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Corriere della Sera Rassegna Stampa
03.03.2010 Uno schiaffo alla libertà di pensiero
Ecco che cos'è la settimana contro l’apartheid di Israele. Cronaca di Antonio Carioti, commento di Paolo Lepri

Testata: Corriere della Sera
Data: 03 marzo 2010
Pagina: 19
Autore: Antonio Carioti - Paolo Lepri
Titolo: «Le università alla 'guerra' contro Israele - Università europee contro Israele. Schiaffo alla libertà di pensiero»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 03/03/2010, a pag. 19, la cronaca di Antonio Carioti dal titolo " Le università alla 'guerra' contro Israele ", a pag. 14, il commento di Paolo Lepri dal titolo " Università europee contro Israele. Schiaffo alla libertà di pensiero ". Ecco i due articoli:

Antonio Carioti : " Le università alla 'guerra' contro Israele "


Università di Bologna, una di quelle che hanno aderito al boicottaggio

Sono Pisa, Roma e Bologna le tre università italiane nelle quali, come in altri 42 atenei del mondo, si stanno svolgendo iniziative legate alla sesta Israeli Apartheid Week. Quest’anno l’evento, che termina domenica prossima, ha per tema «Boicottaggio, disinvestimento, sanzioni»: una proposta di attuare contro Israele misure punitive come quelle che colpirono il Sudafrica, non solo sul piano economico, ma anche in campo culturale e accademico. Su questo però non tutti gli aderenti italiani all’Israeli Apartheid Week concordano.

«Ho promosso con altri colleghi— chiarisce Danilo Zolo, giurista dell’ateneo di Firenze che partecipa alla manifestazione di Pisa — un appello in cui non si parla affatto di boicottaggio nei riguardi delle università israeliane, che sono spesso istituzioni prestigiose, nelle quali operano centinaia di docenti pacifisti o antisionisti. Una campagna del genere non avrebbe senso. Chiediamo invece di intervenire a favore degli undici atenei palestinesi, che sono in condizioni tragiche, attraverso iniziative di cooperazione didattica e scientifica».

In effetti il documento, sottoscritto anche da Angelo Baracca (fisico dell’ateneo di Firenze), Giorgio Gallo (informatico dell’università di Pisa), Giorgio Forti (biologo dell’ateneo di Milano) e Martina Pignatti Morano (docente di Scienze per la pace dell’università di Pisa), s’intitola «Diritto allo studio e libertà accademica in Palestina» e si sofferma soprattutto sulle sofferenze e le restrizioni subite da docenti e studenti in Cisgiordania e a Gaza. Non mancano tuttavia le accuse alle «principali istituzioni accademiche israeliane», cui si rimprovera di non aver «assunto una posizione neutrale e apolitica nel conflitto» e di aver fornito e rivendicato «il sostegno della ricerca scientifica alle istituzioni governative e militari» del loro Paese.

Più radicale la posizione della storica torinese Diana Carminati, che partecipa alle iniziative di Bologna e ha pubblicato lo scorso anno, per l’editrice DeriveApprodi, un libro a quattro mani con Alfredo Tradardi dal titolo Boicottare Israele: «In Italia siamo molto indietro rispetto al mondo anglosassone nella denuncia del sionismo e delle complicità tra le università e l’apparato militare israeliano. Eppure vi sono progetti di ricerca suscettibili di applicazioni belliche, per esempio nel settore delle nanotecnologie, cui partecipano anche istituzioni del nostro Paese. Si tratta ovviamente di rifiutare i rapporti istituzionali con gli atenei israeliani, non certo i contatti personali con i singoli studiosi. Vorrei ricordare peraltro che i primi a proporre il boicottaggio accademico, a partire dal 2002, sono stati docenti ebrei e israeliani: i coniugi Hilary e Steven Rose, il giurista Richard Falk, la linguista Tanya Reinhart, lo storico Ilan Pappé».

Dal canto suo Giorgio Gallo, firmatario dell’appello di Zolo, ribadisce che l’idea del boicottaggio lo lascia molto perplesso: «Non si può certo pensare di chiudere gli studiosi israeliani in un ghetto. Semmai bisogna spingerli a pronunciarsi con chiarezza sulla situazione della Cisgiordania e di Gaza, dove la popolazione palestinese è priva di diritti e i loro colleghi delle università arabe sono soggetti a intollerabili limitazioni di tutte le loro libertà per via del regime di occupazione imposto dal governo d’Israele».  C’è poi chi, nel mondo accademico, contesta aspramente l’intera iniziativa. Per esempio lo storico Massimo Teodori: «Posizioni del genere sono del tutto prive di fondamento, poiché non tengono conto del fatto che Israele è l’unico Stato di diritto, dotato di istituzioni democratiche, dell’intera area mediorientale. Ed è completamente assurdo accomunare all’apartheid del Sudafrica razzista le severe misure di sicurezza adottate da Israele nei territori occupati, necessarie per impedire gli attacchi stragisti dei kamikaze palestinesi, che hanno colpito in passato e ancora cercano di colpire con estrema ferocia la popolazione civile dello Stato ebraico».

Paolo Lepri : " Università europee contro Israele. Schiaffo alla libertà di pensiero "


A. B. Yehoshua, Amos Oz, David Grossman

Mentre anche la Siria, secondo a quanto anticipa oggi il quotidiano Haaretz, sta nuovamente valutando la possibilità di arrivare presto a un accordo di pace con il governo Netanyahu, le università europee hanno dichiarato invece la nuova, solita guerra. Una guerra annuale che dura sette giorni, la «Settimana contro l’apartheid di Israele».

Niente pompelmi (forse andavano meglio quelli prodotti in Sudafrica dagli amici di Pieter Botha), ma anche sanzioni, boicottaggio economico, e soprattutto isolamento culturale.

Perché, infatti, fare circolare film come Valzer con Bashir o Lebanon e confrontarsi con le idee dei loro autori? Meglio farli tacere, come il regime iraniano sta tentando di fare con il loro collega Jafar Pahani, arrestato ieri mattina a Teheran. Meglio ignorare la quantità impressionante di pensiero critico che gli intellettuali israeliani hanno prodotto in questi anni, riuscendo non di rado a bloccare o moderare le spinte più intransigenti della politica e dei settori meno concilianti dell’opinione pubblica. La tentazione sarebbe quella di lasciar correre, di ignorare queste forme aggressive di ostilità minoritaria. Ascoltando magari proprio la grande lezione di Amos Oz, che disse un giorno: «Se parlassi sempre di fanatismo diventerei fanatico io stesso». Certo. Ma bisogna anche evitare di guardare dall’altra parte, ragionando naturalmente senza livore e senza dogmatismi, non dimenticando che in Medio Oriente i torti superano ormai da tempo le ragioni.

Quello che sta accadendo nella «Settimana contro l’apartheid di Israele» a Roma, Pisa, Bologna, Amsterdam, Toronto, Londra, è però un insulto alla dialettica culturale, uno schiaffo immeritato a quella libertà di pensiero che uomini come Oz, Abraham Yehoshua, David Grossman hanno sempre difeso con forza e con coerenza. Come hanno nello stesso tempo difeso senza esitazioni la loro patria da tutti quelli che la volevano e la vogliono distruggere.

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