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Corriere della Sera Rassegna Stampa
30.04.2009 L’Fbi a caccia di Abu Ibrahim il Dottor Frankenstein palestinese
La cronaca di Guido Olimpio

Testata: Corriere della Sera
Data: 30 aprile 2009
Pagina: 15
Autore: Guido Olimpio
Titolo: «L’Fbi a caccia di Abu Ibrahim il Dottor Frankenstein palestinese»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 30/04/2009, a pag. 15, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo " L’Fbi a caccia di Abu Ibrahim il Dottor Frankenstein palestinese  "

WASHINGTON – Iraq, 2004. Un reparto di soldati americani fa irruzione in un’officina di Mosul usata dai ribelli per costruire bombe. I militari raccolgono il materia­le e lo confrontano con quel­lo negli archivi dell’Fbi. E sco­prono quello che non si atten­dono. Gli ordigni sono stati preparati con una tecnica in­confondibile. C’è la firma. E’ quella del palestinese Abu Ibrahim, soprannominato il «Dottor Frankenstein». Uno dei più temuti terroristi me­diorientali, capo del piccolo gruppo «15 Maggio». Pensa­vano che si fosse ritirato e in­vece è rimasto in servizio al fianco degli insorti. Per que­sto l’Fbi inserirà presto il suo nome nella lista dei Most Wanted, accompagnato dalla lista delle sue «imprese» san­guinose.
Abu Ibrahim, 73 anni, è coinvolto – per l’Fbi – in alme­no 21 esplosioni con dozzine di vittime sparse tra Turchia, Italia, Hawaii, Germania. Il primo attacco conosciuto risa­le al settembre 1980, quando un suo killer ammazza il re­sponsabile della El Al a Istan­bul, quindi una lunga serie di operazioni. La sua specialità
diventano le bombe sui jet passeggeri. Una tecnica perfe­zionata usando quello che ha appreso all’università – era un chimico – e dagli agenti del Kgb russo. Dal suo labora­torio sono usciti due tipi di ordigni. Il primo è composto da strisce di plastico spalma­te e nascoste all’interno di una valigia rigida. Quindi vie­ne completata con un detona­tore barometrico, che permet­te di farla esplodere solo a una certa quota. La vali­gia- bomba può essere attiva­ta con la rimozione di una «si­cura ». Una specie di vite. I suoi terroristi se ne andava­no in giro per il mondo con i borsoni pronti all’uso. Nel­l’ 84 un pentito della fazione ne consegna una alla polizia. Un anno dopo, in ottobre, due terroristi sono intercetta­ti e arrestati a Roma.
Il secondo ordigno ideato da Abu Ibrahim è più piccolo, facilmente occultabile sotto un sedile. Per questi attacchi, Abu Ibrahim si affida spesso a un altro palestinese, Mohammed Rashid, «il semi­natore ». Che per non suscita­re sospetti quando è in mis­sione viaggia con la moglie Fatima – il suo vero nome è Christine Pinter, austriaca – e il figlio piccolo. Con questo modus operandi, la fazione colpisce un jet Pan Am in Giappone nell’82. La coppia attiva la bomba prima di scen­dere durante lo scalo a Tokio. Quando l’aereo riprende la rotta per Honolulu c’è
un’esplosione sotto il sedile 47K. Muore un sedicenne giapponese, Toru Ozawa, e al­tre persone rimangono ferite. La struttura del Jumbo però resiste. Il 3 aprile 1986 altra azione sanguinosa. Una bom­ba, celata sotto il sedile 10F del volo Twa in servizio tra Roma e Atene, apre uno squarcio nella carlinga: 4 pas­seggeri sono risucchiati nel vuoto. A nascondere l’ordi­gno, sulla tratta di andata Ate­ne- Roma, sarebbe stata una donna libanese.
Per anni gli americani cer­cano di scovarlo, ma il terrori­sta vive in Iraq protetto dal re­gime di Saddam, nel quartie­re al Mansour. Fanno girare la voce che è «in pensione». Ma, dopo l’invasione del­­l’Iraq, le truppe raccolgono prove che Abu Ibrahim forse è diventato un consulente per i ribelli locali. Braccato, si sarebbe trasferito con la se­conda moglie e i figli in Siria. Il suo fedelissimo Rashid «il seminatore» è invece rinchiu­so in una prigione statuniten­se. Resta libera e fuggiasca Christine Pinter. L’ultima se­gnalazione porta in Sudan.

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