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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Corriere della Sera Rassegna Stampa
01.10.2008 Uccidere i civili israeliani non è terrorismo ?
lo sostengono i paesi arabi e islamici, Sergio Romano è d'accordo

Testata: Corriere della Sera
Data: 01 ottobre 2008
Pagina: 37
Autore: Sergio Romano
Titolo: «L'Onu e il terrorismo, una definizione contestata»

Rispondendo a una lettera di Francesco Cossiga, Sergio Romano sul CORRIERE della SERA del 1 ottobre 2008 scrive parole gravissime, con le quali nega che le stragi  indiscriminate di civili israeliani compiute dai terroristi di Hamas e di Hezbollah debbano con certezza essere definite "terrorismo".
L'obiettivo della lotta contro Israele, per i paesi arabi e islamici giustifica ogni mezzo, anche il più brutale.
Romano la ritiene una posizione legittima e ragionevole.

Ecco il testo:


Ho ascoltato il discorso che il Presidente degli Stati Uniti ha pronunciato davanti all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite tutto incentrato sulla lotta al terrorismo. Molto mi meraviglia che il presidente della Nazione più potente del mondo non sappia che il Consiglio di Sicurezza dell'Onu non ha potuto mai formulare una definizione chiara di «terrorismo» per l'opposizione di Paesi arabi e del Sud America, e anche per i Paesi governati dalla sinistra che, non avendo più come «potenza di riferimento» l'Unione Sovietica, hanno sperato di poterla trovare nel movimento di Rinascita Islamica. È «terrorismo» o «resistenza» l'organizzazione Hamas, e le Farc boliviane? È un atto di terrorismo o è invece un «atto di martirio» farsi saltare pieni di esplosivo a Gerusalemme o a Bagdad o a Kabul uccidendo vecchi, donne e bambini? Non dimentichiamoci che i magistrati di Milano hanno per ben due volte assolto persone implicate con l'attentato di Nassirya, definendo gli autori di questo atto non terroristi ma «resistenti»; e mi meraviglia che il presidente americano non abbia compreso che i Paesi europei, salvo la Gran Bretagna e i Paesi dell'Est e soprattutto l'Italia, non abbiano nessuna voglia di combattere il terrorismo. Si è mai chiesto, parla un ex-ministro dell'Interno, perché gli atti di terrorismo non si siano più ripetuti in Europa e mai siano accaduti in Italia?
Francesco Cossiga
francesco.cossiga@gmail.com

Caro presidente,
Ricordo ai lettori la ragione per cui la definizione di terrorismo è uno dei molti problemi che l'Onu non riesce a risolvere. I Paesi arabo-musulmani sanno che il fenomeno esiste (molti di essi ne hanno fatto diretta esperienza), ma non vogliono sottoscrivere definizioni che autorizzino Israele a definire terroristi, con il beneplacito della comunità internazionale, i combattenti di Hamas e di Hezbollah. Credo che commetteremmo un errore, tuttavia, se riducessimo questa vicenda a una delle tante divergenze che hanno oscurato in questi anni i rapporti tra l'Occidente e l'Islam.
Anche nelle democrazie occidentali il problema, in altre circostanze, ha suscitato scontri polemici fra diversi partiti politici e scuole di pensiero. Negli anni in cui la Francia combatteva la «battaglia d'Algeri » molti europei, non necessariamente di sinistra, pensarono che il terrorismo del Fronte nazionale di liberazione algerino fosse giustificato dalla lotta anticolonialista. Negli anni in cui l'Ira (Irish Repubblican Army) seminava bombe nelle strade di Belfast e Londra o tentava l'assassinio di Margaret Thatcher in un albergo di Brighton, molti americani di origine irlandese contribuirono con il loro denaro alla lotta armata contro la «perfida Albione». Negli anni in cui la Russia fu scossa da una micidiale sequenza di attentati ceceni, una parte dell'intelligencija europea preferì sostenere che le maggiori responsabilità erano di Vladimir Putin. Lei stesso, caro presidente, ha dato la sensazione di comprendere le motivazioni degli indipendentisti baschi ed è parso favorevole a un atto di clemenza per i militanti delle Brigate Rosse. Molte delle nostre valutazioni in questa materia dipendono dalle nostre convinzioni morali, dalle nostre preferenze ideologiche e dai nostri interessi nazionali. Qualcuno sostiene che occorrerebbe almeno fare una distinzione fra i terroristi che cercano di colpire obiettivi politici o militari e quelli che «sparano nel mucchio», quelli che cercano di sopravvivere all'attentato e quelli che si servono della propria vita come di arma suprema. È un sentimento comprensibile, ma poco razionale. Il terrorista è il combattente di una guerra asimmetrica, vale a dire un conflitto in cui il piccolo non dispone delle armi del grande ed è efficace soltanto quando colpisce l'avversario sotto la cintura. Tentare di sottoporre questa guerra a regole convenzionali mi sembra un esercizio inutile.
Nella sua lettera, caro presidente, lei sostiene che molti Paesi europei sembrano poco desiderosi di combattere il terrorismo. A me sembra che siano riusciti in questi anni a sventare parecchi attentati terroristici e che cerchino tuttavia, pur senza affermarlo esplicitamente, di non essere confusi con gli Stati Uniti. Le confesso che questo atteggiamento non mi sembra irragionevole. Bush dichiarò guerra al terrorismo, ma invase l'Iraq, vale a dire il Paese che avrebbe potuto affiancare gli Stati Uniti nella lotta contro l'islamismo fanatico; e contribuì a fare per alcuni anni dell'Iraq, insieme al Pakistan, il maggiore «ufficio di reclutamento» del terrorismo islamico. Non è sorprendente che una parte dell'Europa preferisca combattere il terrorismo con altri mezzi e criteri.

Sulla risposta di Sergio Romano, riceviamo per conoscenza e volentieri pubblichiamo due lettere indirizzate all'ex ambasciatore.
Una di Dimitri Buffa.

Caro Sergio Romano,
qualche tempo fa l'agenzia Italia ci dette notizia della sua presenza, non a titolo gratuito, nel board di una nuova prestigiosa rivista Eni. In buona compagnia con Lucia Annunziata. Adesso io mi domando, quando lei dà risposte salomoniche a Cossiga sulla definizione del terrorismo internazionale, quando parla continuamente male di America e di Israele, lo fa per le sue convinzioni o perchè è l'Eni a chiderglielo? L'Eni, tutti lo sanno, da sempre determina la politica estera italiana, ambigua quanto basta in materia di terrorismo e nei rapporti con i paesi arabo islamici. Compresi quelli sotto sanzioni Onu come l'Iran. Lei sa che in America un editorialista a libro paga di una grande industria difficilmente terrebbe una rubrica fissa sul Washington Post. Lei invece pontifica ogni giorno dalle colonne del Corriere della Sera. Le sembra serio? Le appare credibile? Non l'ha mai sfiorata l'idea di dimettersi e di scrivere solo per la rivista dell'Eni? Con cordialità
Dimitri Buffa

E una di Danielle Sussman:

Il carrozzone – o ONU - che rappresenta la comunità internazionale ha più spesso violato la sua Charta che rappresentato l’etica e il ruolo universale dichiarato alla sua nascita. Dal ’73 è nelle mani dell’Opec e dei suoi stati alleati e “dipendenti”. La storia dell’ONU è costellata da gravi e gravissimi scandali che hanno contaminato la sua immagine oltre alla sua pluridecennale inefficienza e contraddizione. Gli Stati Uniti non sono ipocriti come gli europei e dimostrano di essere la potenza che sono, quando hanno il coraggio di essere coerenti al detto “se si muove come un’anatra e si esprime come un’anatra, è un’anatra.” L’Europa è venuta a patti con il terrorismo, l’Italia soprattutto. Il termine “terrorista” è fattualmente l’unico che si addica al terrorismo di qualsiasi matrice, ma una certa Europa persiste nel tentare qualsiasi incrocio relativista (un pot pourri mai separato e contestualizzato) idoneo a consentirle di fare la quadratura del cerchio. Continuare a sostenere che il terrorista è “il piccolo (che) non dispone delle armi del grande…” è una legittimazione al terrorismo. Il terrorismo che ha colpito l’11 settembre 2001, non è il “piccolo” che non dispone delle armi del grande. Farsi esplodere o far esplodere treni, auto e camion, con l’obiettivo di uccidere più israeliani ed occidentali, siano essi ebrei-cristiani-o musulmani, è terrorismo. Una strategia aggressiva che si serve di un’ideologia medievale ben codificata dalla storia. Diecimila razzi lanciati da Gaza nel sud di Israele, non fanno il “piccolo” che non dispone delle armi del grande. Fanno il terrorista e il parassita che ha distrutto un paradiso reale e opportunità immense di crescita e di benessere. I continui attacchi di mortai sulla Galilea, e l’uccisione e rapimento di soldati israeliani (nel 2000 dopo mesi dal ritiro israeliano dal Sud del Libano, sotto gli occhi compiacenti di “soldati” del contingente delle NU, come da video) fino a tentativi analoghi culminati nell’uccisione di otto soldati israeliani e rapimento di due soldati israeliani nel 2006, da parte di Hitzballah (che hanno dimostrato di avere in dotazione sofisticati missili russi ed iraniani), non fanno il “piccolo” che non dispone delle armi del grande. Terrorismo è l’applicazione fattuale del terrore come unico obiettivo di lotta. Chi cita come “resistenti” i terroristi palestinesi e di Hitzballah (che oggi intende rapire israeliani ovunque), deve spiegare a cosa “resistono”…eppure è chiarissimo: all’esistenza stessa dello Stato di Israele! Tali opinioni servono solo a chiarire che una certa Europa intende rimuovere l’esistenza stessa e legittima dello Stato di Israele. Quanto all’Iraq, lei sa benissimo che Saddam Hussein finanziava ed addestrava – così come l’Iran continua a fare – il terrorismo contro Israele. Se Bush non avesse fatto l’intervento in Iraq, concludendo la guerra del padre, oggi avremmo la minaccia dell’Iraq unita a quella dell’Iran. Il reclutamento del terrorismo iracheno come quello islamico, ha avuto e continua ad avere le sue basi in Europa. Che poi, in Italia, la legge goda dell’interpretazione del singolo magistrato, spiega la carenza di un Codice non ancora aggiornato sul tema del terrorismo. Una pacchia per i suoi ideologi ed adepti.
Cordialmente,
Danielle Sussmann

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