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Corriere della Sera Rassegna Stampa
14.01.2009 Hamas come Al Qaeda
intervista a Benjamin Netanyahu

Testata: Corriere della Sera
Data: 14 gennaio 2009
Pagina: 2
Autore: Francesco Battistini
Titolo: «Hamas è come Al Qaeda I terroristi vanno eliminati»
Da pagina 2 del CORRIERE della SERA del 14 gennaio 2009, riportiamo l'intervista di Francesco Battistini a Benjamin Netanyahu "Hamas è come Al Qaeda I terroristi vanno eliminati":

GERUSALEMME — Il governo israeliano è diviso, fermarsi o andare avanti...
«Non rispondo».
Ma se Olmert e la Livni litigano, è lei a guadagnarci: i sondaggi danno la sua destra in testa...
«Queste cose non interessano, durante una guerra. Quel che conta è mantenere l'unità del Paese e rovesciare Hamas».
Tira un vento gelido, sul terrazzo del King David. Benjamin «Bibi» Netanyahu non ha molta voglia di restare fuori: «Fa freddo, rientriamo?». L'uomo che fra un mese potrebbe essere (di nuovo) premier d'Israele, favorito prima della guerra e favoritissimo ora che si spara, ha le otto bodyguard e i tempi stretti di chi conta. Ha appena fronteggiato la stampa estera, accetta di parlare col Corriere,
s'accomoda al ristorante. Gli passano un foglio, ultime da Gaza: «I nostri soldati si stanno comportando bene in una situazione difficile. È un tipo di guerra che non abbiamo mai fatto. La più rischiosa».
Discussa, anche: all'Onu s'è chiamata fuori perfino Condoleezza Rice...
«Ho passato molti anni all'Onu, come ambasciatore, e conosco bene i meccanismi. Come in passato, Israele deve combattere su due fronti: quello di guerra e quello dell'opinione pubblica internazionale. Quest'ultima è una battaglia per la verità. Da combattere con determinazione, c'è molta disinformazione anti-israeliana ».
Anche una non-informazione: i giornalisti non possono entrare a Gaza.
«La guerra non è una lezione universitaria. Dalle Falkland all'Afghanistan, all'Iraq, vi hanno tenuto spesso alla larga. A volte non c'è scelta. Capisco le esigenze dell'informazione, capisco ancora di più quelle della nostra sicurezza».
Ma tutto questo vi attira contestazioni in Europa, non solo dalle piazze. Pensi a Zapatero...
«Ci sono molti governi che capiscono le posizioni d'Israele. Perché il fondamentalismo islamico riguarda tutti. E perché si pongono la domanda: cosa faremmo, noi, se per otto anni tirassero razzi sulle nostre città. Questo Paese aspettava una risposta da tantissimo tempo».
Va bene, ma la lezione non basta?
«Israele deve assestare il colpo decisivo a Hamas. Se lo farà, qualunque governo avrà il mio sostegno. Coi terroristi non si colloquia: li si sconfigge e basta. Hamas è come Al Qaeda, nessuno si sognerebbe di sedersi con Al Qaeda. Questa non è solo una battaglia per la sicurezza, è anche per la libertà e la giustizia. Loro usano i civili come scudi umani. Ovvio che la pubblica opinione sia scossa».
E la situazione umanitaria, i novecento morti, le donne e i bambini?
Tutto questo non la sgomenta?
«Certo che mi sgomenta.
Gli israeliani sanno quanto soffra la popolazione civile, per il fatto di trovarsi in guerra grazie a Hamas: è per questo che fin dall'inizio hanno autorizzato i camion d'aiuti nella Striscia, hanno concesso tre ore al giorno di tregua, ricoverano negli ospedali israeliani i palestinesi feriti. La guerra è dura, ma una cosa bisogna dirla: a Gaza non c'è il bombardamento di Dresda e non si tira in maniera indiscriminata sui civili».
Non c'era altra chance?
«Il caso dei razzi da Gaza mi ricorda l'epoca dei dirottamenti degli aerei israeliani. Per un po' subimmo. Ci vollero anni, perché finissero. Se non dai un segnale forte, queste cose non smetteranno mai».
Lei si dimise da ministro di Sharon, quando ci fu il ritiro da Gaza...
«Ero certo che ritirarsi da Gaza fosse un errore e che l'Iran avrebbe usato quell'area per creare un Hamastan.
Non ripetiamo lo stesso errore, fermandoci. In Medio Oriente il vuoto non esiste: se ce ne andiamo noi, arriva un altro Hamastan».
I sondaggi premiano chi la pensa come lei o chi sta facendo la guerra, come Barak. Ma un Paese normale può andare al voto, in questa situazione?
«Le elezioni sono state rinviate una volta sola, per la guerra del Kippur. Spero non ci arriveremo. La democrazia israeliana non può essere ostaggio di un'organizzazione terroristica».

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