giovedi` 28 marzo 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Corriere della Sera Rassegna Stampa
26.11.2005 Irving resta in carcere
reato d'opinione o propagatore di odio sociale ?

Testata: Corriere della Sera
Data: 26 novembre 2005
Pagina: 17
Autore: Paolo Valentino
Titolo: «Irving resta in carcere Per i giudici austriaci «può reiterare il reato»»
Resta in carcere in Austria David Irging, lo "storico" più noto fra i negazionisti della Shoah e definito antisemita da un tribulanale inglese.
Ecco l'articolo dal CORRIERE DELLA SERA di Paolo Valentino.

DAL NOSTRO INVIATO
VIENNA — David Irving resta in carcere. Lo storico inglese che nega l'Olocausto, agli arresti in Austria da quindici giorni, rimane in custodia preventiva fino a nuova decisione. Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Vienna, Peter Seda, ha respinto l'istanza di scarcerazione presentata dal legale di Irving, motivando la sua decisione con il pericolo di fuga e di recidività del reato, il rischio cioè che Irving, una volta libero, continui a propagare le sue vergognose fandonie.
A nulla sono servite dunque l'offerta di una cauzione in garanzia fino a 20 mila dollari, fatta dall'avvocato Elmar Kresbach, né le nuove argomentazioni portate dal difensore, secondo il quale Irving avrebbe nel frattempo preso le distanze dalle sue antiche tesi: grazie a documenti ritrovati negli ex archivi sovietici, lo storico sarebbe infatti ora disposto ad ammettere l'esistenza delle camere a gas nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau.
«E' una decisione sbagliata. Siamo di fronte al caso di un cittadino dell'Unione europea, quindi facilmente rintracciabile, che sedici anni fa ha espresso delle opinioni controverse, nel frattempo modificate. Non capisco proprio perché lo tengano ancora in prigione», ha spiegato al Corriere l'avvocato Kresbach, subito dopo l'udienza, durata appena venti minuti. Secondo il legale, si è trattato in realtà di una «decisione motivata politicamente, un segnale mandato all'opinione pubblica», per dimostrare che l'Austria ha le carte in regola anche per quanto riguarda i conti col passato. Con ragionamento un po' contorto e mezze frasi, Kresbach suggerisce in pratica che la durezza nei confronti di Irving sarebbe motivata dall'ansia di riscattarsi delle autorità austriache, dopo gli anni del ciclone Haider, il leader nazionalista e xenofobo, il cui ingresso al governo spinse nel 2000 i Paesi dell'Ue a varare sanzioni contro Vienna.
La difesa di Irving ha ora undici giorni per fare ricorso. «Ci penseremo e decideremo insieme al mio cliente», ha detto l'avvocato, dando però l'impressione di voler rinunciare ad opporsi, per evitare ogni ulteriore ritardo nella convocazione del processo. Se così fosse, David Irving potrebbe andare già ai primi di gennaio davanti alla Corte d'Assise, dove rischia in teoria fino a 20 anni di carcere. Nel frattempo, proseguirà il suo soggiorno nelle galere asburgiche.
L'accusa contro Irving, che oggi ha 67 anni, muove da una serie di discorsi, tenuti in Austria nel 1989, nei quali lo storico fra le altre cose mise in dubbio l'esistenza delle camere a gas, facendo scattare nei suoi confronti un mandato di cattura, peraltro mai eseguito. Come in Germania, in Israele, in Francia e in altri Paesi europei, anche la legge austriaca considera infatti reato la negazione dell'Olocausto. Irving sostiene di aver già visitato l'Austria nel 1993, quando le guardie di frontiera lo fecero passare senza problemi, dopo aver controllato il suo passaporto.
Meno fortuna ha avuto lo scorso 11 novembre, nella regione meridionale della Stiria, dove si stava recando per una serie di conferenze, su invito dei giovani della Burschenschaft Olympia, una confraternita goliardico-politica di estrema destra. Dopo aver tentato senza successo di sorprenderlo nella sede dell'organizzazione, a Vienna, la polizia lo ha arrestato sull'autostrada che porta a Graz.
Considerato agli inizi della carriera come una delle più brillanti promesse della storiografia britannica, lo studioso inglese ha costruito il suo teorema negazionista sin dalla fine degli Anni Sessanta. La notorietà gli venne con «Hitler's War», libro scritto nell'arco di 13 anni, dove sostenne per la prima volta che il Führer almeno fino al 1943 non sapeva nulla dell'Olocausto e che non diede mai l'ordine formale di sterminare gli ebrei. Scoperto il filone, si spinse oltre, fino appunto a contestare le camere a gas. Eppure, in quegli anni, storici affermati e politicamente corretti non risparmiarono lodi nei suoi confronti, a cominciare da Hugh Trevor-Roper, celebre per aver ricostruito le ultime ore di Hitler.
L'arresto di Irving spacca comunque l'opinione pubblica e i commentatori austriaci. L'autorevole
Standard ha criticato il provvedimento, ricordando che, «per quanto disgustosa, quella di Irving è solo un'opinione, che non può essere considerata responsabile di fomentare i rigurgiti neonazisti». Il problema dell'Austria, ha ribattuto la Salzburger Nachrichten,
non è Irving ma la destra, il suo angolo «bruno»: «Il problema è che da noi, persone le quali trovano normale invitare per tenere una conferenza uno storico nazista ricercato, occupino posizioni di primo piano nella Repubblica e che il loro partito stia al governo». E in realtà la Burschenschaft Olympia è affollata di esponenti del partito di Haider.
Accanto al pezzo di Valentino il CORRIERE pubblica un'intervista allo storico Giovanni Miccoli, il quale, come il 99% dell'opinione pubblica, sostiene che l'arresto porterà solo pubblicità favorevole a Irving, mostrandolo come un perseguitato.
Noi siamo fra quell' 1% che ritiene invece doveroso il carcere per chi propaga odio sociale. Ribadiamo, se Hitler fosse stato tenuto in prigione quando scrisse il "Mein Kampf" forse la storia avrebbe preso un altro corso. Forse sbagliamo, forse no. Ma non riteniamo che l'antisemitismo e la negazione della Shoah siano delle opinioni.

Ecco l'intervista di Antonio Carioti

«Ho il sospetto che David Irving sia andato in Austria, consapevole del mandato di cattura pendente nei suoi riguardi da molti anni, con l'intenzione di farsi pubblicità. E il tribunale di Vienna, tenendolo in carcere, rischia di fare il suo gioco». A parlare è lo storico triestino Giovanni Miccoli, autore di un libro fondamentale sull'atteggiamento della Chiesa di fronte all'Olocausto,
I dilemmi e i silenzi di Pio XII (uscito da Rizzoli nel 2000), e di un saggio sullo stesso scottante argomento incluso nella recentissima Storia della Shoah edita dalla Utet.
«Mi è sembrato subito molto strano — prosegue lo studioso — che Irving si fosse recato in un Paese dove rischiava di finire in carcere. Dopo aver perso clamorosamente la causa per diffamazione che lui stesso aveva intentato a Londra contro Deborah Lipstadt, era un personaggio definitivamente screditato, in difficoltà economiche per la necessità di pagare le spese processuali. Nessuno gli prestava più attenzione. Ora invece, dopo l'arresto, è ridiventato il protagonista di un caso internazionale, è tornato sulle prime pagine dei giornali, ha recuperato la visibilità perduta».
In generale, Miccoli si dichiara assai perplesso sulle leggi che puniscono il negazionismo: «A mio avviso non è un problema di libertà d'opinione. Non siamo di fronte a una particolare interpretazione, ma a una clamorosa falsificazione dei fatti storici. Tuttavia non credo che queste menzogne, quando non si traducono in un esplicito incitamento all'odio razziale e alla violenza, debbano essere perseguite sul terreno del diritto penale. I negazionisti vanno combattuti e sbugiardati sul piano storiografico, togliendo ogni credito alle fandonie che scrivono, ma senza dar loro la possibilità di gridare alla persecuzione».
Manette e processi sono invece, secondo Miccoli, strumenti inefficaci: «In teoria le leggi contro il negazionismo si propongono un obiettivo pedagogico: dovrebbero servire da deterrente contro i rigurgiti antisemiti. Ma non mi pare che funzionino. Mettere questi individui dietro le sbarre non ne limita affatto l'influenza: al contrario, alimentando il vittimismo dei vari Irving, si accrescono le simpatie nei loro confronti da parte dei giovani sprovveduti o dei settori di opinione pubblica che nutrono già sentimenti antisemiti più o meno profondi e si vedono confortati nei loro pregiudizi circa la pretesa potenza degli ebrei».
Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla direzione del Corriere della Sera . Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.

lettere@corriere.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT