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Corriere della Sera Rassegna Stampa
14.04.2015 Pellegrini violentati: passa anche da qui la guerra tra Iran e Arabia Saudita
Cronaca e commento di Francesco Battistini

Testata: Corriere della Sera
Data: 14 aprile 2015
Pagina: 15
Autore: Francesco Battistini
Titolo: «Il caso dei pellegrini violentati: l'Iran sospende i viaggi alla Mecca»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 14/04/2015, a pag. 15, con il titolo "Il caso dei pellegrini violentati: l'Iran sospende i viaggi alla Mecca", la cronaca e commento di Francesco Battistini.

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Francesco Battistini

Posate l’abito del pellegrino. Non rasatevi la testa. E scordatevi i sette giri intorno alla Pietra Nera, il bacio al santuario, l’acqua sacra da bere. Niente Mecca. Tutti i voli in programma dall’Iran ai luoghi santi dell’Arabia Saudita sono annullati. Ad annunciarlo in tv e in inglese è Ali Jannati. Un semplice ministro della Cultura: primo, perché la questione è più politica che religiosa, una ritorsione, dopo che due adolescenti iraniani hanno raccontato d’essere stati violentati da due poliziotti sauditi nell’aeroporto di Gedda; poi perché il divieto sembra riguardare solo l’ umra , il pellegrinaggio facoltativo, e non è chiaro se verrà esteso anche all’ hajj , che è invece il pellegrinaggio al quale ogni musulmano è tenuto almeno una volta nella vita. «I voli riprenderanno solo quando i responsabili saranno puniti — dice Jannati —. Il governo di Riad ha assicurato d’averli già arrestati, promettendo che li condannerà a morte. In realtà, non ha fatto nulla. La dignità degli iraniani è stata ferita. Ed è l’opinione pubblica a premere».

Più che l’opinione pubblica — sabato ha manifestato qualche centinaio di persone davanti all’ambasciata saudita a Teheran —, a spingere è la situazione dello Yemen. E se lo stupro è un episodio tutto da chiarire, tanto che un religioso iraniano ieri l’ha ridimensionato, chiarissimo è quanto accade nella più remota, povera, infelix punta della Penisola araba: la guerra «senza precedenti» (parole del presidente egiziano Al Sisi) fra l’Iran e i nove Paesi della coalizione sunnita, guidata dai sauditi.

Da una parte c’è il sostegno di Teheran ai fratelli sciiti, gli Houthi, che il mese scorso hanno cacciato da Aden il presidente yemenita Hadi, accusandolo di corruzione; dall’altra, l’Arabia che da tre settimane bombarda gli Houthi ed è appoggiata da Giordania, Egitto, Marocco, Sudan ed Emirati. In pochi giorni, si sono contati 2.500 morti e 40mila sfollati: la Guida suprema iraniana, Khamenei, ha accusato i sauditi di «genocidio». Andateci piano, ha avvertito Teheran il segretario di Stato americano John Kerry, ai margini dei colloqui sul nucleare. Una preoccupazione vera: l’espansione sciita è ormai l’incubo del Golfo e l’Arabia in pochi anni s’è vista circondare dal Libano alla Siria, all’Iraq. Le nuove spallate nel Bahrein e nello Yemen, con la marcia su Aden e su un porto che controlla il passaggio di 20mila petroliere l’anno, sono parse a Riad inaccettabili: al confine yemenita, ci sono ormai 150mila soldati di Riad. Anche se non si sa quanto gli alleati sunniti siano disposti ad andare fino in fondo (il Pakistan, per esempio, s’è chiamato fuori). E anche se appare chiaro come lo Yemen sia una pedina, o una merce di scambio, nel war game religioso fra Siria e Iraq.

Guerra tra fedeli. E allora, perché non colpire pure i pellegrini? Dall’Iran, ne partono per l’ umra 500 mila l’anno. Fin dall’era Khomeini, l’accoglienza non è mai stata calorosa: ogni sciita, considerato alla Mecca poco più che un infedele, è da sempre esortato ad approfittare del rito sacro per manifestare contro la monarchia saudita, «amica d’Israele e degli Usa». Una volta la polizia reagì, ci furono 400 morti. Anche allora, Teheran decise tre anni di boicottaggio. E le parole, «la nostra dignità è stata ferita», furono identiche a quelle di oggi.

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