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Corriere della Sera Rassegna Stampa
31.01.2006 Fondamentalisti islamici contro la libertà d'espressione
un editoriale di Magdi Allam

Testata: Corriere della Sera
Data: 31 gennaio 2006
Pagina: 1
Autore: Magdi Allam
Titolo: «Minacce e bandiere bruciate Integralisti contro la Danimarca Se si negano agli altri i diritti che si esigono per sé»

Il Corriere della Sera di martedì 31 gennaio pubblica un editoriale di Magdi Allam sul caso delle vignette satiriche che rappresentano Maometto, pubblicate in Danimarca suscitando la rivolta dei fondamentalisti. Ecco il testo: 

M a che c'entra il Santo Padre! E come è possibile che nel giro di quarantotto ore si sia passati dalle denunce verbali dei governi musulmani all'entrata in scena del terrorismo islamico? In un crescendo inarrestabile la vicenda delle vignette satiriche che ritraggono il profeta Mohammad (Maometto) ha materializzato uno spettro negato e temuto, la cosiddetta «guerra di civiltà». Per quel perverso e farneticante principio della responsabilità oggettiva, già attuato dai terroristi islamici per legittimare la strage di innocenti che hanno l'unica colpa di non sottomettersi ciecamente al loro arbitrio, la mitica e mitizzata umma, la nazione islamica, di cui stiamo assistendo come per miracolo alla riesumazione, dopo essersi scagliata contro lo Stato danese e norvegese, prende di mira anche il Vaticano.
In una concatenazione illogica e illegittima le presunte colpe dei giornalisti vengono fatte ricadere sui governi, in quanto referente nazionale, nonché sulla Chiesa cattolica, quale referente confessionale. Comunque sbagliando perché in entrambi i Paesi scandinavi la stragrande maggioranza della popolazione è protestante. Una chiamata in causa fatta dal personaggio più emblematico, il segretario generale dell'Oci (Organizzazione per la Conferenza islamica), il turco Ekmeleddin Ihsanoglu, che ha sentenziato: «Il silenzio del Vaticano contrasta con il desiderio di un dialogo tra le religioni. Se questo dialogo non è caratterizzato in primo luogo dal rispetto dei profeti, non ci sarà ragione di continuarlo».
Ci domandiamo se Ihsanoglu voglia veramente il dialogo o semplicemente la resa del Papa, laddove ad esempio chiarisce: «Un miliardo e trecento milioni di musulmani hanno il legittimo diritto di esigere delle scuse inequivocabili da coloro che hanno perpetrato atti blasfemi e violato i limiti civili della libertà». Ammonendo al contempo che «difendere gli atti blasfemi porterà solo estremismo e vendetta». Spiace constatare come proprio l'uomo che rappresenta i Paesi musulmani attui il duplice infondato e inaccettabile collegamento tra la responsabilità dei singoli e quelle degli Stati, nonché tra la denuncia verbale e la minaccia violenta. Eppure è proprio questa gente che, puntualmente, dopo ogni attentato terroristico di matrice islamica tiene a precisare che non bisogna addossare la colpa sull'insieme dei musulmani. La morale della favola è che, secondo loro, il principio giuridico della responsabilità soggettiva vale per i musulmani ma non si applica ai non musulmani!
Comunque sia è così che le dodici vignette del profeta, condannate come sacrileghe, sembrerebbero aver realizzato il sogno della umma invano perseguito da Khomeini e Bin Laden. Un traguardo conseguito grazie alla cultura dell'odio che è l'unico collante in grado di coalizzare e mobilitare i regimi e le masse fanatiche islamiche. Facendo emergere, in quattro e quattr'otto, una filiera che unisce in modo sostanziale le proteste ufficiali dei governi, il ritiro degli ambasciatori, le intimidazioni delle associazioni islamiche, la campagna di stampa aggressiva, il boicottaggio economico su larga scala, le fatwa di condanna a morte, le manifestazioni con l'incendio delle bandiere, l'assalto armato alle sedi diplomatiche, le minacce di gruppi terroristici. Ma per nostra fortuna non tutti i musulmani la pensano così. Ad esempio Bunyamin Simsek, consigliere comunale a Århus, ha preso l'iniziativa di dar vita a un raggruppamento di musulmani moderati della Danimarca: «Molti di noi vogliono vivere in una società laica, convinti che la religione sia un fatto personale tra il fedele e Dio».
Queste persone andrebbero individuate, valorizzate e sostenute, affinché il loro messaggio possa diffondersi e fare proseliti. Questa è una guerra tra — da un lato — il terrorismo e la cultura dell'odio che lo alimenta e — dall'altro — la civiltà che solo la cultura della vita può legittimare. Sbagliano gli occidentali se la riducono a una guerra commerciale da risolvere con accordi dietro le quinte nell'attesa che si calmino gli animi più esagitati. E il principale campo di battaglia è, purtroppo, l'Occidente stesso ormai infiltrato e condizionato dall'integralismo e dall'estremismo islamico.

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