esempio che lo sblocco dell’embargo doveva passare anche attraverso il riconoscimento da parte del regime iraniano dello Stato d’Israele senza la quotidiana minaccia di distruzione «dell’Entità Sionista». Si doveva pretendere che l’Iran non neghi la Shoah (periodicamente Teheran organizza un concorso a premio di vignette negazioniste). Era dovere da parte della stessa Europa dei diritti alla famiglia con le «unioni civili» di pretendere che l’Iran sia terra in cui l’omosessualità non si paga con la morte e dove la vita della donna non può valere legalmente metà di quella dell’uomo.

Adesso tutto è nella mani della grande democrazia americana che nei prossimi due mesi dovrà ratificare tale accordo alla Camera e al Senato. Sia dentro il Partito Repubblicano, ma anche in quello Democratico, vi sono forti perplessità. Per questo dobbiamo guardare con rispetto l’esito. Su questo esempio, forse sarebbe opportuno che nei parlamenti nazionali in Europa o nello stesso parlamento europeo, si apra un dibattito e si ratifichi, magari con alcuni emendamenti, questo accordo. In gioco non vi è solo la sicurezza d’Israele e degli ebrei nel mondo, vi è in gioco la sicurezza degli Usa e dell’Europa, visto che la capacità balistica dei missili iraniani, ad oggi, già può colpire il cuore dell’Europa.

Mentre vi è chi esulta nelle pubbliche piazze a Teheran, oggi noi cittadini europei siamo chiamati a coniugare le preoccupazione per la guerra in Ucraina e la lotta al fondamentalismo Islamico, con la presa di coscienza che questo accordo non aiuterà ad aumentare la sicurezza della comunità internazionale ma, amplificando le crisi in Medio Oriente, metterà a repentaglio la stessa sicurezza del continente europeo. È facile prevedere, per esempio, che questa contrapposizione determinerà un aumento del numero di rifugiati che busseranno alla porta dell’Europa. Probabilmente sarebbe stato meglio che sul quel tavolo di Vienna, fosse stato presente un libro sulla tragica storia del Terzo Reich.

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