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Corriere della Sera Rassegna Stampa
17.04.2015 Stato Islamico al contrattacco: assalto a Ramadi
Cronaca di Lorenzo Cremonesi

Testata: Corriere della Sera
Data: 17 aprile 2015
Pagina: 16
Autore: Lorenzo Cremonesi
Titolo: «Massacri e saccheggi: l'Isis al contrattacco ora assedia Ramadi»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 17/04/2015, a pag. 16, con il titolo "Massacri e saccheggi: l'Isis al contrattacco ora assedia Ramadi", la cronaca di Lorenzo Cremonesi.

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Lorenzo Cremonesi

Ramadi: una città sotto assedio. I mortai dello Stato Islamico (Isis) colpiscono i palazzi governativi, le vie del centro, la zona industriale. Le sue brigate migliori, composte per lo più di volontari jihadisti arrivati dall’estero, combattono casa per casa, conquistano quartiere dopo quartiere. Giungono testimonianze confuse di esecuzioni di massa, compresi donne e bambini. Sui social media jihadisti circola l’informazione di «trecento decapitati» negli ultimi giorni. I giovani fanatici uccidono gli ufficiali governativi e i leader tribali che rifiutano di cooperare, terrorizzano per spingere gli uomini ad unirsi alle loro file. Mancano acqua, energia elettrica, carburante. I negozi sono chiusi.

L’ennesimo dramma umanitario nell’Iraq sconvolto dalla guerra si sta consumando in queste ore. I portavoce a Bagdad ammettono che da mercoledì pomeriggio la popolazione è nel panico. C’è chi fugge Isis. Ma, soprattutto, le devastazioni provocate dai combattimenti spingono gli abitanti ad abbandonare le proprie case per cercare rifugio ovunque non si spari. Le cifre sono imprecise, è segnalato un potenziale di 350 mila profughi bisognosi di tutto. Lunghe colonne di auto ieri hanno dribblato per ore i posti di blocco, le bombe e le imboscate sui 150 chilometri che conducono alla capitale. Il governo vuole concentrare i fuggiaschi in campi raccolta alle periferie nel timore che tra loro possano nascondersi cellule di guerriglieri. E’ uno scenario ormai tristemente noto nelle terre del «Califfato» a cavallo tra Siria e Iraq.

Nel giugno scorso si era centuplicato da Mosul e allargato sino quasi a Bagdad. Nelle scorse settimane aveva investito Tikrit. Con la differenza però che Ramadi è la capitale di Al Anbar, la grande regione sunnita dell’Ovest iracheno che dalle periferie di Bagdad si allunga ai confini saudita, giordano e siriano. Qui le simpatie della popolazione sono contraddittorie e fonte di gravi frizioni interne. Una buona parte dei quasi 500 mila abitanti della città all’inizio ha visto in Isis un alleato per combattere contro le prevaricazioni della maggioranza sciita che domina il governo con l’aiuto più o meno diretto di Teheran.

Altri sarebbero pronti a cooperare con l’autorità centrale. La grande tribù degli al-Duleimi, la più importante di Al Anbar, da oltre due anni è divisa tra simpatizzanti per Isis e oppositori, che negli ultimi tempi criticano sempre più apertamente gli eccessi violenti e il fondamentalismo religioso del gruppo sunnita. Non è del resto la prima volta che Isis opera attorno alla città. Lo scorso luglio-agosto le sue colonne armate avevano conquistato la vicina zona di Falluja, un altro centro della guerriglia sunnita, dove nel 2005-08 le truppe americane persero migliaia di uomini per combattere i qaedisti. Da allora più volte le periferie di Ramadi sono state investite dai combattimenti. La novità adesso sta però nella mossa del neo premier Haider al Abadi che, a differenza del predecessore Nouri al Maliki, ha scelto di rimuovere le milizie sciite e le teste di cuoio iraniane per facilitare il reclutamento dei giovani sunniti a fianco di esercito e polizia regolari. Ciò è anche conseguenza delle violenze settarie appena commesse a Tikrit.

La mossa si è rivelata però fallimentare. Gli stessi istruttori militari Usa inviati da Barack Obama negli ultimi mesi segnalano che le forze regolari irachene non sono assolutamente pronte a sostenere combattimenti complessi. «La catastrofe è imminente. La città corre un pericolo gravissimo», sostiene Athal al Fahdawi, membro del Consiglio Provinciale di Al Anbar. Gli osservatori Onu riportano che resta aperta solo una via di fuga lungo la ferrovia che porta alle cittadine di Khaldya e Habbaniya. «Il 90% di Ramadi è caduta», ci segnala un collaboratore sul posto.

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