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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Corriere della Sera Rassegna Stampa
26.06.2007 Il ricatto dei sequestratori di Gilad Shalit e di quelli di Alan Johnston
l'aiuto offerto da Al Qaeda ad Hamas: cronache e analisi dal Medio Oriente

Testata: Corriere della Sera
Data: 26 giugno 2007
Pagina: 6
Autore: Davide Frattini - Guido Olimpio
Titolo: «Ultimatum e video choc La guerra dei due ostaggi - Al Qaeda offre un patto ad Hamas: «Unitevi a noi»»

Dal CORRIERE della SERA del 26 giugno 2007 ( a pagina 6), la cronaca di Davide Frattini sulle registrazioni diffuse dai sequestratori  di Ghilad Shalit  e da quelli di Alan Johnston.
Ecco il testo:


GERUSALEMME — Le barricate che circondavano le fortezze dei Dagmoush a Gaza sono state spazzate via. Le strade che portano ai palazzi abitati dal clan sono libere. Hamas vuole imporre il controllo su tutta la Striscia e solo questa potente famiglia resiste, circondata dalle mimetiche blu della Forza esecutiva. Il giovane Moumtaz Dagmoush, 28 anni, sa che le squadre paramilitari sono pronte a intervenire e ha risposto trasformando il suo ostaggio in un'arma: Alan Johnston, il giornalista della Bbc rapito il 12 marzo, è apparso in un video con addosso un corpetto che sembra imbottito d'esplosivo. «I miei rapitori mi dicono che i negoziati promettenti sono falliti, quando Hamas e il governo di Londra hanno optato per una soluzione militare. Adesso la situazione è molto grave ».
Assedio nell'assedio, anche Hamas ha cercato di rompere l'isolamento usando la voce di un ostaggio. Per la prima volta in un anno, i sequestratori di Gilad Shalit hanno fatto sentire il soldato israeliano, rapito il 25 giugno del 2006. «Sto male. Le mie condizioni di salute stanno peggiorando — racconta in un audio — e ho bisogno di un lungo periodo di cure. Sono dispiaciuto per la mancanza di interesse del governo e dell'esercito. È evidente che dovete accettare le richieste: come io ho una madre e un padre, le migliaia di detenuti palestinesi hanno madri e padri che vogliono vedere i loro figli ritornare a casa».
Per 365 giorni i tre gruppi che hanno rivendicato il sequestro non hanno dato prove pubbliche che fosse ancora in vita. La Croce Rossa non ha mai potuto visitare Gilad, 20 anni, e quando il padre Noam ha cercato di fargli arrivare un paio di occhiali, i rapitori si sono rifiutati di consegnarli per paura che ci fossero delle microspie. Nell'attacco, Gilad ha perso la montatura dalle lenti spesse e da ragazzo timido che porta nelle foto in divisa: il padre sa che senza vedere bene il figlio si sente ancora più sperduto. B'Tselem, un'organizzazione israeliana che difende i diritti dei palestinesi, è intervenuta per definire il rapimento «un crimine di guerra»: «I leader di Hamas devono ottenere la sua liberazione, senza condizioni ».
Il caporale sarebbe tenuto in un tunnel a 15 metri di profondità. Anche lui circondato da esplosivo, da far saltare se Tsahal dovesse tentare un raid con le forze speciali. Nella cella sotterranea ci sarebbero due carcerieri, che ricevono cibo e giornali ogni quindici giorni. Nessun contatto con il mondo esterno per evitare che i servizi segreti israeliani possano individuare il nascondiglio. Sarebbe uno dei tunnel costruiti sotto la sabbia di Rafah, nel sud della Striscia, al confine con l'Egitto.
Dopo la vittoria militare di Hamas contro il Fatah a Gaza, Shalit e Johnston sono diventati due pedine nella sfida per il potere tra le fazioni. I fondamentalisti sono convinti che i negoziati per il rilascio del reporter britannico, 44 anni, siano saltati perché l'arcinemico Mohammed Dahlan avrebbe comprato la fedeltà del clan Dagmoush. «Basterebbe una telefonata di Dahlan e Johnston verrebbe rilasciato», commenta una fonte della Forza esecutiva al Sunday Times. Hamas vuole la liberazione del giornalista per dimostrare al mondo che sotto il suo controllo nella Striscia è ritornato l'ordine. Così i fondamentalisti definiscono il video «un modo inaccettabile e vergognoso di presentare Johnston» e allo stesso tempo decidono di presentare l'audio di Shalit nel giorno in cui il premier israeliano Ehud Olmert incontra il presidente Abu Mazen a Sharm el-Sheikh, nel vertice voluto da egiziani e giordani per rafforzare il leader palestinese.
La Striscia ha perso i contatti con il mondo e Noam Shalit ha perso i contatti che aveva a Gaza per cercare di aiutare il figlio. Per mesi ha parlato con tutti quelli che avrebbero potuto dargli una mano. Anche con gli uomini di Hamas, che chiamava sui cellulari personali. L'embargo non lo ferma. «Sono disposto a incontrare chiunque voglia incontrare me», ripete. Adesso anche un ministro, Eli Yishai del partito religioso Shas, preme perché il governo apra i negoziati con Hamas. Danny Yatom, parlamentare laburista ed ex capo del Mossad, sostiene che «in assenza di un'opzione militare, bisogna trattare e pagare il prezzo». Per ora la voce del caporale spinge Olmert verso la fermezza. «L'audio è un espediente crudele, non possiamo fare compromessi con Hamas. La nostra posizione non cambia », commenta la portavoce Miri Eisin.

L'analisi di Guido Olimpio ( apagina 5) sulle offerte di sostegno ad Hamas da parte di Al Qaeda:

I duellanti del Medio Oriente si scambiano i messaggi. I qaedisti lanciano la campagna d'estate insanguinando il Libano mentre la loro voce più rappresentativa, Ayman Al Zawahiri, offre un patto ad Hamas. Dal vertice di Sharm El Sheikh, il premier israeliano Ehud Olmert fa un piccolo passo per sostenere il presidente palestinese Abu Mazen: nei prossimi giorni saranno liberati 250 militanti di Al Fatah e verranno facilitati i movimenti in Cisgiordania. Un gesto annunciato sotto gli occhi interessati del raìs egiziano Mubarak e di re Abdallah di Giordania, entrambi allarmati dal colpo di stato di Hamas a Gaza. Non meno inquieto e teso Abu Mazen, che nei colloqui con Olmert ha auspicato l'avvio di negoziati «seri» con Israele. Il rilascio dei 250 attivisti è una goccia. Per questo Mubarak ha auspicato la ripresa del dialogo tra Hamas e Abu Mazen ottenendo un'immediata risposta dal premier islamista Haniyeh: «Siamo pronti ».
In molti temono una nuova stagione di violenza, istigata dai qaedisti. Combinando le bombe contro l'Unifil ai messaggi mediatici danno l'idea di una sola strategia. Ovviamente non c'è il regista assoluto, piuttosto esiste l'adesione di forze contigue al progetto osamiano. L'illusione del grande complotto viene da quanto è accaduto sul campo: un appello della branca egiziana di Al Qaeda contro il vertice di Sharm El Sheikh, la strage dei caschi blu spagnoli, i drammatici appelli degli ostaggi di Gaza, infine l'intervento di Al Zawahiri.
L'uomo da sempre al fianco di Osama ha atteso l'apertura del summit per invocare la mobilitazione in favore di Hamas e consigliare il movimento palestinese. Un tema non nuovo nella propaganda jihadista ma che ha sempre ottenuto l'effetto contrario. Hamas si è ben guardata dall'accettare un abbraccio che potrebbe essere mortale. Condoleezza Rice li ha subito bacchettati: «Gli estremisti si legano agli estremisti». Per il portavoce di Hamas, Sami Abu Zuhri, «il movimento ha il suo programma, a prescindere da quello che dice questo o quel gruppo». E' chiaro che gli islamici di Gaza diffidano della Jihad globale ma ora che sono sotto tiro potrebbero incassare qualche forma di solidarietà. Ne è conscio anche Al Zawahiri che ha suggerito il percorso: 1) Adottate la legge islamica. 2) Unitevi ai mujaheddin nel mondo per far fronte all' imminente attacco di Egitto e Arabia Saudita. 3) I musulmani raccolgano armi e denaro per Hamas. 4) Facilitate i traffici di equipaggiamento militare verso Gaza. 5) Siamo pronti ad attaccare i crociati e i sionisti ovunque nel mondo.
L'ideologo, dunque, invita a fare fronte. Significativo il titolo dell'audio: «A quaranta anni dalla caduta di Gerusalemme ». Sul finale il leader si rivolge ai beduini del Sinai, chiedendo loro di ribellarsi alle autorità egiziane. E' proprio tra i clan del deserto che i qaedisti sono riusciti a creare una colonna, responsabile di attacchi contro i turisti sul Mar Rosso. Una realtà che avrebbe solidi rapporti con componenti radicali di Gaza e avrebbe favorito traffici di armi attraverso i tunnel al confine. I due teatri — Egitto e Palestina — si sommano a quello libanese. Al Zawahiri, in un'altra occasione, ha sostenuto che la presenza dei caschi blu è un cuscinetto per proteggere Israele. Per questo vanno attaccati.

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