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Corriere della Sera Rassegna Stampa
19.05.2008 Neonazisti in Germania, assalti ai campi rom in Italia
una cronaca di Danilo Taino e un editoriale di Pierluigi Battista

Testata: Corriere della Sera
Data: 19 maggio 2008
Pagina: 17
Autore: Danilo Taino - Pierluigi Battista
Titolo: «Gli incubi di Bargischow la cittadina tedesca del «nazismo realizzato»»
Dal CORRIERE della SERA del 19 maggio 2008 un articolo di Danilo Taino sul neonazismo in Germania:

BARGISCHOW (Germania) — Anche da queste parti i ragazzi delle scuole medie giocano a rincorrersi. Ma non lo chiamano Fangen Spiel, come nel resto della Germania. Per loro è Judenklatschen, più o meno «becca l'ebreo»: basta toccarlo, il fuggiasco, non serve sparargli, ma già il nome racconta parecchio di questo angolo nordeuropeo. Sì, c'è un problema a Bargischow, sei chilometri dal Mar Baltico e 30 dal confine con la Polonia, e nelle zone attorno, Pomerania dell'Est, Prussia profonda. Non è solo il fatto che il partito neonazista, Npd, in questo piccolo villaggio agricolo prende il 31% dei voti: è che qui trionfano, soprattutto tra i giovani, uno stile di vita, un'ideologia e un controllo sociale che somigliano a quelli dei tempi tragici del regime hitleriano. La democrazia, la libera impresa e la libertà stessa sono concetti sconosciuti, astrazioni, in un pezzo di Germania che prima è stato dominato dagli Junker, i signori della terra, poi dai nazisti e infine dal regime di socialismo reale della Ddr. Risultato: oggi, 2008, non siamo ancora al «nazismo realizzato», ma se il governo di Berlino e il resto del Paese più potente d'Europa continueranno a essere disinteressati e latitanti, forse ci si arriverà. Una pianura trascurata dallo sviluppo, dal capitalismo, dalla modernità e dalla politica. Nella ricca Germania.
«Non so se si possa definire una cultura nazista quella dei giovani di Bargischow — dice Ulrich Höckner, berlinese dell'Est, responsabile della Caritas nella regione —. Certo è che talvolta organizzano feste con canzoni naziste.
Si incontrano per rendere omaggio al monumento della guerra. Occupano la casa della gioventù con propositi di destra. Promuovono feste dello sport militare e del raccolto. Uccidono e macellano i maiali per essere vicini alla tradizione tedesca della terra. Tengono concerti patriottici. Propongono corsi di educazione politica. Festeggiano persino il compleanno di alcuni gerarchi di Hitler. Non parlano mai di Polonia, di là dal confine, ma di terra tedesca occupata dalla Polonia».
Höckner, 52 anni, era ingegnere ai tempi della Germania Est. Ma dissidente, quindi senza lavoro e qualche volta in galera. Si avvicinò dunque alla Chiesa, si laureò in pedagogia sociale e per questa via è arrivato, una decina di anni fa, alla Caritas e a Bargischow. Ci vive tra minacce e ostracismo, assieme alla moglie bibliotecaria e a cinque figli. Campagna brulla, terra sabbiosa poco coltivata da quando la cooperativa socialista è fallita, all'inizio degli anni Novanta. Nelle vicinanze, una fabbrica di zucchero. Nient'altro. «La disoccupazione ufficiale è al 21% — racconta —. Ma se si considerano gli ein euro jobber
(lavoratori "socialmente utili" da un euro l'ora, ndr) si arriva al 40%. Ci sono un po' di posti nell'amministrazione pubblica, nelle opere di ecologia, un po' nel turismo sulle isole del Baltico. Il resto è frustrazione e sussidi pubblici». Pomerania dell'Est depressa. Come a Bargischow, stesse condizioni nelle vicine Demmin, dove il 14% dei ragazzi lascia la scuola dell'obbligo senza arrivare al certificato finale, e Uecker-Randow, il paese con la percentuale più alta di uomini di tutta la Germania, perché le donne sono scappate.
Anche i partiti tradizionali — i gloriosi Cdu e Spd — sembrano fuggiti, negli ultimi anni. Persino Karl Heinz Thurow, sindaco di Bargischow dal 1996, ha lasciato la Cdu. «La gente è delusa dai governi di Berlino — dice —. Dalla caduta del socialismo, hanno votato Cdu, niente; hanno votato Spd, niente; ora provano con l'Npd. Ma non sono scelte politiche, è protesta. Tra l'altro, molti non votano, e questo fa aumentare le percentuali del partito neonazista». Vero, conferma Höckner, «i partiti non si vedono, si vedono solo le manifestazioni di cameratismo», quelle che poi portano voti al partito. «La Npd da sola non sarebbe un grande problema — aggiunge —. Il fatto è che collabora con organizzazioni sociali di destra della zona, l'Alleanza patriottica della Pomerania, l'Alleanza social-nazionale della Pomerania e cose del genere. Gente violenta, che alla fine vota per i neonazisti perché sono gli unici che parlano a voce alta dei problemi in quest'area». La gente ha paura, racconta Höckner. Pochi reagiscono alle intimidazioni dell'estrema destra, gli altri abbassano la testa. Il dramma è che nessuno ha idea di come arginare la tendenza. «In Germania — sostiene il sindaco Thurow — c'è un programma di intervento per fermare la destra, ma per l'intero Paese sono stati stanziati 24 milioni di euro, niente. A Berlino, evidentemente, non considerano pericoloso questo estremismo». «Non vedo un meccanismo capace di fermarli — dice Höckner —. A Wolgast, non lontano da qui, il sindaco ha fatto moltissimo contro l'Npd, eppure il 15% dei cittadini ha votato comunque i neonazisti. È una tendenza, una radicalizzazione culturale contro la democrazia». Disperazione sociale finita in una rete di nazionalismo, di miti della terra, di demagogia. Ma non solo.
«C'è anche la storia — aggiunge l'uomo della Caritas —. Qui, nessuno è stato mai responsabile del proprio futuro, nessuno ha mai avuto una proprietà, ha mai preso un'iniziativa, ha mai espresso un'opinione. E ciò ha provocato una totale mancanza di identità, una debolezza esposta a qualsiasi vento». Il futuro, aggiunge, «da queste parti rischia di diventare ancora più triste». Più di un innocente gioco di bambini ad acchiapparsi.

Un editoriale di Pierluigi Battista sull'attacco al campo Rom di Ponticelli:

 Il Foglio deplora le allucinazioni della «Nuova apocalisse ». L'isteria di chi equipara i Cpt ai lager e chiama «rastrellamenti» le azioni di polizia. Il parossismo comparativo che paragona alla «pulizia etnica » la battaglia contro la criminalità che alligna nell'immigrazione clandestina, e alle «leggi razziali» le norme repressive a favore della sicurezza. La civetteria intellettuale che induce Adriano Prosperi a citare un passo di Primo Levi come chiosa per l'assalto anti-rom di Ponticelli, a menzionare (Giuseppe Caldarola) le «leggi di Norimberga », a scomodare i pogrom per deplorare «le ruspe di Veltroni e Moratti» (Rossana Rossanda). I pogrom antiebraici nell'Ucraina degli inizi del Novecento, spiega sul Domenicale del Sole 24Ore Riccardo Chiaberge rileggendo le pagine fondamentali de «I cani e i lupi» di Irène Nèmirovsky, «non si limitavano ai roghi e alle distruzioni, erano veri e propri massacri», spaventosi bagni di sangue ispirati a un odio assoluto. Attenzione all'uso disinvolto della memoria storica, dunque. Piano con i paragoni spropositati.
Però. Di però ce ne sono almeno due. Il primo è dettato dalla visione raccapricciante, offerta dalle riprese dall'alto delle telecamere di Sky Tg24, della caccia all'uomo scatenata dalla teppa camorristica nel campo rom di Ponticelli. Donne terrorizzate che, a pochi metri dai furgoni della polizia inerti di fronte alle bande che avevano circondato il campo, fuggivano disperate con i bambini in braccio. Energumeni con le spranghe che inseguivano come un branco di bestie assatanate i nomadi ubriachi di panico. Bombe incendiarie che attizzavano il fuoco delle baracche lasciate precipitosamente nella fuga. Quelle scene dicevano che a Napoli era stato distrutto il monopolio della forza da parte dello Stato e che manipoli di mascalzoni avevano inscenato un linciaggio, violando la legge con arroganza sconfinata. Ma chi straccia con tanta prepotenza la legge, merita un sola sanzione: la galera. È troppo chiedere il ripristino della maestà della legge infranta, la tolleranza zero verso i teppisti, e almeno qualche parola da parte del governo (si è sentito solo il ministro Maroni, sinora) per marcare una linea di demarcazione invalicabile tra l'azione delle forze dell'ordine, e la furia violenta dei picchiatori che inseguono ululanti bambini rom sconvolti dal terrore?
Il secondo però riguarda l'obbligo culturale di distinguere, sempre, tra persone e gruppi, tra singoli colpevoli e intere comunità, tra individui su cui eventualmente grava il peso della responsabilità penale personale e etnie e nazionalità discriminate in blocco. Se si smarrisce, o se si offusca, questa fondamentale distinzione, nel lessico corrente oltreché nei comportamenti o persino nelle leggi, il richiamo alle tragedie del passato diventa per forza meno pretestuoso e dunque, paradossalmente, più plausibile. I gruppi umani colpiti in quanto tali diventano colpevoli per il solo fatto di esistere, la loro stessa presenza appare come un ingombro da rimuovere e da estirpare, un virus da sconfiggere anche con la mobilitazione purificatrice di chi si sente minacciato e circondato da una forza oscura e inquietante. Questa sì, potrebbe essere la fonte di una nuova apocalisse.

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