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Corriere della Sera Rassegna Stampa
18.06.2011 Essere aperti al dialogo sì, ma senza essere sordi o ciechi
impossibile trattare con chi vuole cancellarti

Testata: Corriere della Sera
Data: 18 giugno 2011
Pagina: 58
Autore: Stefano Jesurum
Titolo: «Appello a Freedom Flottilla & C. Restiamo umani anche noi con Gilad Shalit»

Riportiamo dal CORRIERE dela SERA di oggi, 18/06/2011, a pag. 58, l'articolo di Stefano Jesurum dal titolo "Appello a Freedom Flottilla & C. Restiamo umani anche noi con Gilad Shalit".


Stefano Jesurum

Jesurum scrive : "  «Restiamo umani» è quello che hanno ripetuto anche l’altra sera in un teatro di Milano la cantante Noa e lo scrittore David Grossman. Con loro lo gridano — nella vita e nella sofferenza quotidiana, nella realtà vera— gli israeliani e i palestinesi del dialogo, della convivenza, della ricerca di una soluzione giusta. ". Se anche i palestinesi gridano per la pace, ci è sfuggito, Jesurum vuole segnalarci dove e quando?
Noa e Grossman l'hnno urlato e tutti l'hanno sentito. I palestinesi, no.
Ci dica Jesurum qual è la critica condivisibile della flottiglia, non riusciamo a intravederla.
Bello lo slogan 'restiamo umani', peccato che l'avesse lanciato quell'Arrigoni ammazzato dai suoi amici palestinesi dpo una breve vita spesa contro Israele.
Gentile Jesurum, insomma, si può essere aperti a ogni tipo di dialogo, ma la richiesta minima è di non essere sordi e spesso anche ciechi.
Ecco il pezzo:

Il 25 giugno saranno cinque anni da quando il soldato, allora 19enne, Gilad Shalit è stato rapito in territorio israeliano (e non «catturato» in un’operazione di guerra nella Striscia occupata di Gaza). Sequestrato da un commando che lo ha poi consegnato nelle mani di Hamas. E proprio alla fine di giugno un gruppo di italiani s’imbarcherà sulle navi di Freedom Flottilla 2, destinazione Gaza. Uno degli slogan maggiormente usati dalla galassia filopalestinese più radicale — ambigua nel suo «pacifismo» a senso unico — è «Restiamo umani» . Un bello slogan, un ideale sacrosanto. «Restiamo umani» è quello che hanno ripetuto anche l’altra sera in un teatro di Milano la cantante Noa e lo scrittore David Grossman. Con loro lo gridano — nella vita e nella sofferenza quotidiana, nella realtà vera— gli israeliani e i palestinesi del dialogo, della convivenza, della ricerca di una soluzione giusta. Noa e Grossman hanno urlato ancora una volta che Israele è «il nostro luogo, la nostra patria, anche se l’instabilità, l’incertezza, il modo di governarlo ci stanno davvero stretti» , anche se troppo spesso l’attaccamento alla loro Terra è messo a dura prova. Grossman: «Anche se tutto ciò mi indurrebbe ad andarmene, so che questo non accadrà mai» . Altrettanto noi chiediamo agli uomini e alle donne di Freedom Flottilla 2 — e a chi li appoggia — non certo di rinnegare la propria aspra critica, legittima e talvolta condivisibile, ma di ricordarsi lo slogan «Restiamo umani» . Sulle loro navi, di fianco alla bandiera palestinese, srotolino anche un enorme striscione che chiede la liberazione di Gilad Shalit, innalzino cartelli in cui si dice che non è affatto umano lasciare chicchessia prigioniero senza processo, senza garanzie, senza colpe se non quella di esistere, senza visite né controlli della Croce Rossa o di organismi internazionali. Se non lo faranno, Freedom Flottilla &C. continuerà soltanto a portare odio, non aiuti. A fare, insomma, qualcosa di disumano.

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