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Il Secolo XIX Rassegna Stampa
23.11.2006 Per intervenire in Medio Oriente serve chiarezza
quella che è mancata in Libano: l'analisi di David Bidussa

Testata: Il Secolo XIX
Data: 23 novembre 2006
Pagina: 23
Autore: David Bidussa
Titolo: «Regole e decisioni nette per la crisi mediorientale»

 

Dal SECOLO XIX del 23 novembre 2006 riportiamo un editoriale di David Bidussa sulla situazione libanese dopo l'omicidio di Pierre Gemayel.
 Non condividiamo alcune tesi dell'autore: in particolare l'idea che la Siria tema un'Iran con la quale intreccia di fatto una stretta alleanza
 e quella della fine dell'"unilateralismo" americano, che  dovrebbe essere stato spazzato via da un fatto assolutamente normale come un cambio di maggioranza al Congresso durante il secondo mandato di un'amministrazione.
 Ci sembra comunque che questo articolo sia un contributo equilibrato e interessante al dibattito su quello che dovrebbe essere il ruolo dell'Europa in Medio Oriente.

Ecco il testo: 

 

L’assassinio di Pierre Gemayel martedì a Beirut, aggiunge e amplia la portata dei molti nuclei di crisi già presenti in Medio Oriente.

Da molti è stato detto in questi due giorni che questo ennesimo assassinio politico, il sesto in poco meno di due anni, che vede come vittime eccellenti esponenti politici e intellettuali libanesi niente affatto teneri nei confronti della Siria) costituisce il segno più evidente di una rivendicazione di Damasco di tornare ad avere un ruolo all’interno del Libano. E’ una lettura plausibile , ma riduttiva. Successivamente al crollo dell’Irak, esista un problema tra i regimi arabi per acquisire il ruolo di potenza regionale. La nuova crisi libanese si iscrive in questo conflitto.

Sono almeno tre le potenze d’area che si confrontano oggi nello scenario medio orientale oltre naturalmente ad Israele. Rispettivamente: Iran, Pakistan e Siria.

Iran. Il suo ruolo è quello di agire da catalizzatore delle forze e delle istanze antioccidentali ovvero di accrescere il tasso di mobilitazione e di conflittualità nell’area.

. Il suo ruolo è quello di agire da catalizzatore delle forze e delle istanze antioccidentali ovvero di accrescere il tasso di mobilitazione e di conflittualità nell’area.

Pakistan. La partita anche per il Pakistan è riaffermare contemporaneamente sia una possibile frontiera tra Medio oriente islamico e India, sia non subire l’egemonia e il fascino, sulla sua opinione pubblica interna, del radicalismo politico iraniano.

. La partita anche per il Pakistan è riaffermare contemporaneamente sia una possibile frontiera tra Medio oriente islamico e India, sia non subire l’egemonia e il fascino, sulla sua opinione pubblica interna, del radicalismo politico iraniano.

La Siria ha invece il timore di vedere estendere ai suoi confini orientali, ma anche a quelli occidentali, una potenza regionale.

In Libano si gioca oggi un pezzo rilevante della guerra interna al mondo arabo-islamico. La posta in palio è chi esprimerà nei prossimi anni l’egemonia politica e culturale in quell’area.

Quest’egemonia si gioca sulla capacità di dare figura all’immaginario delle piazze islamiche che oggi passa per l’esasperazione del carattere simbolico della lotta palestinese. Ovvero il fatto di assumerla come guerra identitaria basata e definita dall’obiettivo dell’islamizzazione dell’intero territorio mediorientale. All’interno di quest’obiettivo sta la scomparsa di Israele. Scomparsa che Ahmadinejad non propaganda come un obiettivo da conseguire come un atto deliberato, ma che a suo avviso avverrà "naturalmente", come esito naturale di un processo storico che annulla un atto storico da lui percepito e rappresentato come innaturale e artificiale (la nascita dello Stato di Israele).

Nel momento in cui è entrato in crisi l’unilateralismo statunitense, tocca oggi all’Europa pensare e proporre una soluzione alle molte crisi mediorientali. La via della approssimazione concordata del concordato può avere un fondamento, ma dentro binari, limiti e condizioni date, soprattutto dichiarando una forza contrattuale. Il tempo in Medio oriente non lavora per una soluzione negoziale nei tempi lunghi, ma per un inasprimento dei conflitti già aperti. Non c’è un tempo lungo né un tempo infinito. Per questo la politica dei piccoli passi non avrà effetto se non dentro regole fissate e decisioni nette. Esattamente ciò che non è la risoluzione 1701 dell’Onu. E’ bastato che un uomo di rilievo morisse perché quell’equilibrio precario già in crisi si smarrisse.

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