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Corriere della Sera Rassegna Stampa
05.07.2007 Gaza: liberato Alan Johnston, ma non Gilad Shalit
la cronaca di Davide Frattini

Testata: Corriere della Sera
Data: 05 luglio 2007
Pagina: 17
Autore: Davide Frattini
Titolo: «Gaza, libero il reporter della Bbc «Un incubo durato 114 giorni»»
Dal CORRIERE della SERA del 5 luglio 2007:

GERUSALEMME — «Ho sognato molte volte di essere libero e poi mi risvegliavo sempre in quella stanza». Due metri per due, bagno e cucinino. La cella dove Alan Johnston ha passato 114 giorni di prigionia.
Il reporter della Bbc è stato liberato ieri all'alba. Nella notte gli uomini della Forza esecutiva di Hamas avevano circondato l'area dei Dagmush, il clan responsabile del rapimento. Poche ore dopo il giornalista è stato consegnato alle squadre paramilitari e da lì è stato portato a casa di Ismail Haniyeh. Il premier palestinese deposto ha voluto sfruttare la liberazione per dimostrare che nella Striscia sotto il controllo degli islamici regna la sicurezza. «Gaza è pulita, Gaza è sicura, Gaza è verde», proclama il consigliere politico Ahmed Youssef, inneggiando al colore della bandiera del movimento. Lo stesso Johnston racconta di essere convinto che la svolta sia arrivata dopo la vittoria militare di Hamas, tre settimane fa: «L'organizzazione ha un progetto molto forte per imporre la legge e l'ordine. E sa farlo meglio di tanti altri. L'atmosfera è completamente cambiata, ma le possibilità erano 50 e 50: il clan avrebbe potuto decidere di ammazzarmi se fosse stata tentata un'azione di forza».
Da Ramallah, gli uomini del presidente Abu Mazen hanno attaccato l'operazione come uno spettacolo «per far credere al mondo che gli integralisti rispettino la legge internazionale», commenta Yasser Abed Rabbo. «Stiamo guardando un film. L'Esercito dell'Islam (il gruppo che ha sequestrato Johnston, ndr) si è messo d'accordo con Hamas. Così tutti pensano che loro sono i cattivi e gli altri i buoni».
Johnston, rapito il 12 marzo, era l'unico giornalista occidentale a vivere nella Striscia. Durante la prigionia, i sequestratori avevano mostrato solo due video. Nel primo, il giornalista aveva dovuto condannare la Gran Bretagna, Israele e gli Stati Uniti. Nell'ultimo, appariva con un giubbotto da kamikaze, riempito d'esplosivo. Ha raccontato di essere passato tra diverse prigioni e che i carcerieri sono stati più gentili all'inizio («mi chiedevano che cosa preferissi mangiare »). «La grande paura è di venire dimenticati. Ci si sente seppelliti vivi — racconta il reporter, 45 anni, che da Israele volerà in Gran Bretagna —. Ondate di depressione. È una battaglia per mantenersi lucidi. Ti ripeti che non diventerai vecchio in quella cella, in qualche modo deve finire. Avevo una radiolina e seguivo gli sforzi per risolvere il mio caso».
Il rilascio di Johnston ha spinto il governo di Ehud Olmert a fare pressioni su Hamas perché liberi Gilad Shalit, il caporale dell'esercito rapito in Israele il 25 giugno dell'anno scorso. «L'organizzazione che ha permesso a Johnston di tornare a casa è la stessa che controlla il destino di Shalit», dice la portavoce Miri Eisin. Ismail Haniyeh parla della possibilità di un accordo: «Speriamo che anche il caso del soldato possa finire in modo onorevole e permettere la liberazione dei nostri prigionieri nelle carceri israeliane ».
Il Canale 10 israeliano ha diffuso un'intervista a uno dei capi dell'Esercito dell'Islam. Con il volto mascherato, racconta di aver partecipato al rapimento di Shalit ma di aver poi consegnato il caporale ad Hamas in cambio di armi e denaro: «Noi siamo presi da altre cose», ha spiegato l'estremista, che si fa chiamare Abu Mutaana. Ha esortato la famiglia di Gilad a fare pressioni sul governo israeliano perché accetti le condizioni per lo scambio di prigionieri.
Hamas ha smentito l'intervista. L'inchiesta televisiva sostiene anche che fonti dell'ufficio di Abu Mazen hanno confermato che Shalit sarebbe passato sotto il controllo dell'organizzazione fondamentalista.

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