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Corriere della Sera Rassegna Stampa
19.12.2008 Polemica sulla Chiesa e le leggi razziali: due risposte al Vaticano
le dichiarazioni di Gianfranco Fini e un editoriale di Luigi Accattoli

Testata: Corriere della Sera
Data: 19 dicembre 2008
Pagina: 20
Autore: Maria Antonietta Calabrò - Luigi Accattoli
Titolo: «Chiesa e leggi razziali Fini: «Io opportunista? - Quelle critiche già fatte dai vescovi»

Da pagina 20 del CORRIERE della SERA del 19 dicembre 2008, riportiamo l'articolo di Maria Antonietta Calabrò "Chiesa e leggi razziali Fini: «Io opportunista? ":

ROMA — Continua la polemica a distanza tra il presidente della Camera e il Vaticano, in relazione alle affermazioni di Fini secondo cui la Chiesa non reagì all'infamia delle leggi razziali. «Ai miei occhi e non solo ai miei — ha detto Fini —, definire opportunismo politico ciò che ho detto e che ridirei — come ha fatto
L'Osservatore Romano — mi sembra anche oggi sopra le righe ». La Comunità ebraica si schiera con Fini. Per Famiglia Cristiana invece le sue dichiarazioni non sono solo «sconcertanti ». «Allargare il campo delle responsabilità su uno dei fatti più tristi della nostra storia — scrive il settimanale dei paolini — asseconda un progetto di riabilitazione strisciante del fascismo come fenomeno italiano, e, quindi, anche cattolico e nazionale».
«Se, politicamente, Fini vuol darsi un'immagine pubblica rassicurante, depurata dalle scorie del fascismo (cosa lodevole), è scorretto — conclude il settimanale — farlo a scapito della verità storica e della Chiesa. E spiace che Veltroni e altri si siano allineati, passivamente, a questa riabilitazione, quasi a riconoscere che, in fondo, fu un fenomeno italiano, di cui tutti siamo responsabili». «Il Vaticano ci ordinò di nascondere gli ebrei» ha dichiarato ieri l'ex senatore (Sinistra indipendente) ed ex ministro, Adriano Ossicini, antifascista, membro della Resistenza. «Ero medico al Fatebenefratelli e gli ebrei li abbiamo nascosti in corsia e sulle cartelle c'era scritto "sindrome di K" e K stava per Kesselring, feldmaresciallo tedesco, per capire che erano ebrei e non malati». «La Chiesa — ricorda — è stata molto dura al momento delle leggi razziali con Pio XI che denunciò anche che c'era un vulnus al Concordato».
Schierato dalla parte di Fini, il presidente della comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici: «Non posso permettere — ha dichiarato a Red Tv, la tv vicina a Massimo D'Alema — che la terza carica dello Stato possa essere offesa così da un Paese straniero, quale il Vaticano, che deve delle scuse ». Ancora: «Da parte nostra c'è una condanna totale del Vaticano perché il suo silenzio fu totale». Quanto a preti, suore, conventi, secondo Pacifici, c'è stato anche «chi le porte le ha aperte solo dietro pagamento e ha messo fuori tanta gente che non aveva soldi».

Da pagina 42 del CORRIERE, l'editoriale di Luigi Accattoli "Quelle critiche già fatte dai vescovi":

Forse non doveva aggiungere al testo scritto le parole «duole dirlo». O magari non lo doveva dire da presidente della Camera. O non doveva proprio avventurarsi su quel tema venendo egli dal fascismo. Ma fatte tutte le tare e le penitenze, quello che ha detto martedì Gianfranco Fini è semplicemente vero: le leggi razziali non provocarono «manifestazioni particolari di resistenza» neanche da parte della Chiesa.
Tanto è vero che — fuori di polemica — le autorità della Chiesa lo ammettono: non ora ovviamente, che c'è lo scontro, ma l'hanno ammesso in forma solenne con un «messaggio» della Cei alle Comunità ebraiche italiane dieci anni addietro, in occasione del 60mo delle leggi. Il 1˚aprile 1998 l'arcivescovo di Perugia Giuseppe Chiaretti, allora presidente del Segretariato della Cei per l'ecumenismo e il dialogo, fece visita alla Sinagoga di Roma dove lesse — presenti il Rabbino Capo Elio Toaff e Tullia Zevi presidente dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane — un messaggio di «pentimento» sull'atteggiamento della Chiesa italiana di fronte a quelle leggi.
Disse Chiaretti ai suoi ospiti che si era trattato di «una pagina oscura della storia recente del nostro Paese» durante la quale «la comunità ecclesiale, anche per lunga acritica coltivazione di "interpretazioni erronee e ingiuste della Scrittura" (Giovanni Paolo II), non seppe esprimere energie capaci di denunciare e contrastare con la necessaria forza e tempestività l'iniquità che vi colpiva». Chiaretti — come si vede bene — disse più di Fini. E non parlava di testa sua: il «messaggio » era stato preparato in collaborazione con la Segreteria della Cei — che era presieduta dall'arcivescovo Ennio Antonelli, oggi cardinale e presidente del Consiglio per la famiglia — ed era stato approvato dal presidente della Cei cardinale Camillo Ruini.
Perché dunque tanta protesta verso Fini? Forse perché dire «ho sbagliato» è più facile che sentirsi dire «hai sbagliato ».

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