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Bet Magazine-Mosaico Rassegna Stampa
08.08.2019 Nascondere l'identità ebraica aiuta a combattere l'antisemitismo?
Commento di Paolo Salom

Testata: Bet Magazine-Mosaico
Data: 08 agosto 2019
Pagina: 6
Autore: Paolo Salom
Titolo: «Felix Klein suggerisce agli ebrei di nascondersi; Amnesty dice a Israele di scomparire»
Riprendiamo dal BOLLETTINO della Comunità ebraica di Milano, luglio 2019, a pag.6, con il titolo "Felix Klein suggerisce agli ebrei di nascondersi; Amnesty dice a Israele di scomparire", il commento di Paolo Salom.

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Il Commissario contro l'antisemitismo Felix Klein

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Si chiama Felix Klein ed è l’incaricato del governo federale tedesco per combattere l’antisemitismo. Klein è una persona per bene. Certo non un nemico degli ebrei. Anzi. Eppure, per arginare i sempre più frequenti episodi di aggressione contro gli ebrei, in Germania (più 20% nel 2018), ha avuto un’uscita davvero infelice. Il signor Klein ha consigliato, semplicemente, di “smettere di indossare la kippah nei luoghi pubblici”. Come dire: nascondetevi. Nel lontano Occidente si fa del male anche cercando di fare del bene, almeno quando parliamo di odio anti-ebraico. Rav Alfonso Arbib, Rabbino capo della Comunità di Milano, commentando la notizia sul Corriere della Sera, ha sottolineato come il modo migliore per combattere l’antisemitismo sia al contrario “condurre una normale vita da ebrei”. Certo, resta difficile definire cosa sia “normale”, di questi tempi, per noi. Vi faccio un altro esempio. Conoscete senz’altro Amnesty International, l’organizzazione che da cinquant’anni vigila sugli abusi umanitari in tutto il mondo e finita recentemente nel mirino (si è infatti scoperto come, all’interno della stessa Amnesty, da anni si verificassero gravissimi atti di mobbing da parte di numerosi dirigenti nei confronti dei loro collaboratori; i dirigenti alla fine sono stati allontanati, con buonuscita. Come dire che l’organizzazione ha clamorosamente fallito nel vigilare su… se stessa). Ma la cosa che qui ci interessa di più, tuttavia, è l’ultima accusa contro Israele. Un’accusa che ha dell’assurdo (se non è malafede). In breve, la ragione per le “sofferenze dei palestinesi” sarebbe “l’instabilità della regione” - si legge in un recente rapporto - dovuta al rifiuto, da parte di Israele, negli ultimi sette decenni, di garantire il “diritto al ritorno” dei 700 mila palestinesi (e dei loro discendenti) divenuti profughi con la guerra del 1948. Chiaro il concetto? Israele, secondo Amnesty, è in violazione della “legge internazionale” perché non ha accettato di scomparire. Cosa avrebbe dovuto fare per riparare i torti del passato? Aprire le sue porte ai 5-6 milioni di palestinesi (che si sono nel frattempo moltiplicati e tramandati la patente di profugo di padre in figlio) eredi di chi lasciò la Terra di Israele a segui- to dei conflitti scatenati, peraltro, dai Paesi arabi con l’intento dichiarato di distruggere Israele. E così Amnesty, per riparare un ipotetico torto, ne vuole commettere uno ben più grande: cancellare lo Stato ebraico dalla mappa per effetto di una marea demografica. Insomma, diritti umani che valgono per una parte sola. Quanti profughi della Seconda guerra mondiale, inclusi 300 mila istriani, sono mai rientrati nelle loro case? Quanti ebrei polacchi all’indomani dalla Shoah? Quanti ebrei egiziani, libici, irakeni, libanesi, siriani... scappati senza più nulla?

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