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Bet Magazine-Mosaico Rassegna Stampa
10.03.2019 L'uso strumentale di Anne Frank, dopo il capolavoro di Cynthia Ozick
Commenti di Marina Gersony, Paolo Castellano

Testata: Bet Magazine-Mosaico
Data: 10 marzo 2019
Pagina: 10
Autore: Marina Gersony-Paolo Castellano
Titolo: «Anne Frank:contro l'uso strumentale-Un simbolo prè a porter buono per qualsiasi causa»

Riprendiamo da BET, Bollettino della Comunità ebraica di Milano, Marzo 2019,  due servizi di Marina Gersony (pag.10) e Paolo Castellano (pag.12) sull'uso stumentale di Anne Frank, partendo dall'uscita in italia del libro di Cynthia Ozick "Di chi è Anne Frank?"

Marina Gersony: "Anne Frank, contro l'uso strumentale di una icona della Shoah"

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Marina Gersony

 Anne Frank con la maglia della Roma. Razzismo, choc nella curva. Adesivi e scritte antisemite opera dei tifosi della Lazio. Interviene la Digos». Così titolava La Stampa il 24 ottobre del 2017. La notizia rimbalzò sui media suscitando sdegno e indignazione. Per insultare gli odiati romanisti, i tifosi della Lazio non si fecero il minimo scrupolo a usare l’immagine dell’adolescente morta di tifo a 15 anni a Bergen-Belsen nel ’45, infangando la memoria di milioni di vittime. Non era certo la prima volta: già nel 2013 gli stessi adesivi circolavano nel rione Monti e in altre zone della Capitale. Così come nell’aprile del 2018, il copione della vergogna si è ripetuto: alcuni tifosi biancocelesti hanno insultato Anne Frank facendo il saluto romano mentre camminavano su Ponte Milvio. Il tutto ripreso dai cellulari e condiviso sui social. Anche all’estero si contano simili fatti incresciosi, come quando a Tokyo, nel febbraio 2014, alcuni attivisti neonazisti hanno strappato le pagine da numerose copie del Diario di Anne Frank e da altri libri sulla Shoah in una serie di blitz nelle biblioteche.
ANNE FRANK NON CONOSCE PACE
Di fatto l’immagine di Anne Frank e del suo Diario continuano a essere ciclicamente bersaglio dell’odio antisemita e di strumentalizzazione. Non ultimo, nel 2013, il fotomontaggio della giovane ebrea olandese con la scritta «Anna Frank oggi voterebbe Movimento 5 Stelle e tu?», postato da un attivista di San Benedetto del Tronto in occasione della Giornata della Memoria. Nonostante un sollevamento di polemiche e di proteste in rete con la conseguente rimozione del post oltraggioso, il fotomontaggio è tornato a galla lo scorso gennaio dopo anni dalla sua pubblicazione: e poco importa se il messaggio sia stato inventato e se il suo ideatore si sia poi pubblicamente scusato. L’immagine ha fatto in tempo a essere condivisa e a circolare impunita tra gli ambienti grillini e non solo. Chi ha pensato che il messaggio sarebbe stato circoscritto ha peccato di ingenuità o di malafede: come ignorare che i social amplifichino e moltiplichino ogni notizia una volta pubblicata? Anne Frank non conosce pace e la sua immagine continua a fluttuare tra il diritto universale alla memoria, la banalizzazione, l’edulcorazione fino a un inqualificabile negazionismo sulla sua reale esistenza e sulla veridicità del suo famoso Diario. Già, il suo Diario, bene collettivo, imperituro, e al tempo stesso - in quanto simbolo della Shoah -, oggetto di costanti reinterpretazioni, manipolazioni, contenziosi sui diritti concernenti l’opera e tutte le possibili estensioni della proprietà intellettuale. Così come il suo volto-icona è stato (e continua a essere) trasformato in prodotto toutcourt; un prodotto che si riproduce all’infinito nei media, al cinema, in televisione o al teatro in una potente narrazione collettivo-soggettiva priva di argini e senza tempo. Il volto di Anne Frank diventa così un multiplo warholiano svuotato della sua più intima essenza; un volto-marketing su cui riversare nuovi significati, simboli e rappresentazioni. Il celebre sorriso narra la nuova mistica della contemporaneità che oscilla tra memoria e oblìo; orrore e seduzione, realtà e finzione, tutto mirato a suscitare rapide emozioni. Anne Frank diventa così un culto da maneggiare, modellare, consumare, sfruttare e usare in una società che ama mischiare e confondere i linguaggi. Video game, fumetti, canzoni (I Camaleonti, Il Diario di Anne Frank, 1967) e perfino vestiti, tutto quello che riguarda la piccola deportata fa tendenza, divide, unisce, emoziona e intrattiene. Il costume di Anne Frank si poteva reperire facilmente per Halloween fino a qualche tempo fa online: «Venticinque dollari più spese di spedizione e oggi straordinariamente scontato a 20 dollari. Tanto basta per trasformare le vostre bambine in Anne Frank». L’annuncio apparso su HalloweenCostumes. com, precisava che l’abito era 100% poliestere, corredato da una tracolla marrone e un basco verde. Dopo la polemica scatenata sul web, il sito è stato costretto a toglierlo dalla vendita. Tuttavia, mentre scriviamo questo articolo, scopriamo che il costume è ancora reperibile sul sito «WW2 Costumes for Kids». Se l’uso e consumo dell’immagine di Anne Frank è a dire poco sterminato e spesso improprio, anche i contenziosi e le diatribe non si contano. Una fra tutte, le battaglie legali tra le due fondazioni che si occupano dei documenti e della memoria di Anne Frank che il lettore interessato può facilmente trovare riassunte online. O tempora o mores.
DI CHI È ANNE FRANK?

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A questo punto la vera domanda che si pone è la seguente: ma Di chi è Anne Frank? È questo il titolo dell’impetuoso e attualissimo pamphlet di Cynthia Ozick, apparso in Usa nel 1997 sulle pagine del New Yorker – Who owns Anne Frank? –, ora pubblicato anche in Italia per La Nave di Teseo (Traduzione di Chiara Spaziani, pp. 80, € 7,00). Oltre vent’anni fa, l’intellettuale ebrea newyorkese metteva in guardia su come le vicissitudini storiche, editoriali e teatrali del libro universalmente considerato il simbolo della Shoah, rischiavano (e rischiano) di ammorbidire e di edulcorare la Storia nel tentativo di renderla più sopportabile e digeribile. In breve, «di come le semplificazioni, le interpretazioni arbitrarie e fuorvianti, le appropriazioni indebite, i tradimenti e le comode “santificazioni”, siano servite da lasciapassare per un’amnesia collettiva - storica e culturale - sulle cause e le circostanze della morte della sua autrice e di milioni di altre vittime dell’Olocausto». Attenzione dunque, ammonisce Ozick, ovattare e mistificare la limpida voce di Anne Frank e del suo Diario - rendendolo infantile e kitschizzandolo - significa pagare un prezzo altissimo. Perché attenuare i fatti, ridurre il Diario a una lettura edificante e consolatoria come ha fatto buona parte della critica, dell’editoria, delle scuole, dei lettori e persino del padre Otto che ha censurato parti del Diario, equivale a tradire la realtà dei fatti, indebolire la forza del messaggio, minare la credibilità dei superstiti della Shoah e negare soprattutto ciò che è stato. Gettando le basi perché il Male si ripeta. Conclude Ozick: «Venerdì 4 agosto 1944, il giorno dell’arresto, Miep Gies salì le scale fino al nascondiglio e lo trovò devastato […]. Raccolse i fogli che riconobbe appartenere ad Anne e li ripose nel cassetto della scrivania […). Fu Miep Gies - l’inusuale eroina di questa storia, una donna profondamente buona, una salvatrice che era riuscita nel suo scopo - a proteggere un insostituibile capolavoro. Potrebbe essere sconvolgente (sono sconvolta io stessa, mentre lo penso), ma potremmo figurarci un destino ancora più salvifico: il Diario di Anne Frank bruciato, estinto, perduto, salvato da un mondo che ne ha fatto qualsiasi cosa, qualcuna buona, sorvolando sulla smisurata verità del male in esso nominato e contenuto».

Paolo Castellano: "Un simbolo prèt a porter buono per qualsiasi causa"

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Vergogna 5 stelle!!

 Anche Anne Frank è una dei tanti personaggi storici caduti nella rete deformante dei social network. La giovane ebrea, che trovò la morte in un lager nazista dopo la deportazione nei campi di concentramento di Auschwitz e Bergen Belsen, è divenuta il simbolo della Shoah per le giovani generazioni, grazie anche alla diffusione capillare del suo Diario: uno dei testi più letti nel Web secondo le stime della piattaforma di recensioni letterarie Goodreads (2.340.636 valutazioni). Nonostante il riconosciuto valore di testimonianza, con l’avvento dei social si è però assistito alla strumentalizzazione dell’immagine della Frank. Lo dimostra un recente post di Twitter che ha fatto indignare parecchi utenti: una foto di Anne Frank con la didascalia “Anna Frank oggi voterebbe il Movimento 5 Stelle”. Il contenuto è stato pubblicato il 27 gennaio, data in cui si svolgono le commemorazioni delle vittime della Shoah, che ha raggiunto in poco tempo 286 ricondivisioni e 1238 like. Troppi consensi per un’immagine che sfrutta il volto della Frank e che circola dal 2013. Come ha spiegato Giornalettismo, nel 2013 il 47enne Tonino Silvestri, un militante del movimento politico fondato dal comico Beppe Grillo, pensò bene di comporre un messaggio di propaganda, camuffato da ricordo educativo, in riferimento agli ebrei uccisi dal progetto di morte nazista. Dopo le pesanti critiche, il supporter pentastellato si cosparse il capo di cenere, pentendosi del gesto e definendo la propria condotta “una cavolata del momento”. Inoltre, Silvestri affermò di non conoscere il potenziale di Facebook che “amplifica tutto”. Di conseguenza l’immagine della Frank con il simbolo del Movimento 5 Stelle sarebbe dovuto scomparire dalla rete. Questo non è avvenuto. Il fotomontaggio è stato ripubblicato nel 2019 ottenendo numerose reazioni positive da utenti probabilmente ignari della storia della genesi dell’immagine ritoccata. Il Web ha davvero la memoria così corta? Altri fotomontaggi, a fin di bene questa volta, si sono propagati nella Rete attraverso Facebook dopo la scoperta degli adesivi antisemiti degli ultrà laziali che avevano ritratto Anne Frank con la maglietta della Roma. Nell’ottobre del 2017, gli utenti delle più importanti piattaforme social pubblicarono infatti diverse foto ritoccate in cui Anne Frank indossava le magliette di altri club calcistici come Lazio, Milan, Inter, Juventus e Napoli, rivendicando orgogliosamente un simile accostamento. Tale operazione suscitò tuttavia alcune critiche. Dalle colonne di Libero, il polemista Filippo Facci si chiese infatti se indossare una maglietta con il volto della ragazzina uccisa dai nazisti servisse davvero a sensibilizzare il pubblico sui temi della Shoah. Seguendo il ragionamento del giornalista, i fotomontaggi con le maglie da calcio servirebbero solo a lavarsi la coscienza e potrebbero essere accostate alle figurine da collezionare. Un gioco insomma. «L’effetto finale di declassare tutto a tema da tifoserie, divisivo, da dibattito su Facebook o da talk del pomeriggio: senza istruire davvero...», scrisse Facci. Il meccanismo della “tifoseria” su Anne Frank si è poi diffuso anche fuori dai confini del pallone e degli stadi, approdando alla Giostra del Saracino, una secolare competizione cavalleresca che si svolge ogni anno nella città di Arezzo. Infatti la ragazzina fu ritratta in sella a un cavallo, tenendo le redini e indossando la casacca del quartiere di Porta Sant’Andrea. Come ha riportato Arezzo Notizie, il celebre giostratore Stefano Cherici accolse positivamente il fotomontaggio: «Ringrazio vivamente chi ha fatto questa foto! Personalmente è un onore!». Una parte di appassionati della giostra definì l’icona di pessimo gusto. Anche in questo caso non mancò la bufera di polemiche su un gesto concepito per scopi pacifici. Un altro esempio di manipolazione dell’immagine di Anne Frank sui social coinvolse invece il cantante statunitense Justin Bieber. Nel 2013, la 19enne pop-star visitò l’alloggio segreto dei Frank ad Amsterdam, divenuto oggi un museo della Shoah. Chi visita l’appartamento descritto nel diario dell’autrice ebrea ha inoltre la possibilità di scrivere un pensiero sul libro dei visitatori. Bieber scrisse queste frasi: «Essere venuto qui mi ha davvero ispirato. Anne è stata una grande ragazza, magari sarebbe stata una belieber»; belieber è un termine per indicare le fan del cantante americano. Come riporta il Corriere della Sera, il commento provocò poi diverse reazioni. Da una parte, lo sconcerto di coloro che conoscevano il rilievo storico della Frank; dall’altra, il fastidio dei giovanissimi sostenitori che non sapendo chi fosse Anne Frank chiesero sui social se la ragazza ebrea fosse la nuova fiamma del loro idolo. A tutto ciò si sono aggiunti anche dei fotomontaggi ironici e satirici: numerose le foto della Frank con la maglietta di Bieber oppure appoggiata alle transenne, in attesa di entrare a un concerto. Potremmo citare altri esempi, dal tweet per Giulio Regeni nel giorno della nascita della Frank fino alle immagini commerciali su Amazon dei vestiti di carnevale ispirati a quelli che la vittima della Shoah indossa nelle foto. Certamente la sfida di domani sarà quella di conservare l’autenticità della testimonianza di Anne, difendendola dal giochino sporco dei fotomontaggi che tendono più a banalizzare che a valorizzare la sua entità storica.

Per invia a BET,Bollettino della Comunità ebraica di Milano, telefonare: 02/483110225, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


bollettino@tin.it

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