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Corriere della Sera Rassegna Stampa
16.10.2014 Londra vota per uno 'Stato' di Palestina: la ragione è il voto islamico
Commento di Luigi Ippolito

Testata: Corriere della Sera
Data: 16 ottobre 2014
Pagina: 33
Autore: Luigi Ippolito
Titolo: «Londra apre alla Palestina pensando al voto islamico»

Dal CORRIERE della SERA di oggi, 16/10/2014, a pag. 33, riprendiamo, con il titolo "Londra apre alla Palestina pensando al voto islamico", l'analisi di Luigi Ippolito.


David Cameron


Una delle manifestazioni contro Israele che si sono svolte questa estate a Londra

Non è giunto come una sorpresa il voto di lunedì scorso del Parlamento britannico a favore del riconoscimento dello Stato di Palestina. Un voto che non impegna il governo di David Cameron, ma che costituisce comunque un segnale politico.
Non è una sorpresa per chi avesse assistito questa estate alle manifestazioni a Londra in solidarietà con la popolazione di Gaza. Hyde Park gremito all'inverosimile, le zone circostanti e le stazioni della metropolitana invase dalle bandiere palestinesi. Ma ciò che colpiva era la composizione «culturale» dei dimostranti: in piazza c'era sostanzialmente la comunità musulmana britannica. E non barbuti imam di periferia, bensì intere famigliole agghindate coi colori della Palestina.
E proprio in quei giorni il sottosegretario agli Esteri, la baronessa Warsi, primo esponente musulmano nel governo, rassegnava le dimissioni in polemica con l'atteggiamento del gabinetto Cameron, ritenuto troppo schiacciato su Israele. Un segnale considerato allarmante dai giornali britannici. Che facevano notare come il premier Cameron, alienandosi le simpatie della comunità musulmana (iI 5% della popolazione), rischiasse di giocarsi la rielezione. Un'osservazione che deve essere stata tenuta in conto, visto che i deputati conservatori lunedì hanno ricevuto libertà di voto.
Lo stesso discorso può essere fatto per la Francia, dove pure le manifestazioni pro-palestinesi dell'estate hanno visto scendere in piazza una generazione di bobos musulmani, borghesi bohémien, più che emarginati delle banlieue. E il ministro degli Esteri di Parigi a fine agosto ha aperto alla possibilità di un riconoscimento della Palestina.
La questione è univoca: più le società europee — e il loro elettorato — diventano multietniche, più assumono peso componenti culturali distanti dalla tradizionale solidarietà con Israele. Ed è inevitabile che le élite politiche finiscano per tenerne conto. Col rischio, per Israele, di un crescente isolamento internazionale.

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lettere@corriere.it

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