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Corriere della Sera Rassegna Stampa
23.10.2008 Dibattito sulle "leggi delle memoria"
Sergio Romano coglie l'occasione per l'ennesimo attacco a Israele

Testata: Corriere della Sera
Data: 23 ottobre 2008
Pagina: 45
Autore: Dino Messina
Titolo: «Leggi della memoria, il fronte del no»

Un appello di storici pubblicato su Le Monde si oppone alle "leggi della memoria" che sanzionano le menzogne dei negazionisti, ma talvolta anche le opinioni minoritarie di studiosi seri.

Dal CORRIERE della SERA del 23 0ttobre 2008 riportiamo l'articolo di Dino Messina sulla vicenda e due brevi che raccolgono le opinioni di Sergio Romano e Furio Colombo.

Di seguito, l'articolo di Messina:


Per fare quell'intervista al maggiore studioso occidentale dell'Islam e delle questioni mediorientali, il direttore di Le Monde aveva voluto che fossero in due, Jean-Pierre Langellier e Jean-Pierre Péroncel Hugoz. Il testo del colloquio era stato pubblicato a tutta pagina il 16 novembre 1993 sotto un titolo che se lo proponi a un caporedattore italiano ti mette alla porta: «Un entretien avec Bernard Lewis». Eppure dieci righe contenute in quella grigia paginata avrebbero scatenato una tempesta politica e sarebbero state citate a esempio di storiografia politicamente scorretta, sino a meritare la condanna di un tribunale per l'accusa di negazionismo con un'ammenda simbolica di un franco. Quel franco costituisce il discrimine fra ieri e l'oggi. E anche l'onta che ha spinto un gruppo di storici capeggiati prima da René Rémond (1918-2007), ora dall'accademico di Francia Pierre Nora ad animare il movimento contro le cosiddette leggi memoriali, quei provvedimenti che sanzionano non soltanto negazionisti screditati come l'inglese David Irving o il francese Robert Faurisson, ma anche ricercatori che esprimono una posizione diversa da quella «politicamente corretta».
Che cosa aveva detto di tanto scandaloso Bernard Lewis? Aveva affermato che «durante la deportazione verso la Siria, centinaia di migliaia di armeni sono morti di fame e di freddo. Ma se si parla di genocidio, ciò implica che ci sia una politica deliberata, una decisione di annientare sistematicamente la nazione armena. Cosa che è molto dubbia. Documenti turchi provano una voltà di deportazione, non di sterminio». La comunità armena denunciò lo studioso.
Un po' meglio andò a un altro valente storico, Olivier Pétré-Grenouilleau, autore del saggio La tratta degli schiavi, pubblicato in Italia dal Mulino nel 2006. Poiché il rigoroso libro non condannava come crimine contro l'umanità ma semplicemente descriveva la tratta degli schiavi e il traffico delle navi negriere che salpavano soprattutto da Nantes, un gruppo di parlamentari delle terre d'oltremare querelò l'autore. Pétré-Grenouilleau contravveniva a una delle tante leggi memoriali, approvata nel 2001, sotto il nome della rappresentante originaria della Guyana che l'aveva proposta nel 1998 e fatta approvare nel 2001, Christiane Taubira-Delannon. Fortunatamente quella denuncia finì in nulla.
Questa materia, incandescente per chi di mestiere fa lo storico, è tornata d'attualità dopo la pubblicazione su Le Monde di sabato 11 ottobre di un nuovo appello di «Liberté pour l'histoire». L'appello, di cui primo firmatario è Nora, ormai ha raccolto adesioni in tutta Europa da storici di notevole livello e di orientamento diverso che vanno dagli italiani Enzo Traverso e Sergio Romano ai britannici Timothy Garton Ash ed Eric Hobsbawm ai francesi Jacques Le Goff e Marie-Anne Matard Bonucci. La normativa francese contempla una serie di leggi memoriali, a volte contraddittorie. La legge Gayssot del luglio 1990 considera come delitto la negazione di crimini contro l'umanità; alla «Taubira », del maggio 2001, che raccomandava ai ricercatori di considerare lo schiavismo come crimine contro l'umanità, è seguita nel febbraio 2005 una legge che invece invita gli storici a riconoscere il ruolo positivo avuto dai francesi nei territori nordafricani. Del 2006 è la proposta di legge votata dall'assemblea nazionale per sanzionare chi contesta il genocidio degli armeni. Ma quel che ha indotto Nora a dare un respiro internazionale alla protesta è il progetto di legge per indirizzare la ricerca storica in base ai principi della lotta al razzismo e alla xenofobia votato per iniziativa del ministro tedesco Brigitte Zypries dal Parlamento di Strasburgo, ma non ancora approvato dal Consiglio europeo per la giustizia e gli affari interni. «In uno Stato libero — ha scritto Nora — non appartiene ad alcuna autorità politica il compito di definire la verità storica e restringere la libertà dello storico sotto la minaccia dell'azione penale».
Parole come queste non stonano forse in Spagna, Paese che pure ha approvato l'anno scorso una legge che promuove la ricerca sulla Guerra civile, invita a rimuovere le targhe del periodo franchista dai luoghi pubblici, ma non indica quel che è giusto o sbagliato scrivere.
Certo, basta navigare in Internet e sostare per esempio sul sito della Sissco, la Società italiana per lo studio della storia contemporanea, per scoprire la realtà poco rosea della legislazione europea: si va dagli aggiornamenti al codice penale svizzero in base al quale martedì scorso sono stati condannati a pagare una multa tre cittadini turchi che hanno negato l'olocausto armeno, all'iniziativa presa nel 2006 in Ucraina. Il 2 ottobre 2006 il presidente Viktor Yushenko ha fatto approvare una legge secondo cui tutti i cittadini ucraini, quindi anche gli storici, vengono condannati a una multa sino al 15 per cento dello stipendio, se negano la definizione di olocausto all'holodomor, la terribile carestia del 1932-33 provocata da Stalin. Con buona pace della storiografia che la pensa diversamente.

Di seguito l'ennesimo attacco a Israele di Sergio Romano, che sembra voler dimenticare che l'appello degli storici riguarda anche l'imposizione politica di una memoria precostituita circa eventi storici come il massacro degli armeni, la carestia ucraina e la tratta degli schiavi dall'Africa.
Per Romano il dibattito apertosi su Le Monde sembrerebbe essere soltanto un pretesto per riproporre l'accusa di strumentalizzazione della Shoah per giustificare la politica ( e forse l'esistenza) di Israele.
In realtà, il diritto all'esistenza e all'autodifesa di Israele non si fondano sulla memoria della Shoah, ma soltanto sul dovere morale di applicare agli ebrei gli stessi criteri di giudizio applicati agli altri popoli, senza introdurre ingiusti "doppi standard".
Gli ebrei hanno diritto a uno Stato come gli altri popoli, e come gli altri popoli hanno diritto a difendersi dalle aggressioni. Chi afferma questo non sta strumentalizzando la memoria storica. Non ne ha per altro  alcun bisogno, perché si sta semplicemente rifacendo a principi universali.


«Vorrei ricordare — dice lo storico ed editorialista del «Corriere» Sergio Romano, tra i firmatari dell'appello per la libertà della ricerca — che Pierre Nora, il promotore del documento, è uno studioso di origini ebraiche autore di libri sui luoghi della memoria. Una cosa però è scrivere sul monumento a Giovanna d'Arco spontaneamente, un'altra farlo per legge. Tutto è cominciato quando, anche per difendere lo Stato di Israele, è stato affermato che il genocidio ebraico è il fatto più importante del Novecento. La richiesta di un giorno della memoria per ricordare la Shoah ha innescato un processo rivendicativo da parte di altri popoli perseguitati, come gli armeni. Le prime generazioni, nel dopoguerra, hanno scelto la rimozione. Il movimento per le leggi memoriali è partito dalle seconde generazioni. Oggi tuttavia ho l'impressione che siamo in una fase di riflusso».

Infine, le dichiarazioni di Furio Colombo:

Primo firmatario ed estensore della legge che ha istituito nel 2000 in Italia la giornata della memoria della Shoah, che ricorre il 27 gennaio, Furio Colombo, deputato del Pd, è naturalmente il maggiore sostenitore delle «leggi che servono per ricordare sui mass media o nelle scuole il più grande delitto del Novecento, che offrono occasioni di ricostruzione e rivisitazione ». Colombo è invece contrario alle leggi della memoria che vogliono orientare la ricerca, come quelle francesi: «Preferisco affidarmi alla confutazione e alla condanna dell'opinione pubblica. Credo sia preferibile confutare e isolare i vari Faurisson e Irving invece che arrestarli». Era contrario anche al disegno di legge Mastella, mai approvato, contro i negazionisti della Shoah? «Contraddicendo me stesso, per motivi che afferiscono anche alla mia storia personale, avrei votato in favore di quella legge».

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