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Corriere della Sera Rassegna Stampa
15.09.2014 Come identificare i decapitatori: ma occorre agire subito
Analisi di Guido Olimpio

Testata: Corriere della Sera
Data: 15 settembre 2014
Pagina: 5
Autore: Guido Olimpio
Titolo: «In campo spie e droni americani per la caccia ai killer di Haines»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 15/09/2014, a pag. 5, con il titolo "In campo spie e droni americani per la caccia ai killer di Haines", l'analisi di Guido Olimpio.


Guido Olimpio


Il video della decapitazione di David Haines

WASHINGTON — Un messaggio brutale. Con i tempi di chi ha fretta di arrivare al dunque: l'uccisione dell'ostaggio, David Haines. Non c'è la retorica dei lunghi video di Bin Laden e del successore al Zawahiri. Troppe parole per gli assassini dell'Isis che si sono preoccupati solo di non dare punti di riferimento agli investigatori. Sanno che gli 007 cercano il boia, il misterioso Jihadi John dall'accento inglese. Il filmato non discosta dagli altri, «dedicati» alla decapitazione dei reporter americani Foley e Sotloff. Tuta arancione per il prigioniero per ricordare il carcere di Guantanamo. Tunica nera per il killer, tutto preso nel suo ruolo di ninja del terrore. Il militante, come le altre volte, stringe il pugnale con la sinistra e indossa una fondina con pistola sotto il braccio sinistro. Dunque dovrebbe estrarre l'arma con la destra. Ma qui sembra mancino. Dettagli che non cambiano il risultato. Manca ancora il momento esatto dello sgozzamento. La ripresa ha uno stacco e poi riprende mostrando il cadavere mutilato. Un copione ruota attorno all'obiettivo chiave dell'Isis. Quella che suona come una minaccia è in realtà un invito agli occidentali affinché intervengano anche in Siria. Il Califfo sa che gli costerà dei mujaheddin ma desidera con tutta la sua forza la battaglia con gli americani. In questo non è diverso da Osama che voleva farli dissanguare in mille conflitti che provocassero la reazione del mondo musulmano. Il solo elemento che cambia nel video è lo sfondo. Ancora più stretto rispetto al secondo. E il fianco di una collinetta deserta. In queste settimane i jihadisti hanno seguito i media, hanno visto che dopo l'omicidio di Foley un blogger ha annunciato di aver individuato il luogo dell'omicidio. Usando foto, video, immagini satellitari disponibili. E poi ha indicato la zona sud di Raqqa. Un posto sperduto nel nord est della Siria dove l'Isis ha una sua base importante.


In giallo nella mappa, la zona dove probabilmente sono stati girati i video delle decapitazioni

Ossessionati dalla segretezza, i criminali avranno pensato: se c'è riuscito un giornalista, figuriamoci cosa possono fare i governi che hanno a disposizione altri mezzi. Alle spalle della vittima c'è solo terra gialla. Alcuni pensano che comunque sia sempre Raqqa. Convinzione legata ai racconti degli ex ostaggi detenuti con inglesi e americani. Inoltre c'è la probabile ricognizione dell'intelligence per scovare il gruppo che ha ancora in mano diversi occidentali. Azione che si lega all'identificazione del boia. Può indicarlo una «talpa». Oppure qualcuno che ha riconosciuto la sua voce. E in caso affermativo è possibile ricostruire l'ambiente dove è cresciuto. Quindi la filiera che gli ha permesso di arrivare in Siria. Se trovano il facilitatore possono arrivare al nome. Il passo successivo è quello dei complici. Si è detto che I'Isis avrebbe affidato il controllo dei prigionieri a militanti stranieri, un gruppo dove vi sono anche degli europei. L'indagine riparte dal fallito blitz, lanciato il 4 luglio, per liberare gli ostaggi a Raqqa. Le unità speciali non li hanno trovati. Secondo alcune fonti locali — inverificabili — i mujaheddin dell'Isis li avevano trasferiti poco prima. «C'è stata una soffiata», è la spiegazione di qualcuno della zona. La madre di Foley, in una polemica intervista alla Cnn, ha sostenuto che, a parte un paio di spostamenti da Aleppo, suo figlio e gli altri occidentali sono stati sempre detenuti in un edificio di Raqqa. Versione che smentisce quella del governo Usa, accusato di aver fatto poco. Anzi, funzionari statunitensi avrebbero minacciato di incriminare i familiari se avessero tentato di pagare il riscatto. E' probabile che l'intelligence stia rivedendo il caso, ascoltando di nuovo gli ostaggi rilasciati. Indagine tradizionale che si incastra con i voli dei droni su Raqqa e l'analisi della National Geospatial Intelligence Agency, la regina dei satelliti spia coinvolta nelle ricerche di Bin Laden. E chissà che un aiuto non arrivi da Israele. La Reuters ha rivelato che Gerusalemme ha passato a Washington elementi ricavati dai propri occhi elettronici che da mesi «guardano» sullo scacchiere. Si battono tutte le strade. Anche quelle inconfessabili. Il sito AI Monitor.com ha scritto che all'inizio dell'estate i servizi italiani hanno avuto un contatto con gli apparati di sicurezza del regime. Strada che però si è chiusa subito in quanto Damasco chiedeva il ristabilimento dei pieni rapporti diplomatici. C'è poi il lavoro degli informatori. Alcuni nuclei di peshmerga, forse usando contatti locali, sarebbero alla caccia del covo dell'Isis. Lo stesso farebbero i ribelli vicini ai servizi giordani, grandi partner della Cia. Operazione rischiosa. I fedeli del Califfo sono in guardia. Il capo della sicurezza Isis ad Aleppo, un islamista olandese conosciuto come Abu Ubaida, e un predicatore belga, molto attivo sul web, sarebbero stati eliminati perché accusati di collaborazione «con il nemico».

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