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Corriere della Sera Rassegna Stampa
15.09.2009 Sharia in Indonesia, lapidazione per gli adulteri
Cronaca di Viviana Mazza

Testata: Corriere della Sera
Data: 15 settembre 2009
Pagina: 15
Autore: Viviana Mazza
Titolo: «Sharia in Indonesia, lapidazione per gli adulteri»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 15/09/2009, a pag. 15, l'articolo di Viviana Mazza dal titolo " Sharia in Indonesia, lapidazione per gli adulteri ".

 Una donna lapidata

Chi tradisce il marito o la mo­glie sarà punito con la morte per lapidazione. Lo prevedono le nuove norme della legge isla­mica approvate lunedì scorso all’unanimità dal parlamento provinciale di Aceh, in Indone­sia. Oltre agli adulteri, la legge, che dovrebbe entrare in vigore entro un mese, punisce chi fa sesso prima del matrimonio (100 colpi di canna), chi «com­mette atti deliberati di omoses­sualità o lesbismo» (100 colpi e una multa di 1000 grammi d’oro - oppure 100 mesi di pri­gione), gli stupratori (100-200 frustate oppure 100-200 mesi in prigione) e i pedofili (stesso trattamento che per lo stupro ma, oltre alle frustate, c’è una multa).
Poche settimane prima del­l’insediamento del nuovo go­verno locale, guidato dal Parti­to Aceh, formato da ex ribelli se­paratisti e ritenuto più modera­to, il parlamento ancora domi­nato da conservatori ha appro­vato norme che ampliano l’ap­plicazione della sharia in ambi­to penale. Alcuni membri del Partito Democratico (del presi­dente indonesiano rieletto a lu­glio Susilo Bambang Yudhoyo­no) hanno espresso riserve, ma nessuno dei 69 parlamentari ha votato contro.
Situata all’estremo nord del­l’isola di Sumatra, Aceh è l’uni­ca provincia ad applicare la sha­ria nel Paese musulmano più popoloso del mondo, dove pre­vale l’Islam moderato e alle ulti­me elezioni politiche i partiti islamici hanno perso consensi. Aceh è nota come la «veranda della Mecca», perché fu una del­le prime zone dell’arcipelago ad convertirsi all’Islam, e gode di una certa autonomia dal gover­no centrale. Migliaia di persone
morirono dal 1976 al 2005 nel conflitto tra i separatisti e l’eser­cito, 160 mila nello tsunami del 2004, che aprì la strada ad un accordo di pace. La devozione locale affonda le radici nel pas­sato dei sultanati e si identifica con un orgoglio ultra-regionali­sta. La possibilità di applicare la sharia fu garantita nel 2001 per arginare le spinte indipen­dentiste. Finora è stata adottata in modo parziale: obbligatori il velo, la preghiera 5 volte a gior­no, vietati l’alcol e le scommes­se. La polizia religiosa puniva già i violatori a colpi di canna. Le nuove norme introducono ora la pena capitale. «Misura preventiva contro la degrada­zione morale legata alle influen­ze straniere», l’ha definita Bu­stanul Arifin, capo della Com­missione parlamentare incarica­ta di redigerla e membro del partito «Prosperità e giustizia» (Pks). Nato come gruppo stu­dentesco negli anni ’90, ispira­to alla Fratellanza musulmana, il Pks è il più temuto da chi ha paura di una islamizzazione del­la politica indonesiana. È l’uni­co tra i partiti islamici ad aver mantenuto consensi nel voto nazionale di aprile: l’8% (7,3 del 2004), benché mirasse al 20%. Ma ad Aceh avrà 4 seggi. Gli at­tivisti, che accusano la legge di violare i trattati internazionali firmati dall’Indonesia, sperano che il nuovo parlamento locale la rivedrà. Sostenitori e opposi­tori sono scesi in piazza. «È di­sumana », dice la studentessa 21enne Dian Sukma. «Faccia­mo un referendum».

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